‘Interludio per chitarra sola’, lo spettacolo di Pardini al teatro Nieri

L’interludio per chiatarra sola di Stefano Pardini, in prima assoluta al teatro Idelfonso Nieri di Ponte a Moriano, stasera (31 maggio), alle 21,15. Lo spettacolo ha ottenuto la menzione d’onore al terzo Congresso letterario Teatro Aurelio con la seguente motivazione: per aver saputo affrontare in modo originale ed apparentemente leggero la tragica realtà dell’Olocausto e la traccia indelebile rimasta nella memoria dei sopravvissuti. Lo spettacolo fa parte della rassegna Chi è di scena!, organizzata dalla Fita. In vecchio palazzo che si affaccia sulla via principale del Ghetto Ebraico di Ferrara, per uno strano gioco di accadimenti, al limite del surreale, rivive, evocato, il dramma atroce della Shoah e le inesauribili conseguenze che ha anche su chi quel dramma non ha vissuto direttamente. Regia di Viola Lombardi e Daniele Bertozzi.
L’uso della particolare tecnica del velario, permette di alternare materiale filmato e performance dal vivo; i filmati propongono scene della deportazione ma anche disegni dei bimbi internati nei campi di sterminio. L’interludio è una ninna nanna popolare che le mamme ebraiche cantavano ai figli mentre li accompagnavano verso la camera a gas con l’illusione di rendere meno spaventoso e doloroso quel momento. Una di queste madri è stata Ilse Weber. Ilse Webe, nata a Witkowitz nel 1903, scrisse poesie e fiabe per bambini fin da giovanissima, entrando a far parte del grande mondo intellettuale ceco. Come tutti gli ebrei cechi, era di lingua tedesca. Sposatasi con Willi Weber, Ilse si dedicò poi alla famiglia, pur senza interrompere la sua attività di scrittrice. Nel 1930 aveva già pubblicato tre fortunati libri di fiabe ed era divenuta una valente musicista. Patriota della sua Cecoslovacchia, diede al suo secondo bambino il nome di Tomáš in onore del presidente Masaryk. La Cecoslovacchia degli anni Trenta era un’isola di democrazia e un crogiolo di attività intellettuali, che spiccava nel panorama degli altri Stati dell’Europa orientale, sottoposti a regimi dittatoriali e caratterizzati dal prevalere dell’antisemitismo. Nel 1939, dopo l’occupazione nazista, i Weber decisero di mandare il primo figlio Hanuš in Inghilterra, affidandolo ad un’amica di Ilse, che lo avrebbe lasciato in Svezia a sua madre. Nel 1942, Ilse con il marito e il piccolo Tomáš furono deportati a Theresienstadt, il ghetto modello, da cui partivano i trasporti per Auschwitz. Qui Ilse fece l’infermiera nell’ospedale dei bambini, creando per loro e per gli altri prigionieri poesie e canzoni, suonando per loro il liuto e la chitarra. Nel 1944, Willi fu per primo deportato ad Auschwitz. Poco dopo anche Ilse e Tomáš furono inseriti in un trasporto all’Est. Sembra che Ilse abbia scelto volontariamente la deportazione per non abbandonare i bambini a lei affidati. E qui, insieme con loro, Ilse e Tomáš furono subito mandati alle camere a gas. Celebrando Ilse Weber vogliamo celebrare tutte quelle madri che, nel tempo, hanno dovuto accompagnare i propri figli lungo un cammino doloroso e spesso tragico, mascherando lo straziante dolore dietro faticosissimi sorrisi: le Madri dei Desaparecidos, le mamme dei profughi immigrati dei barconi della disperanza, ma anche le mamme dell’ospedale Gaslini, del Mayer o del Bambin Gesù, che, cantando le loro ninne-nanne, accompagnano i figli lungo gli ardui cammini della sofferenza. A tutte quelle madri è dedicato questo spettacolo. Con Fabio Belletti e Stefano Pardini, Daniele Bertozzi e la partecipazione di Viola Lombardi.