Con la Fondazione Ragghianti 70 anni di arte in città






Sessant’anni di arte internazionale in mostra alla Fondazione Ragghianti, nelle piazze del centro storico e sulle Mura: dal 24 giugno al 3 settembre sbarca in città Il passo sospeso. Esplorazioni del limite, un itinerario di opere artistiche e bibliografiche pensato per stimolare la riflessione sul concetto di limite materiale e immateriale. L’esposizione è stata presentata in anteprima questa mattina (22 giugno) alla sede della Fondazione Ragghianti, dal presidente Giorgio Tori, dal direttore Paolo Bolpagni, dal curatore Alessandro Romanini e dal presidente della Fondazione Crl, Marcello Bertocchini, che finanzia la mostra. “Lucca, così come la Fondazione, è stata a lungo accusata di essere chiusa nel suo entourage – spiega Tori -: questa mostra consente di superare il concetto di confine, uscendo anche fisicamente dal complesso di San Micheletto per sparpagliarsi nella città”.
L’esposizione indaga il concetto di confine non solo nelle sue declinazioni geografiche, ma anche sotto il profilo culturale, antropologico, filosofico, linguistico e socio-politico e lo fa attraverso le opere di 44 artisti internazionali, dai nomi storici (Lucio Fontana, Piero Manzoni, Alighiero Boetti, Gino De Dominicis, Giuseppe Uncini, Igor Mitoraj) a quelli contemporanei (William Kentridge, Marc Quinn, Giulio Paolini, Enrico Castellani, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Roberto Barni, Marina Abramovic, Vittorio Corsini, Peter Greenaway, Joseph Kosuth, Santiago Serra) fino agli esponenti dell’ultima generazione italiana e straniera (Michelangelo Consani, Leone Contini, Wael Shawky, Enrique Ramirez, Guido Van del Werve).
“Una mostra fortemente voluta – afferma Bolpagni -: dopo la riflessione sulla nostra identità con una mostra storica abbiamo voluto proporre un’esposizione che ci proiettasse verso il futuro, con una buona dose di coraggio. L’intento è quello di andare a ricercare il significato e fornire una spiegazione attraverso l’inserimento di una forte presenza bibliografica che richiama l’itinerario della mostra”.
Simbolica la scelta delle Mura come location dell’esposizione: confine materiale e immateriale che storicamente ha svolto un duplice ruolo di protezione e di stimolo per lo sviluppo delle relazioni e dei transiti internazionali.
“Ci interessava parlare del tema della frontiera – spiega Romanini – anche alla luce dell’urgenza migratoria in corso, che in realtà è un processo millenario. Si tratta di una riflessione sul concetto archetipico di limite affidata all’arte. Gli artisti sono stati scelti in virtù di un cosmopolitismo che vede la Russia affiancarsi al Messico e alla Grecia: linguaggi diversi accomunati dal confronto fra passato classico e contemporaneità”.
Le opere saranno ospitate, oltre che nel complesso di San Micheletto (aperto dal martedì alla domenica dalle 16 alle 23), al Baluardo San Donato, al Baluardo San Frediano, al Baluardo Santa Croce, al Baluardo San Colombano, in Piazza San Michele, in Piazza Anfiteatro, in Piazza San Martino, all’Oratorio di San Giuseppe (aperto tutti i giorni dalle 10 alle 18) e nel Giardino di Palazzo Orsetti (aperto dal lunedì al sabato dalle 7,30 alle 19,30). L’ingresso è libero in tutte le sedi. L’inaugurazione ufficiale si terrà domani (23 giugno) alle 18, nel complesso di San Micheletto.
“Abbiamo sempre voluto vedere la creatività della Fondazione Ragghianti portata fuori dal suo ambiente – dice Bertocchini – sapere che artisti internazionali sono a Lucca con le loro testimonianze sparse per la città è un grande piacere”.
Con l’intento di accompagnare il cittadino o turista alla scoperta della mostra, è stata creata anche un’apposita applicazione bilingue, Passo Sospeso, scaricabile gratuitamente su tutti gli smartphone e tablet. La piattaforma multimediale, oltre a geolocalizzare tutti i luoghi espositivi anche attraverso l’impiego della realtà aumentata, fornisce notizie artistiche e storiche, informazioni utili alla visita e indicazioni sui parcheggi. Sarà disponibile in due lingue (italiano/inglese) anche il catalogo pubblicato dalle Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, con testi di Paolo Bolpagni, Alessandro Romanini, Gilberto Bedini e Giorgio Fogazzi (prezzo di copertina 20 euro, in mostra a 15 euro).
Le opere alla Fondazione Ragghianti All’interno della Fondazione Ragghianti il tema viene affrontato nei suoi aspetti piu ‘strutturali’, affrancandosi dalla dimensione documentaria e della spettacolarizzazione della sofferenza, attraverso opere multidisciplinari accomunate da nuclei tematici e abbinate a un complesso di elementi testuali. Le opere d’arte dialogano con i libri per amplificare lo sviluppo di possibili narrazioni, nonché di viaggi percettivi ulteriori per lo spettatore.
In un’epocaall’insegna della geolocalizzazione tecnologica, non poteva mancare un’indagine sul concetto di mappa e carta geografica, con opere di artisti come Alighiero Boetti, vero e proprio pioniere delle dinamiche transculturali, affiancato dalle mappe parzialmente cancellate e rivelatrici di verità sotterranee di Emilio Isgrò. Nella stessa sezione anche le carte immaginarie del video Walk Through H di Peter Greenaway, quella dell’artista sudafricano William Kentridge, ispirata a un libro dell’autore napoletano del XVIII secolo Nicolò Carletti, e le geografie etno-gastronomiche di un’installazione site specific del giovane Leone Contini.
