Insignito del Cherubino d’oro il professore lucchese Morroni



“Per il suo contributo originale nei campi dell’economia del lavoro, dell’organizzazione dei processi produttivi, dell’attività innovativa e dell’impresa”, il Senato Accademico dell’Università di Pisa ha insignito (lo scorso 8 aprile) dell’Ordine del Cherubino il professor Mario Morroni: classe 1949, lucchese d’adozione da oltre vent’anni, che si è distinto in campo internazionale “per rigore metodologico e profondità d’analisi”.
Il prestigioso riconoscimento, attribuito a coloro che hanno contribuito ad accrescere il prestigio dell’Ateneo per particolari meriti scientifici e culturali, arriva nel mezzo di una carriera in costante ascesa, che ha visto Morroni protagonista di una proficua attività di ricerca e divulgazione nei principali centri di studi economici internazionali.
“Indubbiamente ricevere questo riconoscimento fa molto piacere – commenta il professor Morroni – credo che abbiano voluto premiare la costante attenzione alla qualità dell’offerta didattica, il fatto che abbia pubblicato con case editrici straniere, e quindi anche i miei rapporti internazionali (fra le altre cose è membro a vita del Clare Hall College of Advanced Studies dell’Università di Cambridge, ndr), circostanza questa che ben si sposa con la sempre maggior attenzione, da parte dell’Università di Pisa, allo sviluppo dell’internazionalizzazione dell’Ateneo”.
Il professor Morroni, ordinario di economia al Dipartimento di Scienze politiche, nasce a Venezia, ma nel 1992 si trasferisce a Lucca dove risiede ormai stabilmente con la famiglia. “Mia moglie è lucchese, mio figlio ha frequentato le scuole a Lucca dalle elementari al liceo Vallisneri e in tutto il suo percorso ha incontrato ottimi docenti. Questa è la nostra città, la qualità della vita qui è alta. Ho collaborato a lungo con la Camera di Commercio di Lucca e da anni seguo l’andamento dell’economia lucchese. Proprio ieri – prosegue Morroni – è venuto a trovarmi il professor Robert Skidelsky, il più grande studioso e biografo di John Maynard Keynes, ed è rimasto sorpreso dalla bellezza e dalla vivacità della vita a Lucca, così ricca di eventi interessanti”.
Dopo anni dedicati alla teoria dell’impresa e all’analisi dei processi produttivi, il professor Morroni ha di recente indirizzato la sua indagine verso le diverse interpretazioni economiche della grave crisi che stiamo vivendo. Il suo nuovo libro, in fase di ultimazione, affronta i temi delle politiche di austerità, della crisi del debito e dell’euro. “Si tratta di un dialogo fra economisti con visioni diverse – racconta -. Ormai sulla crisi c’è una letteratura molto vasta con contributi importanti anche di premi Nobel come Krugman o Stiglitz. Ho pensato a un libro in cui personaggi immaginari, che rappresentato scuole di pensiero diverse, si confrontano sulle ragioni e prospettive di questa crisi economica, utilizzando un linguaggio rigoroso ma comprensibile a tutti. Il libro, quindi, non è rivolto solo agli addetti ai lavori, ma a tutti coloro che desiderano comprendere la realtà economica in cui viviamo. L’austerità – spiega Morroni – dal punto di vista intellettuale ha perso: è ormai chiaro che non è espansiva, ma a livello politico i governi continuano a sostenerla. Il mio intento è di fare chiarezza rispetto alla cortina fumogena della propaganda politica e degli interessi del settore finanziario: in sostanza, di smascherare miti e travisamenti.” Per i primi di maggio alcuni brani di questo dialogo saranno rappresentati a Pisa e poi a Catania, in occasione del convegno annuale dell’Associazione italiana per la storia dell’economia politica. Il professore prevede di farne anche un’edizione inglese.
“La crisi economica rende molto difficile il futuro dei giovani. Questo succede anche all’interno dell’università – spiega Morroni – perché chi va in pensione non è rimpiazzato: il normale turn-over è bloccato. Solo circa un terzo dei posti che si rendono liberi per il pensionamento dei docenti è ricoperto da nuovi ricercatori. Questo meccanismo ha comportato un massiccio abbassamento del numero di docenti nell’Università italiana (dal 2008 al 2015 si è registrato un calo di 10.000 unità pari al 17,2%). C’è poi stata una consistente riduzione dei finanziamenti pubblici all’università e alla ricerca, che erano già la metà della media europea. Tutto questo danneggia gravemente quei giovani che, pur avendo acquisito ottimi titoli, al momento hanno scarse prospettive di inserimento nel mondo accademico italiano e sono spesso costretti a lasciare il nostro paese. Sul versante della trasparenza – osserva – in numerose università sono stati di recente approvati codici etici e l’azione anti-corruzione va perseguita con vigore, ma la lotta a comportamenti scorretti e agli sprechi non deve implicare un taglio ai finanziamenti che aggraverebbe la situazione già molto difficile della ricerca in Italia. È necessario investire nella ricerca e nell’attività innovativa, se non si vuole soccombere di fronte alla concorrenza dei paesi emergenti, che hanno un costo del lavoro molto più basso, e dei paesi più avanzati che hanno costi paragonabili ai nostri, ma istituzioni più solide e università dotate di risorse di gran lunga maggiori. Proprio la mancanza di investimenti nella ricerca alimenta un circolo vizioso che riduce ulteriormente le possibilità di sviluppo e di ripresa economica e quindi compromette il futuro soprattutto dei giovani, ma anche dei meno giovani”.
Jasmine Cinquini