Apre al Lucca Museum la mostra su De Chirico e Savinio

16 ottobre 2015 | 11:28
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Apre al Lucca Museum la mostra su De Chirico e Savinio

Apre domani (17 ottobre) e sarà visitabile fino al 14 febbraio la mostra De Chirico, Savinio e Les Italiens de Paris, a cura di Stefano Cecchetto e Maurizio Vanni, organizzata dal LuCCA, Lucca Center of Contemporary Art e prodotta da Mviva.

Il calendario turistico lucchese non si chiude col Lucca Comics & Games. La mostra è stata presentata stamani al Lucca Museum dal presidente Angelo Perpinelli, dall’assessore Giovanni Lemucchi, dai curatori Stefano Cecchetto e Maurizio Vanni e da Juri Ioncar, rappresentante dell’azienda Scorpion Bay. Un percorso di circa 50 opere costruito con la preziosa collaborazione di importanti istituzioni museali come il Museo civico Pier Alessandro Garda di Ivrea, il Museo Palazzo Ricci di Macerata, il Museo Soffici di Poggio a Caiano, l’Archivio Mario Tozzi e la Diocesi di Piacenza-Bobbio – grazie all’importante supporto dell’Arcidiocesi di Lucca – e di raccolte italiane, tra cui la prestigiosa Collezione Merlini di Busto Arsizio e la Raccolta Tullia Vallecchi, e il supporto della Galleria Tega, dello Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea, della Galleria Tornabuoni e della Galleria Ferrari.

“Sono rimasto folgorato da questa mostra – ha detto l’assessore Lemucchi – Per la città tutto ciò è motivo di vanta e rappresenta un privilegio speciale, poiché questa mostra è di assoluto livello. L’esposizione attirerà molti turisti dall’Italia e dall’estero. E’ significativo puntualizzare che il periodo di questa mostra cade in un periodo turistico morto e dunque, come calendario, siamo fortunati e possiamo dire appunto che la stagione turistica non finisce col Lucca Comis & Games”. Il Presidente del Lucca Museum, Angelo Parpinelli, ha dichiarato che “mantenere il Museo a questi livelli è molto difficile, ma mostre come questa contribuiscono di fatto a rendere il lavoro più semplice e porta gente al Museo”.

La sfida del Museo e di questa mostro è sviluppare un approccio che si basa su quattro capisaldi in sinergia tra loro: arte, impresa, territorio e internazionalizzazione. L’arte che si muove in collaborazione con l’impresa, che promuove iniziative su e per il territorio e che getta uno sguardo sul mondo intero. E fare rete è fondamentale per raggiungere questo obiettivo. E’ questo il file rouge del pensiero di Maurizio Vanni, uno dei due curatori della mostra, che in merito ai temi della mostra ha spiegato: “vi sono alcuni nodi tematici che ricorrono ancora oggi e questo spiega il motivo per cui è culturalmente legittimo soffermarci su De Chirico. Il tema dell’identità: nel tempo della globalizzazione e della società liquida è molto importante ripensare la nostra identità, la nostra storia, il nostro dna. La solitudine: nel tempo dei Social Network siamo sempre più soli, ci manca la relazione umana, il contatto fisico. E, infine, il Made in Italy: l’orgoglio per la nostra cultura, il sano patriottismo. Tutti questi temi ricorrono nelle opere di De Chirico e grazie a questo grande artista abbiamo le lenti giuste per leggere il presente in maniera più consapevole”. L’altro curatore della mostra, Stefano Cecchetti, si è soffermato sui colori, sulle astrazioni, sui significati più profondi delle opere di De Chirico, che dipinge come un grande filosofo oltreché come un grande artista. L’interiorità è una delle chiavi di lettura più importanti.

