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Bruzzone a Lucca: “Il caso Garlasco? Non credo si possano ribaltare le sentenze”

13 marzo 2025 | 17:15
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La criminologa ospite di Inner Wheel ha parlato del nuovo reato di femminicidio: “Non si può pensare di combatterlo inasprendo le pene”

All’auditorium San Romano, si è tenuto l’incontro organizzato da Inner Wheel Club di Lucca con la Criminologa Roberta Bruzzonee l’intervento della dottoressa Zamarco, vice dirigente della Squadra Mobile della Questura di Lucca. Il titolo: Quando l’amore diventa una trappola mortale, dalla manipolazione affettiva al femminicidio. Prima dell’inizio dell’evento, la dottoressa Bruzzone ha risposto ad alcune domande difronte alle telecamere di Lucca in Diretta.

incontro roberta Bruzzone

In questi ultimi giorni un femminicidio che si pensava chiuso da anni, è tornato alla ribalta delle cronache. Dopo 18 anni il delitto di Garlasco ha un nuovo indagato, dopo la condanna in via definitiva di Alberto Stasi.

Alberto Stasi è stato condannato dopo 5 gradi di giudizio, ci sono state valutazioni alterne questo è vero, però le ultime due condanne francamente restituiscono una ricostruzione del caso convincente – precisa la dottoressa Bruzzone -. Quindi, francamente, non credo che questo nuovo approfondimento possa ribaltare le sentenze, alla luce delle informazioni disponibili. Anche la nel caso in cui il dna su due delle dita della mano di Chiara fosse di Sempio, ci sono comunque una serie di elementi che possono giustificare la presenza di quella tipologia di dna in quella percentuale così bassa. Quindi questo elemento di per sé non riapre il caso, a meno che non salti fuori qualcosa di veramente dirimente, ma a 18 anni dai fatti, faccio un po’ fatica a pensare che sia ancora possibile”.

E’ notizia di qualche giorno fa, la scelta del Governo di far diventare il femminicidio un reato punibile con l’ergastolo.

“Registriamo con favore questo tipo di scelta dal punto di vista dell’attenzione verso la problematica – prosegue la criminologa -. Io da moltissimi anni mi occupo di questi temi, dal punto di vista sia tecnico che, diciamo, di divulgazione. Posso dirvi che la problematica non si può pensare di combatterla inasprendo le pene. Se arrivassimo alla pena di morte per il femminicidio, questo purtroppo non inciderebbe più di tanto in questo tipo di fenomeno. Renderlo un reato a se stante e applicare l’ergastolo se una donna viene uccisa per motivi di discriminazione e odio, credo che possa avere qualche profilo di costituzionalità un po’ da rivedere. Quindi, aspettiamo di capire effettivamente quale sarà la stesura definitiva e se effettivamente questo tipo di introduzione passerà tutti gli altri vagli che sono previsti. Io non credo che ci fosse bisogno di un reato specifico a se stante. Bastava introdurre un’aggravante potenziata rispetto proprio alla dimensione affettiva dal quale poi scaturisce l’omicidio. Però, ripeto, vedremo cosa succederà. Non temo che l’effetto preventivo di questo tipo di scelte sia molto grande”.

All’interno di una relazione, quali sono i comportamenti che possono far scattare un campanello d’allarme?

“Sono fondamentalmente ascrivibili a due macro aree – dichiara Roberta Bruzzone -. La prima è il controllo, che può anche essere ammantato, in maniera subdola, da protezione e in qualche modo interesse, ma il controllo resta. L’altra area è importante, la limitazione delle attività extra relazionali. Tutto quello che si muove fuori dalla relazione, il lavoro, le amicizie, le relazioni, la famiglia, tutto, le passioni, gli interessi che sono fuori dalla relazione, vengono di solito, nelle relazioni malevoli, disincentivate fino a diventare addirittura elementi da impedire. Quindi questi due macro indicatori sono molto affidabili che quelle relazioni sane non sono”.

E’ di ieri la notizia che un braccialetto elettronico ha impedito ad una persona di potersi avvicinare alla propria ex. L’uomo è poi stato arrestato per aver violato il divieto di avvicinamento. Come vede questi strumenti?

“Il braccialetto elettronico è sicuramente un ottimo strumento che però incide anche nella qualità della vita della vittima – sottolinea la dottoressa -. Anche la vittima deve indossarlo permanentemente. Quindi non è proprio una soluzione, non è a costo zero per la vita della vittima. Però indubbiamente quando funziona, e la maggior parte dei casi per fortuna funziona, è un elemento grandemente utile di deterrenza vera, perché effettivamente mette la vittima in condizione di sapere che questo soggetto gravita in uno spazio intorno a lei. Certo, siamo sempre nella fase del contrasto. Quando è che cominceremo seriamente a parlare di prevenzione”?