Le “Lucciole” aprono la stagione Off del Teatro Alfieri

10 gennaio 2015 | 15:15
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Le “Lucciole” aprono la stagione Off del Teatro Alfieri

Le lucciole. A quale toscano il solo sentire la parola non rievoca dolci ricordi spesso legati all’euforia delle calde sere dell’infanzia quando la “caccia” alle lucciole, investite da un detto popolare della capacità di far apparire magicamente una monetina una volta rinchiuse in un bicchiere e lontane dagli sguardi dei più piccoli, rappresentava uno dei momenti più attesi della stagione estiva? Le corse in pantaloncini corti fuori in giardino o nel bosco attorno casa nel buio più fitto, dove le lucciole si vedono meglio, a cercare di catturarne il più possibile.
E proprio una lucciola (umana) è quella che l’attrice lucchese Giulia Perelli porterà in scena nel suo one woman show Lucciole al Teatro Alfieri di Castelnuovo di Garfagnana il prossimo venerdì (16 gennaio) alle 21, primo evento della stagione Off del Teatro Alfieri, organizzata dall’associazione Experia con Alessandro Bertolucci, rassegna che porterà sul palco dell’Alfieri spettacoli di compagnie provenienti da tutta Italia.

Greta è infatti una giovane “lucciola umana” sradicata da un bosco della Lucchesia che cerca di sopravvivere nella capitale nonostante lo smog, il traffico e il cinismo dilagante che, a suo dire, oscura giorno per giorno le già poche lucciole rimaste.
La ragazza tornerà in Toscana dove sarà costretta a fare i conti con ciò che si era momentaneamente lasciata alle spalle: una famiglia stramba, il nonno semplice e saggio, gli amici che sono rimasti in provincia, il ragazzo di cui si è ossessivamente innamorata, il tutto tra il via vai dei pazienti in cura da sua madre, psicologa, che metteranno però in luce gli aspetti più poetici e saggi della pazzia.
Greta ritrovando le sue radici imparerà ad accettarsi e a crescere senza perdere il suo personale modo poetico di vedere la vita.
Vista la storia personale dell’attrice, nata e cresciuta sulle colline di Lucca che ha lasciato subito dopo aver terminato il licelo artistico per trasferirsi a Roma e studiare recitazione, città dove tutt’oggi vive, non ci si può che chiedere innanzitutto quanto ci sia di autobiografico in questo suo lavoro.
“Ho iniziato a scrivere questo spettacolo esattamente quando mi sono trasferita a Roma – racconta Giulia Perelli. Come spesso accade viaggiando, a distanza le radici culturali si fanno più chiare. E per cultura intendo il modo di parlare che col suo particolare ritmo, cadenza, porta in sé un sentimento, un tipo di costruzione del pensiero che è causa e conseguenza del ‘carattere’ culturale. Ed io mi ero ritrovata in un ambiente e tra personalità completamente diverse dove una battuta che in toscana fa ridere, può offendere.”
Un po’ per nostalgia, un po’ per tenere ancora il filo della sua cultura e non perdere le sue radici, lasciata la Toscana per la capitale, Giulia Perelli inizia così a scrivere testi in vernacolo e a raccontare la storia di Greta, una ragazza alla ricerca di un habitat, dell’amore, del lavoro. Di tutto insomma.
“Questo è autobiografico – commenta l’attrice – ma credo che sia una fase di formazione abbastanza universale. Mi è servito per far fiorire dei semi che avevo in mano, quelli della mia cultura che ha in sé un tipo particolare di improvvisazione, una particolare ironia e tanta tanta poesia. Mi è servito per resistere, in un certo senso. Per mantenere me stessa, con le mie paturnie, i miei eccessivi intellettualismi, eccessivo romanticismo, tutto ciò che non veniva capito di me, per resistere in un mondo diverso da me. Credo che le persone con cui viviamo ci contaminano, a volte in modo creativo, a volte no”.
Il risultato è uno show in cui l’attrice, da sola sul palco, cambia repentinamente personalità inscenando un alternarsi di personaggi profondamente differenti tra di loro.
“Scrivere i personaggi di Lucciole è stato come avere tanti interlocutori intorno a me, che mi riempivano di domande e mi davano risposte. Forse anche per questo motivo alla fine è diventato un ‘one woman show’. Alcuni sono persone reali, come mio nonno che era venuto a mancare da poco, ma che ha saputo e sa ancora insegnarmi e raccontarmi. La presenza di una persona non dipende soltanto dalla sua visibilità. Il pensiero va avanti.”
