Greenaway a Lucca: “Così racconto ethos e thanatos”

29 giugno 2019 | 09:52
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Greenaway a Lucca: “Così racconto ethos e thanatos”

“Lucca è un bel posto in cui vivere e mi sembra un luogo ottimo anche per morire”: parola di Peter Greenaway, al solito un fiume in piena stamani (29 giugno) nel giardino esterno del Convictus. Gessato blu e sorriso sempre pronto, il 77enne regista britannico torna a parlare del suo prossimo lavoro, Lucca Mortis, annunciando che le riprese si svolgeranno in città tra settembre ed ottobre. Il cineasta, che si trova al Convictus dal 24 giugno (fino al 30 giugno) per un workshop con 15 creativi provenienti da ogni angolo d’Italia (organizzato da Lucca Experientia Artis), si muove agilmente tra trama e religione, aneddoti e battute, tessendo un discorso che, in ultima istanza, ha sempre a che fare con il qui e ora.

“A 77 anni – il dirompente incipit – mi avvicino all’evento più importante della mia vita: la morte. Allora la mia domanda è: possiamo avere una dipartita felice, nel 2019?”. Da questo assunto muove il nuovo film che vedrà il premio oscar Morgan Freeman come protagonista principale: “E’ l’archetipo dell’uomo saggio, che non perde mai la calma. Ho scritto la sceneggiatura appositamente per lui. Penso che sarebbe perfetto anche per interpretare Dio, che come sapete per i britannici altro non è che un gentleman inglese”. Nella pellicola l’84enne Freeman interpreta uno scrittore Newyorchese (il film si apre proprio a New York) chiamato a fare i conti con la propria esistenza. “Parliamo di morte, ma non è uno zombie movie”, scherza il regista. La definizione esatta è quella di un talking movie: “I personaggi parlano per tutto il tempo, affrontando temi come il suicidio, l’eutanasia ed altri dilemmi morali. C’è però grande spazio per l’ironia, per la musica e per l’arte”.
Il film verrà girato per il novanta per cento a Lucca, tra settembre e ottobre prossimo: le altre location saranno New York, Firenze, Pompei e Carrara: “Vorremmo fare una scena in cui i personaggi arrivano a cavallo alle cave di marmo”, precisa Greenaway.
Per lui “ethos e thanatos restano gli elementi più importanti della vita. Tutti quanti nasciamo da una copulazione e tutti quanti dobbiamo morire, un giorno”. Non c’è spazio, in questa visione, per un qualche misticismo: “Penso che la Bibbia abbia una bella trama e sia davvero piena di personaggi – il suo punto di vista sulla questione – e credo che il Vaticano faccia cose belle in Africa, ma a parte questo ritengo che non ci sia proprio nulla dopo la morte. Darwin, in fondo, è stato chiaro in merito. Non esiste un vero significato per la vita: solo noi possiamo cercare di trovarlo, facendo quello che amiamo. Cosa resta senza la fede? Tutto quanto”.
Lucca Mortis, spiega Greenaway, è un titolo che diventa quasi assonanza con il Rigor Mortis. “Parliamo molto di quello che succederà al momento del nostro addio a questo mondo – continua – ma con leggerezza. Dio? Se esistesse, per me sarebbe una figura estremamente razionale”. Il regista ha appena terminato una pellicola intitolata Il chiodo mancante, incentrata sulla crocifissione di Gesù: “A cinque anni – racconta – mia figlia mi ferma e mi chiede perché Gesù avesse due padri. Una bella domanda, io ho provato a rispondere”.
L’artista gallese (lo dimostra snocciolando incomprensibili frasi in dialetto, ndr) si lascia poi andare, confessando di preferire di gran lunga i musei al cinema: “Lì entri e puoi decidere te quanto stare e cosa fare. Al cinema no: è qualcun altro che sceglie cosa ascolti, cosa vedi e per quanto tempo. L’ultimo film visto in poltroncina? Blue Velvet di David Lynch”.
Quindi un fugace riferimento all’attualità, perché il film si apre con una bambina lasciata al convento di San Francesco (la nonna del protagonista, ndr): “È sempre triste vedere bambini in difficoltà abbandonati a sé stessi, ma oggi c’è chi pensa solo a costruire muri, come Trump. Non è però il caso di guastarci la giornata parlando di lui: ci vediamo qui a settembre”.