Giorno della Memoria, celebrazioni guardando al futuro

Tra ricordo e futuro. Inizia con l’inno nazionale e un minuto di silenzio la cerimonia per il Giorno della Memoria che si è svolta questa mattina (25 gennaio) a Palazzo Ducale. Il ricordo, celebrato con la consegna della medaglia d’onore ai parenti di Luigi Biagi, militare deportato in un lager nazista polacco durante la seconda guerra mondiale.
Il futuro, testimoniato dalla presenza dei ragazzi dell’istituto Passaglia, destinatari degli interventi del sindaco Alessandro Tambellini, della rappresentante della comunità ebraica di Lucca, Pisa e Viareggio Clara Wachsberger, del prefetto di Lucca Maria Laura Simonetti e del professore Nicola Barbato dell’istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea. Presenti, tra gli altri, il consigliere provinciale Lucio Pagliaro, il vicario dell’arcivescovo di Lucca Michelangelo Giannotti, il deputato Umberto Buratti, il procuratore della Repubblica Pietro Suchan, il sindaco di Massarosa Franco Mungai, i vertici locali delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco e i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma. Assenti le forze politiche d’opposizione.
“Voi ragazzi avete la missione di ricordare in quanto eredi della memoria – introduce il prefetto Maria Laura Simonetti – La memoria deve servire come stimolo per conservare un’Europa pacifica e democratica, per tutelare quei diritti che sono il frutto di un lungo lavoro, soprattutto in un periodo storico come questo, dove c’è la tendenza a considerare alcuni cittadini un po’ meno cittadini di altri, e alcuni esseri umani un po’ meno esseri umani di altri”.
La Giornata della memoria viene celebrata ogni anno il 27 gennaio in ricordo delle vittime della Shoah, delle leggi razziali, delle atrocità commesse dal nazismo e dal fascismo nell’indifferenza civile. Letta in questa chiave la Giornata della Memoria non deve essere una ricorrenza celebrativa ma un’occasione per riflettere sul futuro e sui nostri doveri. “Oggi si ricorda lo sterminio di milioni di persone che hanno perso la vita nei campi di sterminio – ricorda il sindaco Tambellini -. L’Italia non è immune da queste atrocità. Basta ricordare i campi di Fossoli, di San Sabba, di Coltano. Le leggi razziali del ’38, una delle grandi infamie del nostro paese. L’antisemitismo non nasce in quegli anni, non nasce in Italia, non nasce in Germania ma è radicato da secoli. Basti pensare che i protocolli dei Savi di Sion, tirati in ballo nella politica recente risalgono a fine Ottocento e dimostrano che c’è ancora bisogno della Giornata della Memoria”. I protocolli sono infatti una falsificazione propagandistica citata nei giorni scorsi dal senatore M5s Lannuti, in un post in cui accusava gli ebrei di controllare il sistema economico mondiale, a dimostrazione che quelli che dovrebbero essere tempi lontani tornano a essere temi caldi in tempi recenti. “Gli ebrei hanno pagato la fedeltà alla propria tradizione religiosa. Il voler mantenere la propria identità ha stabilito la loro condanna – continua il sindaco Alessandro Tambellini – Non sono solo gli ebrei le vittime di questa tragedia infame. Zingari, disabili, oppositori, tutti coloro che erano diversi da un’idea di razza pura. Siamo qui per far sì che ci si fermi un attimo a guardare l’altro. Ognuno di noi è vita, ognuno di noi è storia. Il confronto rispettoso con l’altro, anche a livello politico è stata una delle grandi conquiste dell’umanità, una conquista che si sta sgretolando. Il negazionismo non deve avere successo, dobbiamo tenere alto il nostro livello di coscienza e mantenere saldi i principi di un’Europa pacifica e democratica”.
Il Giorno della Memoria è l’occasione per parlare di Europa e futuro, come ci ricorda Clara Wachsberger, rappresentante della comunità ebraica e consigliera dei Figli della Shoah. “L’antisemitismo è in aumento in tutto il mondo – ci tiene a ricordare Clara Wachsberger – Questo zoccolo duro che non riesce a essere smantellato. È il famoso ‘sì… ma’ difficile da sradicare, anche nelle persone a noi vicine”. Clara si rivolge agli studenti e, nella commozione, lascia un briciolo di speranza. “Nelle testimonianze di mio papà, internato assieme a mia mamma nei campi di concentramento, e nelle testimonianze di molti altri si parla dell’umanità delle persone, soprattutto in Italia, che hanno aiutato gli ebrei in quel tragico momento – racconta la rappresentante della comunità ebraica -. I cittadini sono la prima ricchezza dell’Italia”.
La parola passa poi a Nicola Barbato dell’istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea, che ricorda Luigi Biagi e le sofferenze degli internati militari italiani che fino alla fine hanno detto ‘no’, mettendo a rischio ogni giorno la loro vita. “Sono 810 mila gli ufficiali e i soldati italiani finiti nei lager dopo il deterioramento delle truppe regie. Schiavi dell’industria bellica tedesca hanno vissuto in isolamento, tra fame e malattia. In 650 mila hanno detto ‘no’ all’arruolamento nelle truppe della Rsi, continuando a subire quelle torture per mesi e cercando, in alcuni casi, di boicottare le produzioni del Reich. Qui matura la coscienza antifascista. 50mila morti. Al ritorno in Italia nel ’44 un paese diffidente che ha chiuso le loro storie nel silenzio”.
Tra gli internati Luigi Biagi, militare di Massarosa deportato in un campo di concentramento in Polonia il 9 settembre del 1943. Ed è proprio ai figli di Luigi Biagi, eredi della sua memoria, che questa mattina le autorità hanno consegnato la medaglia d’onore. I ragazzi del Passaglia, prima di vistitare la mostra Disegna ciò che vedi. Helga Weissova: da Terezin i disegni di una bambina, hanno letto alcuni brani sul tema della Shoah, perché memoria vuol dire anche futuro.
Jessica Quilici