Al via “L’Ora di Teatro” al Rassicurati di Montecarlo

Domani (9 novembre), a partire dalle 16, al Teatro dei Rassicurati di Montecarlo inizierà il sesto Festival Nazionale Città di Montecarlo L’Ora di Teatro – Un Sipario aperto sul sociale organizzato dalla Fita Provinciale di Lucca in collaborazione con il Comune di Montecarlo, la Provincia di Lucca e la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Alle 16 si comincia con il laboratorio. I Gianburrasca mettono in scena Se il mare potesse parlare, di Miriam Iacopi.
Il mare simbolicamente ha accompagnato il percorso teatrale che ha portato questi ragazzi alla conoscenza di compagni di viaggio provenienti da vari paesi del mondo: ognuno di loro ha un sogno, una strada da percorrere, un desiderio di libertà, fino a Lampedusa, una tappa raggiunta attraverso la conoscenza di sé nel rapporto con gli altri, nella stimolazione di una curiosità che si concretizza in storie che diventano comunicazione e riflessione prima individuale poi del gruppo e successivamente mirata alla stimolazione dello spettatore. L’incontro è la base di questo percorso nato a Lucca e sviluppato dopo l’esperienza del gruppo alla Rassegna Nazionale di Serra S. Quirico dove i ragazzi hanno conosciuto il giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti e si sono incontrati con un gruppo di giovani di Vico Equense che avevano presentato la conclusione di un percorso tratto dal libro Bilal di Gatti. Con Sabrina Bertocchini, Beatrice Bonuccelli, Laura Del Debbio, Nicolò Della Maggiora, Gianluca Di Piero, Federica Ercolini, Giacomo Giorgi, Angela Lencioni, Leonardo Lucchesi, Anna Paradossi, Anna Luis Smith.
A seguire, dalle 17,30 circa, in concorso, la Compagnia di Teatro del Bianconiglio Eboli (Salerno) mette in scena Settaneme (sette anime) di Bruno Di Donato. L’opera inedita racconta e ripercorre molti dei personaggi e delle storie che fanno parte del folklore del sud salernitano, attraverso testi e musiche originali composte da Bruno Di Donato ed arrangiate da Christian Peduto, tastierista del gruppo rock Grammophone.
Il racconto teatrale è ambientato in un limbo ultraterreno, un non luogo e i protagonisti sono personaggi locali realmente esistiti, ispirati dal libro di Giuseppe Barra Credenze popolari, magia e religiosità al sud di Salerno.
La strega Angelella Russi, don Domenico Cerruti, un parroco corrotto ebolitano del 1765, Niccolò De Troiano, avvocato assassinato e seppellito nel sarcofago della chiesa della Madonna del Carmine in Eboli, ‘a Strangulatora del quartiere Caccone (ora Cavone), la vergine Isabella Marcangione uccisa dai fratelli per gelosia e infine, Natalina ‘e Campuluong.
Settaneme sembra imperniarsi attorno ad un accorato appello a ricordare, un abbraccio appassionato e pieno di dolce amorosa speranza all’identità del demo ievulese (ebolitano) perché diversamente “simm cadaveri ca camminan”.
Invece è qualcosa di diverso e di ben più grande: la rappresentazione commossa della persistenza degli esseri passati e trascorsi in ognuna delle forme viventi e presenti.
La consapevolezza che nell’evidente trasmutarsi dell’umano ad ogni generazione v’è un altrettanto innegabile permanere di valori di esistenza.
Un’intuizione che non è né storiografica né mitica, bensì afferente alla misteriosa natura della lingua ciò che fa essere l’umano e nello stesso tempo gli nega ogni sostanzialità, lo confina fra le ombre di ombre dalla stabilità illusoria.