Brinzi e Murgia in scena per riflettere sul neofascismo

Dopo il red carpet alla festa del cinema di Roma e una carriera trascorsa dietro ai sipari di velluto portando in scena anche personaggi che hanno fatto la storia dell’antifascismo, il bel tenebroso attore lucchese Marco Brinzi torna a Lucca gomito a gomito con la celebre Michela Murgia per affrontare un tema importante, da sempre a cuore all’amministrazione comunale. “Se il fascismo tornasse, saremmo in grado di riconoscerlo?” È proprio per rispondere a questo interrogativo che il Comune di Lucca, con il patrocinio della Provincia, insieme con l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea, l’Anpi sezione di Lucca, il Teatro del Giglio e l’associazione Città delle donne, ha voluto promuovere e organizzare una giornata di riflessione sul neofascismo, utilizzando proprio la bellezza e la forza del teatro.
L’iniziativa è stata presentata oggi (16 novembre) a Palazzo Orsetti alla presenza del sindaco di Lucca Alessandro Tambellini, dell’assessore alla continuità della memoria storica, Ilaria Vietina, del consigliere provinciale Renato Bonturi, del direttore artistico del Teatro del Giglio Aldo Tarabella, da Luciano Luciani, Stefano Buccianelli e Laura di Simo dell’Istituto storico della Resistenza di Lucca, della presidente di Anpi Lucca Rosalba Ciucci e dell’attore Marco Brinzi.
La riflessione, infatti, è sfociata nello spettacolo-monologo Autobiografia di un picchiatore fascista, ideato e interpretato dall’attore lucchese che per la prima assoluta nazionale ha scelto, non a caso, la sua città natale. Giovedì prossimo (23 novembre) infatti, alle 21 nella sala del coro del Teatro del Giglio, l’attore, reduce dal successo cinematografico dei fratelli Taviani Una questione privata (in proiezione sabato 18 al cinema Artè di Capannori), porterà sul palco il racconto-monologo tratto dal libro di Giulio Salierno che ripercorre appunto la biografia di un fascista per capire cosa possa muovere oggi le persone, soprattutto quelle più giovani, ad avvicinarsi, a giustificare e a “riproporre un’ideologia tanto superata, e sconfitta, dalla storia, violenta e antidemocratica”. Lo spettacolo – che durerà una quarantina di minuti e sarà a ingresso libero – si sviluppa attraverso una forte interazione con il pubblico, parte attiva della rappresentazione.
“Questa sarà una grande occasione per invitare i cittadini a riflettere sul passato – ha spiegato il sindaco Alessandro Tambellini – È estremamente necessario conoscere quello che è stato il nostro paese”.
“Siamo felicissimi di ospitare nella nostra città un’iniziativa così importante portata in scena da due personaggi di grande valore e sensibilità come Marco e Michela Murgia”.
A prendere la parola, con un po’ di provocazione, anche Stefano Bucciarelli dell’Istituto storico della Resistenza: “Siamo di fronte a una vera e propria emergenza – ha spiegato Bucciarelli – Purtroppo la mancanza della conoscenza porta a dare un alibi a fatti terribili, oggi sempre più incoraggiati. È necessario agire subito e questa iniziativa è molto importante sia per far conoscere che per la sensibilità civile”.
“Marco è il mio attore preferito da quando aveva 17 anni, quando lo vidi recitare sul palco della parrocchia – ha spiegato Rosalba Ciucci – A Milano, dove ha studiato recitazione, è andato a piantare semi che adesso sono diventati bellissimi fiori. Non è solo bello, è molto di più: per Lucca è una vera ricchezza e la sua è stata una scelta molto coraggiosa. Solo il titolo, quando l’ho letto, mi ha fatto drizzare su per la schiena. Spero che allo spettacolo partecipino tante persone: non si è partigiani solo con il fucile sù per le montagne, si è partigiani anche solo schierandosi”.