Limiti e confini di materia, luce e ombra sono oggetto di un gruppo di importanti opere storiche, tra cui figurano l’estroflessione di Enrico Castellani, il monocromo dell’Achrome di Piero Manzoni e le amplificazioni spaziali e percettive di Lucio Fontana, cui si abbinano anche l’elaborazione plastica a base di poesia e tecnologia di Vittorio Corsini e la conversione artistica di materiali come il ferro e il cemento di Giuseppe Uncini. Il giovane artista egiziano Wael Shawky, già protagonista alla Biennale di Istanbul e al Castello di Rivoli, espone alcune opere rappresentative del confronto fra identità etnico-religiosa e globalizzazione.
Il tema del corpo come geografia dello scontro e supporto artistico è analizzato attraverso le opere di alcune delle principali esponenti dell’arte internazionale quali Marina Abramovic, Orlan e Marisa Merz. A loro si affiancano artisti storici come Gino De Dominicis e Luigi Ontani, l’inglese Marc Quinn, l’altoatesino Aron Demetz e lo spagnolo Santiago Sierra.
Nella sezione dedicata al concetto di sublime (parola che deriva dal latino sub-limen, “ciò che è al limite”), troviamo un’installazione video di Guido van der Werve e un video del cileno Enrique Ramirez, presente anche nella mostra centrale della Biennale di Venezia Viva Arte Viva, attualmente in corso.
L’idea della frontiera che separa il linguaggio dalla rappresentazione ha ampio spazio, con opere storiche di Giulio Paolini e Joseph Kosuth, accostate all’installazione creata appositamente per l’occasione da Michelangelo Consani. I permeabili confini della memoria e il potere della lettura e dell’esperienza sono il tema della video-intervista a Umberto Eco realizzata dal regista Davide Ferrario. Intangibile ma non per questo meno importante è la questione dell’utopia, con la sua geografia del desiderio, affrontata nel video di Richard Serra. In questo mondo immaginario trovano spazio anche la maniacale ricostruzione di mappe mentali e narrative, operata da Mario Fallini trascrivendo per intero in forma plastica Il Milione di Marco Polo e un prezioso nucleo di fotografie storiche provenienti dagli Archivi Alinari.
Sulle mura Le mura di Lucca ospitano i lavori di cinque artisti accomunati dalla volontà di raccogliere l’eredità del passato e dall’attrazione per la secolare perizia artigianale dei laboratori di Pietrasanta, dove sono state realizzate tutte le opere.
Porta Elisa, voluta da Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone e principessa di Lucca, e da lei inaugurata nel 1811, è sormontata dagli angeli in bronzo dell’artista polacco Igor Mitoraj, provenienti del parco archeologico di Pompei. Sono opere che simboleggiano perfettamente il dialogo fra antichità classica e linguaggi artistici contemporanei, alludendo alla linea di confine simbolica tra difesa e accoglienza. Un monumentale cavallo in bronzo e basalto, accompagnato da un drappello di quindici cavalli in resina realizzati dall’artista messicano Gustavo Aceves, campeggia nel baluardo di San Donato, al culmine del decumano massimo. Fanno parte di una complessa e articolata installazione che è esposta in un tour mondiale, ospitata, prima di arrivare qui, di fronte alla Porta di Brandeburgo a Berlino e a Roma (Mercati di Traiano, Fori Imperiali e Arco di Costantino), e che sarà poi a Parigi, ad Atene e a Pechino, per concludere il giro nel 2019 a Città del Messico. L’artista russo Alexey Morosov presenta due opere plastiche, parte dell’installazione Pontifex Maximus, da poco esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e al Museo d’Arte Moderna di Mosca. Alludono al ponte gettato fra storia e contemporaneità, fra oriente e occidente, recuperando iconografie classiche romane. Le due sculture in bronzo dell’artista greca Sophia Vari, circondate dai resti del torrione cinquecentesco, creano una dialettica fra i confini dell’identità maschile e femminile, secondo forme astratte che rimandano alla policromia della scultura ellenista.
L’opera monumentale proteiforme in bronzo dell’artista giapponese Kan Yasuda troneggia sul baluardo di San Colombano e rappresenta l’approccio orientale alle forme plastiche, ricco di ritualità.
Disseminazioni in città Il percorso artistico si snoda attraverso alcuni dei luoghi simbolo del centro storico. Dalla centrale piazza San Martino, dove il visitatore è accolto da un “offertorio” in bronzo policromo di Mimmo Paladino, passando per piazza San Michele, in cui campeggiano due sculture di Sandro Chia e un’opera di grandi dimensioni di Roberto Barni, si arriva al giardino di Palazzo Orsetti, dove sono collocate le opere del tedesco Markus Lüpertz e dell’italiano Roberto Fanari.
La forma ellittica di piazza dell’Anfiteatro, che conserva fedelmente la memoria dell’impronta romana della città, oltre a mostrare la ricostruzione geometrica dell’invaso fatta nell’Ottocento dall’architetto Lorenzo Nottolini, accoglie una scultura monumentale di Igor Mitoraj, Tindaro, che dialoga con lo spazio teatrale del sito.
Jasmine Cinquini