Ragghianti: concerti su spalti? Serve piano d’insieme

2 ottobre 2017 | 15:03
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Ragghianti: concerti su spalti? Serve piano d’insieme

Concerti sugli spalti sì o no? Il dibattito è ancora aperto in città dopo il successo del concerto dei Rolling Stones. Ma l’assessore alla cultura e al turismo, Stefano Ragghianti, invita ad uscire dal tema “mai più concerti sugli spalti-rifacciamolo domani” e a “guardare in alto”, gettando le basi per definire un progetto culturale complessivo per la Lucca del futuro. Ragghianti, senza mai nominarlo, si rivolge anche a Mimmo D’Alessandro: “Un imprenditore molto bravo ha anche il dovere di usare toni adeguati, partecipare e arricchire il dibattito, aggiungendo valore a ciò che lo rende così capace. Ed è – aggiunge Ragghianti – ovvio che chiunque cerchi d’incassare i risultati migliori. Non serve un pressing continuo sulla comunità, da parte di nessuno, né in una direzione, né in senso contrario, perché una comunità non può essere irretita né con blandizie, né con forzature”. 

“Il ‘giorno dopo’, come ogni giorno dopo che si rispetti, rappresenta senza dubbio un momento di analisi e riflessione più fredda su ciò che è stato – esordisce Ragghianti nel suo intervento -. Così, credo, dopo il concerto dei Rolling Stones, analisi, riflessioni critiche e considerazioni assumono significati e prospettive diverse. Può quindi essere l’occasione per organizzare le idee e tentare un ragionamento più complessivo sulla città, sul suo futuro, sul suo sviluppo culturale e turistico, chiedendoci insomma quale Lucca vorremmo tra tre, cinque o dieci anni. Il punto di partenza, tuttavia, non può che poggiare su un dato di fatto: Lucca ha retto magistralmente l’impatto forte di un evento come quello del 23 settembre, riuscendo a coniugare elementi che non sempre riescono a stare insieme: centro storico, beni culturali e patrimonio storico con un concerto rock che ha coinvolto direttamente o indirettamente circa 100 mila persone. I due aspetti non hanno convissuto ‘separati in casa’ con reciproca sopportazione, ma si sono fusi in una combinazione unica con reciproca esaltazione. E negare l’effetto positivo, anche nel medio periodo, – e per certi aspetti straordinario –   per la città, tutta la città, assume toni ingiustificati e, in qualche caso, ridicoli.  Adesso, però, bisogna tentare di uscire dalla logica del ‘non lo faremo mai più-lo rifacciamo domani’. Chiediamoci prima quale sviluppo turistico vogliamo per Lucca e a quale modello culturale, quale concetto di vita e quale modello della città questo debba corrispondere”.
“Ormai, da anni – aggiunge ancora l’assessore – il concetto di bene culturale non è più legato ad un singolo bene materiale, ma assume sempre più la natura di bene immateriale, di sistema cittadino, di atmosfera di tradizione e modello di vita. Il modello-Lucca si è formato nel corso del tempo, ma discende da una stratificazione progressiva che deve essere gestita e governata. E’ possibile discuterne senza toni apocalittici, da fine del mondo? E’ possibile provare a discutere non solo di effetti positivi e negativi ma di qualità del modello culturale complessivo?  Personalmente, vedo un modello complesso e articolato fatto di molteplici eventi di diversa e varia natura, ‘classica’ e ‘moderna’. Vedo un rapporto tra pubblico, privato e terzo settore virtuoso e positivo, dove l’ente pubblico coordina e guida, sicuramente aiuta, ma non gestisce direttamente. Vedo inoltre un calendario di eventi dove la musica, tutte le musiche, da Puccini ai Rolling Stones, fino alla musica popolare e agli artisti di strada, possano stare insieme. E’ la musica per tutti, non per qualcuno sì e qualcuno no. Ma vedo anche parecchie altre cose su cui lavorare: ad esempio un sistema museale, un sistema di biblioteche e di archivi. E molte altre ancora. Nelle molte cose che ho letto e che mi sono state scritte in questi giorni ho avvertito – talvolta anche da parte di autorevoli personalità – il tentativo di proporre una visione saccente e supponente della cultura, altezzosa, elitaria e aristocratica, come se ciò che è popolare e diffuso sia automaticamente non-cultura. Tutto al contrario: la città che vediamo oggi non è sempre stata così e non è detto che sia quella di domani. Per conservare e valorizzarne la storia e le tradizioni – la nostra identità, insomma – non è necessario rimanere immobili, come in una fotografia immutabile e ferma nel tempo: possiamo, anzi dobbiamo, muoverci e farla vivere a migliaia di persone, farne apprezzare la bellezza e, forse, il modello.  Il dibattito è aperto ed è normale che in una discussione chiunque – soprattutto chi mette in gioco soldi e reputazione – cerchi di affermare con decisione le proprie ragioni. Ma un imprenditore molto bravo ha anche il dovere di usare toni adeguati, partecipare e arricchire il dibattito, aggiungendo valore a ciò che lo rende così capace. Ed è ovvio che chiunque cerchi d’incassare i risultati migliori. Non serve un pressing continuo sulla comunità, da parte di nessuno, né in una direzione, né in senso contrario, perché una comunità non può essere irretita né con blandizie, né con forzature.
Il dibattito è aperto e tutti devono poter esprimere con serenità le proprie opinioni, senza sentirsi perennemente sotto scacco.  Proviamo a volare un po’ più in alto: la prospettiva d’insieme che se ne ricava ci servirà a disegnare meglio la nostra città degli anni a venire”.