Apre Museo della follia. Sgarbi: Lucca città del cuore






“Entrate ma non cercate un percorso. L’unica via è lo smarrimento”. È con queste parole che si viene accolti all’interno del Museo della follia, che aprirà al pubblico domani (27 febbraio) all’ex Cavallerizza. Stamattina la mostra itinerante curata da Vittorio Sgarbi è stata presentata alla città nella chiesa di Santa Caterina, gremita come non mai. La mostra, realizzata da Cesare Inzerillo, Sara Pallavicini, Giovanni Lettini e Stefano Morelli è un inno a superare le “forme” che ci costringono nella vita di tutti i giorni per abbracciare la “pura luce bianca” della vita vera. Un percorso eterogeneo di oltre 200 opere tra dipinti, fotografie, sculture, oggetti e installazioni multimediali. “Perché Lucca? Perché per me è più importante della mia città natale – ha detto Vittorio Sgarbi illustrando la mostra – Nell’integrità sacra della città ho trovato delle occasioni uniche. Il mio primo libro letto da lettore libero è stato Tobino. A 9 anni”.
“Questo è un museo ansioso, inquieto – spiega il critico d’arte narrando la genesi di questa esposizione – Dopo lo scioglimento per mafia del comune di Salemi durante la mia sindacatura (nel 2012, ndr), un provvedimento ingiusto, eravamo rimasti senza casa. Trovammo allora una nuova collocazione a Matera che all’epoca stava iniziando la propria corsa per diventare capitale europea della cultura. Il museo trovò la sua sede ideale all’interno dei sassi. Una location molto stimolante e particolarmente adatta. Dopo 6-7 mesi a Matera, con un crescente interesse, la mostra si spostò poi a Mantova che dopo pochi mesi divenne capitale italiana della cultura e poi all’Expo di Milano. Singolare che il Museo della follia all’Expo si trovasse all’interno del palazzo della ragione. Possiamo quindi dire che la mostra porta bene alle città che la ospitano e spero che sia così anche per Lucca”.
Sgarbi spende parole al miele per la città delle mura: “Appena presa la patente, a 18 anni, presi la macchina e venni a Lucca per vedere Ilaria Del Carretto di Jacopo Della Quercia. Mentre ero qui, di notte salivo sulla torre Guinigi per ammirare la città. Qui ho provato le mie prime emozioni legate all’arte e alla bellezza”.
Il critico d’arte poi passa a spiegare il senso della mostra: “Noi siamo prigionieri delle forme e ci adattiamo ad esse. C’è chi trova consolatoria questa condizione e chi riesce a raggiungere anche posizioni apicali nella vita di tutti i giorni ma quelli che raggiungono la vita piena sono gli artisti, coloro che fuggono dalle forme imposte. Ancora superiori agli artisti ci sono i folli: tutti noi sappiamo nel nostro cuore che il più grande pittore di tutti i tempi è stato Van Gogh perché ci rendiamo conto che lui, come altri, ha superato il muro delle barriere fisiche che ci ingabbiano. Lui vedeva cosa che noi non vediamo”.
Grande soddisfazione per l’arrivo a Lucca del Museo della follia è stata espressa anche dal sindaco Alessandro Tambellini e dall’assessore alla cultura Stefano Ragghianti: “La mostra è davvero di grande interesse e si integra perfettamente con la storia della nostra città – afferma il primo cittadino – Qui infatti abbiamo avuto uno dei più grandi manicomi d’Italia, attivo già nel 1500. E poi abbiamo l’opera di Mario Tobino, il primo in Italia a raccontare la condizione dei malati psichiatrici. Siamo fieri di essere parte di questo museo itinerante e ringrazio Vittorio Sgarbi per quello che ha fatto”.
“Quando ho visto il catalogo della mostra di Napoli ne sono stato subito colpito – ha aggiunto l’assessore Ragghianti – Ne ho parlato subito con il sindaco e siamo subito stati d’accordo che la mostra sarebbe dovuta venire a Lucca e stare li dov’è, cioè alla Cavallerizza. Non si tratta solo di una mostra: c’è anche una ricca documentazione scientifica. Sono sicuro che saranno molti i temi di riflessioni e di dibattito che questa esposizione susciterà”.