Ma com’è nato questo spettacolo? Era l’agosto del 2016 quando Luciano Luciani, insieme all’inarrestabile ‘team’ dell’Istituto storico della Resistenza, idearono la manifestazione in memoria di don Aldo Mei. Un’occasione in cui Luciani e il pubblico lucchese ebbero l’opportunità e l’onore di vedere sul palco il talento di Brinzi che interpretò il parroco “in modo straordinario”. Da allora i due sono grandi amici e, proprio parlando di cronaca e problemi contemporanei presenti non solo nel nostro paese ma nello scenario mondiale, ecco che è venuta alla mente dello storico una lettura fatta diverso tempo fa, quando era solo un ragazzo: proprio la storia del “picchiatore fascista’’.
Ma durante la giornata del 23 non si parlerà solo di “picchiatori'”: a fianco di Brinzi, come già accenato, in questo percorso di memoria ci sarà anche la scrittrice Michela Murgia, che alle 17,30 in San Girolamo, terrà l’incontro dal titolo Sempre fascismo è. La vincitrice del Premio Campiello 2010, che ha diviso il palco con Brinzi per lo spettacolo Quasi Grazia, dedicato a Grazia Deledda, proporrà la sua visione della storia, centrando l’attenzione sui venti sempre più forti di fascimo ed estremismo che stanno soffiando sull’Italia e l’Europa.
“Questo spettacolo – spiega l’attore – ha tre obiettivi principali: primo tra tutti la memoria storica che va sempre coltivata e tramandata di generazione in generazione, secondo la riflessione e poi, agire. Proprio nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un fatto di cronaca molto preoccupante, ovvero l’aggressione a un giornalista da parte di un simpatizzante dell’ideologia fascista. Dobbiamo chiederci come mai il nostro paese sta diventando così violento e cosa possiamo fare noi cittadini per ostacolare certe ideologie. Io – continua – l’attore – ho la fortuna di fare una professione che mi permette di raccontare storie e di scuotere le coscienze”.
I posti in sala del coro per assistere al monologo di Marco Brinzi sono un centinaio – come ha spiegato Aldo Tarabella – qualora ci fosse molta partecipazione, lo spettacolo verrà replicato nella stessa sera”.
Ma spieghiamo anche chi è Giulio Salierno, l’autore del libro Autobiografia di un picchiatore fascista a cui si ispira il monologo di Marco Brinzi.
Negli anni ’50 Giulio Salierno è un attivista di spicco del Movimento sociale italiano romano, segretario della sezione di Colle Oppio, frequenta le alte sfere del partito, Graziani, Almirante, Rauti, e arriva persino a essere ammesso nell’elitaria cerchia degli allievi di Julius Evola, esoterista e filosofo del nazismo. Diciottenne, fu condannato a trent’anni di reclusione per omicidio a scopo di rapina nel corso di un banale diverbio, dove uccide un ragazzo che ha resistito al furto della sua auto nel quartiere di Roma Eur. Salierno fugge in Francia, si arruola nella legione straniera e viene avviato a combattere in Algeria dove viene consegnato all’Interpol. Finisce imprigionato, in attesa dell’estradizione, in alcune galere del paese maghrebino fino al rimpatrio. L’ideologia fascista, che ha sostenuto il giovane Salierno fino alla fuga in Francia, comincia a vacillare già nelle carceri algerine, dove si sente molto più vicino a quella che la società reputa feccia: tale è il coinvolgimento emotivo di Salierno nei confronti dei ribelli che verrà addirittura contattato per far parte del nascente fronte di liberazione nazionale algerino. Il completamento del percorso di trasformazione avviene nelle carceri italiane nelle quali Salierno scopre l’appartenenza alla classe degli sfruttati e la solidarietà con altri detenuti più sfortunati di lui: qui sviluppa nuova coscienza politica per arrivare all’abiura del fascismo e alla grazia concessagli nel 1968 dal presidente Saragat. Durante il periodo passato in carcere si dedica allo studio e alla lotta con gli altri detenuti, avvicinandosi ai testi del marxismo e cambiando radicalmente la propria collocazione politica. Insieme con Franco Basaglia, conduce la battaglia contro le istituzioni manicomiali e, con altri esponenti politici, tra cui Umberto Terracini, promuove la riforma del sistema carcerario. Nel 1971 scrive con Aldo Ricci un’inchiesta sulle carceri italiane che resterà un punto di riferimento nella sociologia della pena in Italia e collabora con università italiane, diventando sociologo di fama ed uno dei principali studiosi dell’emarginazione sociale.
Giulia Prete