Un teatro della mente dove l’attrice interpreta tutti i personaggi. Tutti, a parte uno.
Ed è anche l’unico romano.
“Gigi, un giocoliere, un messaggero, forse un angelo, il portatore delle lucciole. Un simbolo e come tale creatore di immaginazione. Ma anche un ragazzo, uno che Greta non conosce, che è fuori dal suo perimetro e che quindi la farà uscire dalla sua struttura. E’ l’altra possibilità, ciò che la salva, in un certo senso. Personaggio che per il Teatro Alfieri sarà interpretato da Andrea Vanni. Non è però un appiglio o un nido in cui rifugiarsi – precisa l’attrice – è la possibilità di aprirsi, dire di sì alle opportunità che incontriamo. Nello spettacolo Greta è ossessionata da un principe azzurro che, come in ogni favola, fa una ‘comparsata’ e tutta la storia verte intorno all’ideale di lui. Che poi mi chiedo cosa facciano in tutto quel tempo i principi azzurri, mentre noi li aspettiamo e li pensiamo impegnati in imprese sensazionali, viaggi eroici alla Che Guevara o a scrivere canzoni blues su treni sgangherati.
Gigi è la realtà che ha di fronte, ed è anche il più magico di tutti”.
E la magia, come la poesia e l’ironia, sembrano essere due tratti caratteristici del lavoro e della personalità dell’attrice che racconta di come le ironiche recensioni scritte sui flyers del suo spettacolo siano legate alle persone che più l’hanno ispirata e che la emozionano più di tutti. “Per Lucciole soprattutto Buster Keaton, il suo movimento fisico, reso scattoso e veloce dal ‘Super 8’ che cerco di rendere dal vivo, in teatro. Poi Shakespeare, Walt Disney e mia madre”.
Lucciole appare però anche un lavoro molto differente dalle più recenti esperienze dell’attrice che dal 2012 fa parte della compagnia dell’artista e regista teatrale belga Jan Fabre che ha rimesso in scena, rivisitandole e portandole in tour mondiale, due sue opere che negli anni ’80 lo resero celebre: Questo è il teatro com’era prevedibile e previsto, della durata di una notte, ben 8 ore e Il potere della follia teatrale, di 4 ore e mezzo. “Gli ultimi tre anni con Jan Fabre mi hanno fatto esprimere il lato più surreale della mia immaginazione, senza il bisogno di drammaturgia, che qui invece è forte – spiega l’attrice. Lucciole è uno spettacolo pop, è per tutti, è la mia fantasia che si costringe ad essere semplice e comunicabile. Invece Fabre mi ha permesso espressioni più sottili.
Provo a spiegarlo praticamente: se si prova amore per qualcuno, possiamo tentare di spiegarlo, nel caso di Lucciole verrebbe un soliloquio goffo, pieno di balbettii e tremolii nelle gambe. Oppure si può renderlo con uno sguardo e quello è il cinema. Oppure si può fare con una danza, facendolo fluire dal corpo. E quello è Fabre.
Il sentimento è sempre lo stesso, ma cambia il linguaggio.
Lucciole è un po’ difficile da portare in scena, una storia così semplice, una ragazzetta disadattata, ma fa bene prendersi in giro. E’ la voglia di leggerezza, di ridere insieme. Di ridere delle nostre crisi. Perché, come dice la migliore amica di Greta, nello spettacolo ‘Non si deve soffrire troppo. Anche perché, guarda, si invecchia prima, ti vengono le rughe… non vorrai dargli questa soddisfazione'”.
Sono trascorsi perciò un po’ di tempo, esperienze professionali e di vita da quando l’attrice ha scritto lo spettacolo, che viene spontaneo chiedersi quanto si ritrovi ancora oggi della Giulia che ha scritto Lucciole.
“Sì, è passato tanto tempo. Adesso sono una bambina seria. Prendo seriamente in considerazione i miei sogni e la mia immaginazione”.
Lucciole si presenta quindi come una commedia per tutti, che rappresenta le crisi in famiglia, le crisi in amore, le crisi a lavoro, le crisi con se stessi.
Inoltre, come ricorda l’attrice stessa, è la prima volta che viene rappresentato nella sua città di origine, Lucca. Alla fine la morale di tutto sembra essere l’invito a non smettere di vedere il lato poetico della vita. Un inno a sognare. “Credo che è così che si amano le cose – conclude. Spero di farvi ridere un po’. Se non ci riesco io, ci sarà comunque una degustazione di vini come aperitivo ad aiutare”.

Per info e prenotazioni info@experiaarte.it tel. 347 9425827
www.giuliaperelli.blogspot.it

Lucia Franceschini