Rapporto Fondazione Pera: Italia fanalino per occupazione femminile

9 marzo 2018 | 14:50
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Rapporto Fondazione Pera: Italia fanalino per occupazione femminile

Donne, madri e lavoratrici? Sì, no, forse. Questo, ma anche il rapporto tra coniugi, le distanze tra uomini e donne nel mondo del lavoro e molto altro, è stato al centro della giornata di studi organizzata dalla Fondazione Giuseppe Pera dal titolo Lavoro e famiglia. Un’occasione importante, organizzata insieme con l’associazione degli avvocati per la famiglia e i minori (Aiaf) e con l’associazione avvocati giuslavoristi italiani (Agi) all’indomani della “Giornata internazionale della donna”, per discutere della situazione delle donne lavoratrici in Italia. Negli ultimi 4 anni, l’occupazione femminile è cresciuta di 5 punti, raggiungendo il 48%. Un dato confortante solo in parte: ci sono, infatti, 13 punti percentuali di distanza dal dato relativo agli uomini lavoratori e 12 da quel 60% indicato come ottimale dalla strategia di Lisbona per il 2010. L’Italia, infatti, per l’occupazione femminile scivola al penultimo posto nella classifica europea, di poco sopra la Grecia, e molto distante dalla Germania, medaglia d’oro con il 70,8 per cento di donne lavoratrici. Si capisce, quindi, che l’essere donna, e soprattutto madre, nell’Italia del lavoro è ancora oggi una discriminazione. Un terzo delle donne, infatti, abbandona il lavoro dopo il primo figlio e solo 43 madri su 100 riprendono l’impiego dopo il parto. Le disparità europee non colpiscono solo le madri, ma anche i padri. Sono il 25% i papà tedeschi che fanno uso di forme di congedo parentale, percentuale che sale al 30% in Svezia e che crolla in Francia e in Italia, rispettivamente ferma all’11 e al 6,9 per cento.

L’esigenza, emersa anche durante la giornata di studi che ha visto la partecipazione di avvocati, consulenti del lavoro e addetti ai lavori, è di ripensare le forme di welfare dedicate ai bambini, agli anziani e ai non autosufficienti per consentire un rialzo delle percentuali delle donne, e madri, lavoratrici. Se da un lato sono state molte le innovazioni normative introdotte negli ultimi anni – dagli asili nido e ludoteche aziendali ai buoni per baby sitting, dal lavoro agile alle tutele per le lavoratrici autonome, fino ad una maggiore e più ampia tutela della formazione della famiglia -, il numero di donne che riescono a conciliare i tempi di vita e lavoro è ancora basso. La scarsa partecipazione al mondo del lavoro, infine, si ripercuote anche sui piani pensionistici. In Italia solo il 39,1% delle donne percepisce la pensione di vecchiaia: dato che trova riscontro anche in Toscana, con il 40,1%, e nella provincia di Lucca, con il 39,9%. Questo significa che la maggior parte delle donne italiane beneficia di pensioni non derivanti dalla loro storia contributiva (15,6% solo superstiti, 2,4% solo invalidità).