Accoltellato in via del Battistero, una riflessione: “A Lucca il disagio esiste, basta volerlo ascoltare e vedere”

Il collega Maurizio Guccione: “Bisogna fare di più e farlo meglio, perché l’alternativa è un solco di incomprensioni, paure e diffidenza”
Sicurezza a Lucca e disagio giovanile, riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento del collega Maurizio Guccione sul tema.
Abbiamo un problema che dovremmo cerchiare di rosso: si chiama disagio giovanile, dura da tempo, è il frutto dello sfaldamento di una società che antepone il denaro, la prestanza fisica e il successo “fast”, ai valori che invece costituiscono l’essenza dell’uomo: la solidarietà.
I soggetti che ne sono colpiti, non portano un contrassegno sulla fronte né compaiono sempre attraverso sintomi ben leggibili: perché allora, avremmo uno strumento in più per intercettarli. Il sistema politico tutto, di fronte a questa enorme difficoltà, si è girato dall’altra parte; ha pensato di installare le telecamere (ausilio importantissimo) per aumentare la percezione della sicurezza, invocare la presenza di un numero adeguato di forze dell’ordine (esigenza necessaria e incontrovertibile), talvolta appellandosi a leggi speciali o straordinarie (come se i nostri codici non fossero in grado di provvedere a qualificare i reati). È la reazione più immediata e istintiva a un fenomeno che ci è scappato di mano ma che convive in mezzo a noi: nelle case dove abitiamo, talvolta. Ma in questo agire non c’è correlazione tra sintomo e cura.
Perché non ascoltare i giovani, a partire dalle famiglie, credere di farli sentire al passo con i tempi solo perché hanno libero accesso, con i telefonini, a un bombardamento di sollecitazioni insidiose, ebbene, non mette al riparo le loro fragilità, semmai li espone ancor più; né il non sapere, o peggio, la conoscenza superficiale della vita, può essere loro addebitata.
Eccoli, allora, i duri, coloro i quali, chissà perché (ed è questo che gli adulti sono chiamati a capire), sentono il bisogno di andare a spasso aggredendo senza un perché. Scene da Scampia a Napoli, da Corviale a Roma, da Zen a Palermo? Macché. Siamo a Lucca, dove le Mura non proteggono più, il fortilizio Rinascimentale si è aggiornato semplicemente perché sta nel mondo e ringraziamo che il fenomeno, fino a oggi, ha assunto dimensioni contenute: oppure andiamo a fare una passeggiata a Pisa, zona stazione, a berci un caffè verso le 23 per comprendere meglio?
Non sono uno che fa finta di niente: ho la mia buona dose di paura, e forse ho paura di veder scalfita la percezione di narcolettica tranquillità che ho conosciuto a Lucca quando, “all’epoca”, al massimo potevi aver paura della tua ombra perché era difficile incontrare qualcuno la sera dentro le Mura. Ah, bei tempi, forse. Non c’erano i cellulari, “social” era una parola sconosciuta anche alla Treccani, eppure, qualche tipo strano lo si incontrava: un po’ di gente al “Chiosco Nelli”, qualcuno aveva perfino i capelli lunghi e i jeans scampanati e lisi: orribili, qualcuno lo avrà pure detto, magari chi indossava un rassicurante Loden verde.
Oggi, invece, incontriamo frotte di giovani: basta ascoltarne le conversazioni per capire cosa è cambiato; oppure chiedere conto alle scuole di quello che è il disagio affiorante, le angosce che sfociano per un effetto iperbolico in tracotanza e maleducazione, per comprendere quanto sia impellente il bisogno di aiuto. E il concetto di possesso rispetto al genere femminile? Potrebbe e dovrebbe essere analizzato con maggiore perizia perché, a quanto pare, il maschilismo impera fra i giovani: non tutti, ovvio, ma chiediamoci perché.
E l’uso e l’abuso di alcol tra i giovani cosiddetti “senza segni di devianze accertate”? Tuttavia, questa funzione di ascolto dei fenomeni attuali, spetterebbe proprio agli adulti. Tocca (toccherebbe) alla politica tutta, per esempio, assicurare condizioni di vita decorose, eliminare le sacche di povertà, di marginalità, creare le condizioni di stabilità lavorativa, una scuola luogo “per e di” tutti, anche per coloro i quali appaiono meno motivati: e sembra di citare un certo Don Milani. Invece ci stupiamo – anche noi giornalisti, con cadenza annuale – dei dati che emergono dai Rapporti sulle povertà, di quelli sulle tossicodipendenze, degli altri sulla denatalità, dell’emergenza abitativa, dell’abbandono scolastico.
La scuola, sì, potrebbe fare molto di più. Perché se è apprezzabile l’istituzione dello sportello psicologico, è altrettanto vero che questo dovrebbe avere un interscambio di “informazioni” tra studenti e scuola, per una ricaduta realmente virtuosa. Invece, spesso, rimangono progetti che seppure meritori, fanno la fine delle piste ciclabili quando, all’improvviso, finiscono nel nulla. A Lucca il disagio esiste, basta volerlo ascoltare e vedere. Parlate con chi si sporca le mani, fatevi una chiacchierata con i volontari della Caritas, per comprendere la situazione che sta intorno a noi.
La percezione della sicurezza deve transitare da un’azione che rimuova le cause del disagio. E non è demagogia, e non dovrebbe nemmeno essere di destra o di sinistra. Se il fine è quello di aprire gli occhi e l’orizzonte ai giovani, con l’esperienza del Covid che ha comunque lasciato traccia, dovremmo farlo attraverso una giunzione tra istituzioni, famiglie, associazionismo, forze dell’ordine.
Dobbiamo farlo: aprendo i luoghi pubblici a iniziative che catturino l’interesse giovanile, la musica, la lettura, forme di espressione emergenti che rappresentano oggi – non 50 anni fa – il linguaggio giovanile, anche se a noi non piace. Perché significa dire loro “ti vedo, ti ascolto, fai parte della comunità” pur rimanendo liberi di dissentire. Altrimenti si tratterà sempre di agire in ordine sparso, sarà frustrante, sprecheremo risorse; i giovani non si sentiranno attratti, gli adulti rimarranno a debita distanza. Fare di più, farlo meglio, perché l’alternativa – lo penso con angoscia – è quella di creareun solco sempre più profondo fatto di incomprensioni, paure, scetticismo, diffidenza.
Questo lavoro – lungo ma irrinunciabile – bisogna iniziare a farlo insieme, per evitare i casi limite come quello occorso al caro Vinicio Fruzzetti, come ad altre persone che possono essersi imbattute in giovani protagonisti di atti delinquenziali, che forse delinquenti non sono nati ma rischiano, senza azioni concrete e tempestive, di peggiorare sé stessi e la società dove vivono. Potremmo rimetterci al pensiero di Don Bosco sul ruolo della prevenzione; oppure citare Cesare Beccaria, rispetto al ruolo della prevenzione sulla repressione.
Ma che si tratti di antiche o nuove pagine illuminate, cerchiamo di farlo prima che il tempo peggiori tutti e che il disagio diventi una concrezione indelebile del codice umano.