L’esposizione prende in considerazione il momento storico del ritorno all’ordine in Italia, con particolare attenzione al fronte di Valori Plastici, la rivista pubblicata tra il 1918 e il 1922, che radunò insieme a Carrà tutti gli artisti presenti in mostra, ad eccezione di Campigli che giungerà agli stessi fini attraverso una strada diversa. La volontà dei curatori è quella di analizzare, nel suo complesso, il significato di “ordine ritrovato” legato al recupero del mestiere e della tradizione, al superamento dell’individualismo romantico e dinamico del Futurismo e dell’Impressionismo a vantaggio di un impegno in merito al quale Carrà parlerà di “italianismo artistico”: “Noi ci sentiamo figli non degeneri di una razza di costruttori, abbiamo sempre perseguito figure e termini corposi e precisi e quell’atmosfera ideale, senza la quale il quadro non supera le elucubrazioni del tecnicismo e dell’analisi episodica del reale”. “Parlare de Les Italiens de Paris significa – ha sottolineato Maurizio Vanni – indagare un momento della storia dell’arte nel quale la cultura italiana proponeva il proprio essere attraverso uno sguardo critico e costruttivo del passato. Non tanto una rievocazione storica, ma una presa di coscienza di valori che le Avanguardie storiche avevano spazzato via e che, con modalità personali, ognuno di questi artisti riaffermava per aprire le porte al futuro”.

All’inizio del 1928 alcuni artisti italiani legati al movimento del Ritorno all’ordine si incontreranno a Parigi e saranno riconosciuti come Les Italiens de Paris. Pittori pronti a riscrivere la storia dell’arte contemporanea ripartendo da ottiche inconsuete, legate in modo soggettivo a un trascorso mai del tutto dimenticato, e a riaffermare gli elementi rinascimentali che avrebbero dovuto rilanciare l’arte italiana nella capitale francese. Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo De Pisis, René Paresce, Gino Severini e Mario Tozzi non rappresentarono un incontro casuale di artisti in una città stimolante e piena di vita come Parigi, ma la doppia anima e il cuore di un gruppo complesso e ri-evoluzionario che molti critici arrivarono a considerare alla stregua di una vera e propria corrente artistica come il Futurismo e il Surrealismo. Negli anni Venti, gli artisti vedevano la capitale francese come una meta di pellegrinaggio oltre che luogo di incontri e scontri, mentre non si perdeva l’occasione di richiamare alla memoria un illustre personaggio che aveva lasciato proprio nella Ville lumière tracce indimenticabili: Amedeo Modigliani.

Dal 1928 al 1933 Les Italiens de Paris rimasero fedeli a una specie di contratto mai scritto, a un sodalizio che, da certi punti di vista, senza vincolare la libertà espressiva di ognuno, cercava di riaffermare l’importanza dell’arte visiva italiana del qui e ora, e il desiderio di rimanere ancorati sui valori unici di un passato che non poteva essere cancellato dalle velleità e dalle rivoluzioni percettive delle Avanguardie Storiche. Anche se i sette artisti italiani, mai sempre presenti e mai sempre da soli nelle varie mostre del Gruppo, erano molto differenti sul piano delle idee, dei propositi artistici e degli esiti estetici, poco importava perché, probabilmente, in modi e tempi differenti, stava prevalendo un senso di egocentrico patriottismo che non si vedrà mai più nell’arte italiana. Un gruppo che potremmo definire dalla doppia anima: quella dei fratelli De Chirico, più vicina allo spirito surrealista – anche se il loro fu un vero e proprio amore-odio nei confronti del gruppo di Breton –, e quella di Tozzi, Campigli e Paresce, almeno in parte più vicina al Realismo magico e a Novecento di Margherita Sarfatti.
L’esposizione si conclude con l’omaggio a Giorgio de Chirico realizzato nel 1968 da Ezio Gribaudo, artista e amico personale del maestro della Metafisica.
La mostra ha ottenuto il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Lucca, Opera delle Mura, Camera di Commercio di Lucca, Confindustria Lucca, Confcommercio Province di Lucca e Massa Carrara, Confesercenti Toscana Nord, Confartigianato Imprese Lucca con il supporto di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Fondazione Banca del Monte di Lucca, Gesam Gas+Luce e con la partnership di Scorpion Bay.

Mirco Baldacci