Componente importante del museo è – e non poteva essere altrimenti – quella rappresentata dal lavoro di Mario Tobino. Alla presentazione di questa mattina è intervenuta Isabella Tobino, nipote dello psichiatra e presidente della fondazione che porta il suo nome: “Quando sono stata contattata dallo staff del museo mi sono subito sentita come a casa – racconta – Per la Fondazione questo è un’occasione di grande risonanza: noi portiamo avanti il ricordo di quello che fu l’ospedale di Maggiano, durante la mostra sarà infatti possibile leggere alcune lettere scritte dagli ospiti della struttura. Grazie all’opera di mio nonno, Maggiano era una delle strutture più all’avanguardia nella cura dei malati psichiatrici: lì si faceva già pet teraphy e si svolgevano laboratori legati alla musica e all’arte. Il desiderio di Tobino era quello di far conoscere al mondo cosa succedeva all’interno dei manicomi, aprendo una finestra anche sui momenti più violenti”.
“Mi ha molto colpito – conclude Isabella Tobino – che la sezione dedicata a Tobino sia stata messa proprio di fronte a quella dedicata a Basaglia (il firmatario della legge che nel 1978, chiuse i manicomi). Credo che il dualismo che spesso si pensa ci sia stato tra i due debba essere superato. Tobino aveva a cuore i propri paziente e temeva per la loro vita una volta usciti dal manicomio. Credo che uno dei messaggi più importanti che ci abbia lasciato sia quello della necessità di superare lo stigma della follia e di come le persone con problemi pschiatrici non siano da respingere ma da accogliere e amare”.
Tra i numerosi partner che hanno voluto sostenere questa iniziativa c’è anche il noto chef e volto televisivo Cristiano Tomei: “Sono onoratissimo di essere stato coinvolto in questo progetto – dice lo chef – la mia famiglia ha avuto casi di malattie psichiatriche e io personalmente ho fatto il volontario a Maggiano: le immagini che ho visto me le porto ancora dentro. La follia è fondamentale per dare benzina alla creatività: non è altro che uscire dal contesto sociale e infrangere anche qualche regola. Credo che la follia sia un elemento necessario per sopravvivere in cucina. È un ambiente duro dove ci si mette sempre in discussione“.
La mostra. L’esposizione si articola in diverse sezioni: il percorso si apre con i dipinti e le sculture di grandi maestri della storia dell’arte internazionale come Silvestro Lega, Fausto Pirandello, Antonio Ligabue, Francis Bacon, la cui mente, attraversata dal turbamento, ha dato forma ad un’arte allucinata e visionaria. Si prosegue poi con gli stereoscopi: supporti attraverso i quali il visitatore viene trasportato nell’ex ospedale psichiatrico di Mombello. Qui ha trascorso diversi anni della sua vita l’artista Gino Sandri, le cui opere si alternano in un corridoio di emozioni. Gli fanno da eco esperienze di altri artisti che, come lui, dentro ai manicomi hanno vissuto, scolpito e dipinto: Tarcisio Merati, Fiore, Pier Paolo Pierucci e Carlo Zinelli, i cui coloratissimi dipinti sono in dissonanza con le opere più intime e spirituali di Venturino Venturi, e insieme compongono un coro di voci giocose e al contempo tragiche, a metà strada tra fiaba e turbamento.
L’esposizione prosegue poi con le fotografie di Fabrizio Sclocchini che mostrano l’ex manicomio di Teramo. Immagini poetiche che riportano in vita quei luoghi oggi abbandonati e sospesi in un tempo che non c’è più.
Si arriva poi alla stanza dedicata a Mario Tobino che riprende gli alloggi in cui lo psichiatra aveva scelto di vivere all’interno del manicomio di Maggiano dal 1942 al 1980, insieme ai suoi 1040 malati, per dividere con loro la vita e i sogni.
Il percorso espositivo comprende anche alcune video installazioni, tra cui i monologhi di Raffaele Morelli La follia ci difende dal diventare aridi e di Paolo Crepet Arte Libertà Follia Dolore. Da Mario Tobino a Franco Basaglia e altri interessanti documentari tra cui un estratto dell’inchiesta condotta dal Senato sugli ospedali psichiatrici giudiziari.
Tra le novità della versione lucchese della mostra c’è anche un calcio balilla gigante, a testimonianza della principale attrazione ludica presente nella maggior parte dei manicomi. Assume dimensioni colossali anche un apribocca che si trova posto in relazione al dipinto L’adolescente di Silvestro Lega del quale sembra rompere il silenzio.
La mostra di Lucca si arricchisce di nuove presenze legate alla storia dell’arte internazionale come la pittrice italiana Juana Romani, protagonista della Parigi bohémienne di fine Ottocento, morta in un manicomio francese nel 1923.
La mostra prosegue poi con una selezione di opere d’arte eseguite dal 1700 fino ai giorni nostri, per un viaggio pensato per chi ha voglia di lasciare da parte la ragione per qualche istante ed abbracciare, finalmente, la follia.