Il Rasputin segreto nel nuovo saggio di Natalizi

Grigorij Efimovic Rasputin. Un nome che solletica la fantasia di molti, anche dei più piccoli, che lo hanno conosciuto attraverso un famoso cartone animato della Fox, dove Rasputin viene rappresentato come un uomo cattivo e cupo, sempre pronto a vendicarsi e a maledire tutta la dinastia russa dei Romanov. Ma nella storia, quella vera, ci saremmo trovati di fronte a un personaggio cupo, certo, ma completamente diverso. Ed è proprio questa diversità, questa storia forse mai raccontata per davvero, che Marco Natalizi, insegnante di storia dell’Europa orientale e direttore della fondazione Mario Tobino, ha voluto mettere in luce nel suo nuovo saggio Il burattinaio dell’ultimo zar, che uscirà nelle librerie giovedì prossimo (9 giugno) proprio nell’anno del centenario della morte di questo grandissimo personaggio.
Un uomo contraddittorio, Rasputin, sempre stato amante delle donne, dei rapporti sfrenati e della bella vita ma con una profonda e sincera spiritualità, molla che senza alcun dubbio, a detta dello stesso Natalizi, lo ha fatto avvicinare alla coppia imperiale dei Romanov, tanto da diventarne la guida spirituale, il padre confessore, un amico vero. Una figura sempre ritenuta marginale dagli storici, che ha trascorso l’infanzia a lavorare nei campi, con una limitatissima istruzione e che eppure si è ritrovata ai vertici del regno, tra le mura dei palazzi reali e ne è diventata la colonna portante, fino ad influenzare le decisioni e le idee dello stesso zar. Un personaggio ambiguo, sfortunato e spesso depresso, conosciuto nella storia anche per la sua fama di guaritore.
“Rasputin è sempre stato un uomo in profonda crisi – spiega Marco Natalizi – crisi religiosa, di coscienza, un po’ come quelle che sta attraversando oggi la nostra società. E’ una figura del passato che riesce a spiegare appieno questo attuale momento di crisi di una civiltà che sta andando sempre più in frantumi, è questo ciò che ho voluto far venir fuori dal libro. Un uomo proveniente dalla Siberia, a cavallo tra due secoli, in cerca di risposte, che fa lunghi pellegrinaggi, che non si ritrova assolutamente nei dogmi della sua religione, quella ortodossa”. “Rasputin per tale ragione è sempre stato definito un eretico – continua l’autore – un eretico che si è creato una religione alternativa, con i propri seguaci, una propria setta. E anche questo secondo me è un elemento molto attuale: in quanti, infatti, adesso si interessano alla religione buddista, alle pratiche yoga, alla meditazione, a tutte quelle forme alternative di spiritualità? Rasputin l’ho definito “burattinaio” perché alla fine lo era davvero, era lui che sussurrava allo zar, che lo influenzava in ogni sua decisione: basti pensare che divenne un personaggio molto scomodo perché cercò di convincerlo addirittura a far cessare la guerra e che dopo il suo assassinio lo zar Nicola II ha perfino abdicato. Fu una presenza molto forte all’interno della famiglia imperiale prima ancora che nascesse loro un figlio, Alessio, malato di emofilia. Si racconta che lui fosse l’unico in grado di placare le sue sofferenze e poi, addirittura, di guarirlo”. “Il libro – conclude Natalizi – spiega cosa è successo in Russia nel periodo in cui Rasputin fu davvero una persona chiave: la nobiltà borghese, il massimo fulgore dei partiti politici, la guerra, la rivoluzione”.
Il libro aggiunge molti elementi nuovi al classico Rasputin. Il monaco nero e la corte dell’ultimo zar di Andrej Amalrik, di cui Natalizi è un estimatore, pubblicato in Italia oltre trent’anni fa. Così, questa figura che nell’immaginaro collettivo appare sempre come cupa e malvagia prende completamente un’altra forma, trasformandosi addirittura in un uomo di pace, saggio e tollerante. Perché, come dice anche lo stesso Natalizi, “vizi e trasgressioni non impediscono certo a un uomo di possedere una grande anima”.
Giulia Prete