A Palazzo Bernardini si presenta il libro di Mecacci su Giovanni Gentile

8 ottobre 2014 | 16:58
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A Palazzo Bernardini si presenta il libro di Mecacci su Giovanni Gentile

Incontro domani(9 ottobre)  alle 19 a Palazzo Bernardini con Luciano Mecacci autore de La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile. LuccAutori con la collaborazione del Rotary Club Lucca e del Premio Acqui Storia. Intervengono Demetrio Brandi, presidente di LuccAutori, Ugo Fava, Presidente Rotary Lucca, Carlo Sburlati, responsabile esecutivo del Premio Acqui Storia. Conduce Mario Bernardi Guardi. Chi uccise Giovanni Gentile, chi furono i mandanti e perché fu ucciso? Non sono tre domande di un ingiallito thriller politico ma ruotano intorno a un evento simbolico cruciale per la storia intellettuale e civile d’Italia. Su quelle tre domande si fonda la ricerca di Luciano Mecacci.  Si tratta di un accurato affresco storico e civile, umano e culturale del clima che precedette, accompagnò e seguì l’assassinio di Gentile. Il libro ha vinto il Premio Viareggio Rèpaci 2014 sezione saggistica ed il Premio Acqui Storia 2014 sezione scientifica. Sono “cose che forse ancora non si possono dire”.

Il corsivo è nostro, ma è inevitabile, dal momento che questa affermazione di Cesare Luporini, una delle teste pensanti del pci nel secondo dopoguerra, risale a un’intervista radiofonica sull’affaire Gentile rilasciata nel 1989, a quasi cinquan­t’anni di distanza dai fatti. Bene, chi vive in Italia è abituato a delitti politici preparati, eseguiti e poi coperti in un’atmosfera acquitrinosa, dove nessuno per certo è innocente, ma un colpevole sicuro non esiste. Eppure, l’assassinio di Giovanni Gentile in quel freddo aprile del 1944 rimane un cold case diverso da tutti gli altri – che la straordinaria indagine di Luciano Mecacci, condotta anche su importanti documenti inediti, riapre in modo clamoroso. Tutto, in questa ricostruzione, è perturbante. I moventi, molto meno limpidi – o molto più umani, troppo umani – di quanto fin qui si è tentato di far credere.
La scena del delitto, cioè la Firenze cupa e claustrofobica occupata dai tedeschi. E naturalmente gli attori. Qualcuno ha discusso, deciso, agito: ma come, fino a che punto, perché? Le figure che appaiono sul palcoscenico sono numerose, e molto diverse fra loro. Oscuri gappisti. Feroci poliziotti. Informatori. Doppiogiochisti. E al centro di tutto, il meglio dell’intellighenzia italiana di allora: Luporini, certo, ma anche Eugenio Garin, Antonio Banfi, Mario Manlio Rossi, Guido Calogero, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Concetto Marchesi. E, ai margini del quadro, personaggi come Bernard Berenson e Igor Markevitch. O altri ancora che negli anni avremmo imparato a conoscere meglio, come Licio Gelli. Tutti insieme hanno un qualche ruolo in una storia che continuiamo a leggere con sgomento, e che – Luporini aveva ragione – non è finita. Anche se in questo libro molti suoi passaggi, fino a oggi oscuri o camuffati, appaiono in una luce livida e definitiva.