Suonare ad Auschwitz, un progetto del liceo Passaglia

1 marzo 2019 | 10:20
Share0

Non ci sono frontiere nella musica. Per farsi portare via dalle note basta ascoltare. Chiunque può farlo: è sufficiente un po’ di attenzione. Predisporsi, insomma, ad accogliere un’emozione, una qualunque. È nella possibilità di questa connessione che abita il mistero e il fascino del linguaggio universale della musica. Un fil rouge che può unire anche al di là del tempo, per portare nuovi significati laddove il senso di ogni umanità è stato perso. Come Auschwitz. È lì che la IV M del liceo musicale Passaglia andrà, tra un mese esatto (1 aprile), accompagnata dall’insegnante di inglese, Lucia Marcacci, e da quella d’italiano, Morena Moncini. E di fronte al campo di sterminio, nel cortile esterno, i ragazzi suoneranno. Inediti composti da loro e brani strumentali di tradizione: ma non sono del tutto sicuri di riuscirci. Temono un po’ che l’impatto emotivo sia troppo forte per garantire loro la concentrazione che eseguire musica richiede.

È una bella classe, la IV M. Diciassette giovani, per lo più non ancora maggiorenni, consapevoli che la memoria richieda l’esercizio, il fare. Il progetto, che chiunque può ancora sostenere sulla piattaforma di crowdfunding Produzioni dal basso per alleggerire i costi ai ragazzi, ha iniziato a prendere forma l’anno scorso, in concomitanza con l’80esimo anniversario dalla promulgazione delle leggi razziali. “Da allora – raccontano – abbiamo iniziato a conoscere quello che è stato. Abbiamo incontrato più volte i volontari dell’Anpi, ma anche testimoni diretti della discriminazione antisemita. Ci siamo aiutati con libri e film, da Se questo è un uomo a Schindler’s list, da Il bambino con il pigiama a righe a Train de vie”. E poi si sono confrontati tra loro, a lungo.

La IV M è una classe che sta nel presente: dialoga, litiga, si confronta su quello che avviene là fuori, oggi come ieri: “Dobbiamo prestare attenzione ai fatti, accorgerci dei cambiamenti anche minimi, anche solo lessicali. Stabilire relazioni, farci delle domande sempre. Tra il 1938 e il 1945 una parte enorme della popolazione europea è scomparsa e nessuno se ne è reso conto. Questo progetto – spiega la IV M – ci sta insegnando che la memoria è mattone irrinunciabile per una vita consapevole. Come uomini, donne, cittadini e cittadine”.

Una riflessione che inevitabilmente conduce all’oggi, alla chiusura dei porti, alla costruzione dei muri, ai campi di concentramento libici e alle violazioni dei diritti umani: “Non si chiudono le porte in faccia a chi cerca di salvarsi la vita”. È perentoria la posizione dei ragazzi, che continuano: “Siamo noi occidentali i responsabili delle condizioni di vita dell’Africa. Abbiamo colonizzato e sfruttato le risorse di quel continente. A Lampedusa arrivano persone da situazioni di guerra, di estrema povertà: quando le respingiamo, dove va a finire il nostro senso di umanità? Se ancora oggi permettiamo che succedano queste atrocità, significa che Auschwitz non ci ha insegnato ancora niente e che fare memoria è un impegno da tenere vivo più che mai. Tutto parte dall’uso che facciamo delle parole: i giornalisti, in questo, hanno una grande responsabilità. Per esempio – spiegano – troviamo assurdo titolare scrivendo che a compiere un furto è stato uno ‘straniero’, un ‘tunisino’, un ‘arabo’. La notizia è il colore della pelle del ladro o il furto? È attraverso questo linguaggio che i semi dell’intolleranza crescono e diventano rampicanti tentacolari. Pensiamo che fare informazione voglia dire anche fare formazione, facilitare cioè le persone a comporre il proprio pensiero critico esponendo fatti non viziati da pregiudizi”.

La IV M è una classe sveglia. Non è un caso che esprima i due rappresentanti d’istituto del musicale Passaglia. Complici gli insegnanti e le famiglie, che hanno agevolato ogni percorso di educazione civica che la classe ha voluto intraprendere. “Ad Auschwitz – spiegano i giovani – porteremo una viola, due chitarre, un cajon, flauti dolci e clarinetti. Vogliamo, nel nostro piccolo, restituire alla musica la sua capacità di esprimere vita. Ci ha colpito molto sapere che mentre alcuni deportati marciavano verso le camere a gas, alcuni ebrei musicisti erano costretti a suonare. Un rituale macabro e terribile, che certo avrà fatto odiare la musica a quelle persone. Ecco, la nostra musica ad Auschwitz, invece, vuole portare pace e l’impegno del mai più”. La IV rimarrà in Polonia fino al 5 aprile e, se se la sentirà, documenterà il viaggio su Instagram e Facebook. Al ritorno, sarà organizzato un concerto della memoria, per ringraziare le persone che hanno deciso di sostenere il progetto (per farlo, clicca qui). “La musica è liberazione. Se ci mancheranno le parole per esprimere quello che avremo visto e sentito, speriamo di far arrivare il nostro messaggio attraverso le note”, concludono le ragazze e i ragazzi della IV M.

 La IV M racconta il progetto Suonando per Auschwitz

Elisa Tambellini