Storie di migranti nella mostra di foto all’atelier Atoa

Si intitola Dov’è casa mia? la mostra fotografica che da domenica (1 settembre) all’Atelier Atoa in via della Zecca mostrerà la quotidianità, la forza e il carisma di due giovani ragazzi africani – Mikel e Hassane – che dopo un lungo e doloroso viaggio si sono trasferiti nella nostra città. Una storia di sacrifici ma anche di rivincita quella raccontata grazie a due amiche del cuore di Lucca, Irene Paolinelli e Flora Del Debbio, entrambi studentesse magistrali di marketing e architettura, che hanno curato la mostra. L’evento partirà alle 18,30 con un aperitivo al quale seguirà la presentazione del progetto fotografico con intervista ai due ragazzi e che terminerà con un dibattito sulla tematica.
“Abbiamo conosciuto i ragazzi circa 2 anni fa, facendo volontariato come insegnanti di italiano nella scuola per immigrati Penny Wirton Lucca – spiegano le curatrici della mostra, amiche fin da ragazzine – da quel momento siamo sempre rimaste in contatto con loro, anche a distanza da Lisbona”.
Ma vediamo chi sono i due protagonisti della mostra: Mikel Jatta, 21 anni proveniente dal Gambia, attualmente gioca a calcio nella squadra Castelnuovo Garfagnana, categoria Eccellenza e sta facendo un tirocinio presso la ditta Paif canalizzazione, a Guamo. Hassane Djitte, invece, 24 anni, proveniente dal Senegal, attualmente sta frequentando la classe terza alle scuole serali della scuola Isi Pertini e sta facendo lo stage in un’azienda che si chiama lunica srl, inoltre è volontario della misericordia.
I due ragazzi sono arrivati a Lucca per la prima volta tre anni fa. Giovani con storie diverse ma molto simili, con tante ambizioni e una grande forza di volontà, desiderosi di dare un senso alle proprie vite. Sono due ventenni coraggiosi e orgogliosi del proprio percorso, costantemente divisi e uniti da due culture, avendo trascorso ormai tre anni lontani dal loro paese di origine.
“Nella semplicità dei loro gesti e della loro quotidianità abbiamo ritrovato e indagato il concetto franco e intimo di casa – spiegano le curatrici della mostra – Le nostre case hanno mille volti e mille nomi, sono sensazioni, colori, visi, profumi, ricordi che trascendono l’idea delle quattro pareti fisiche entro cui teniamo le nostre cose. Siamo figli di una generazione che raramente sa rispondere in modo diretto alla domanda ‘Dove ti senti a casa?’. In questa società in continuo movimento, che si rimescola, che accoglie l’altro e lo fa suo, il concetto di casa in senso fisico perde di significato e assume i tratti di un qualcosa di evanescente, labile, vacillante, forse persino limitante”.
“La casa – spiegano – rappresenta così uno spazio di individuazione attraverso cui la persona si definisce e si dà confini, appartenenza e identità. È il luogo in cui in cui ci si sente al sicuro e contenuti, è espressione di sé, ma è anche spazio vitale. E ogni luogo, fisico e non, concorre alla narrazione della propria storia e del proprio ‘viaggio’, diventa un rifugio, in cui ci si possa spogliare delle sovrastrutture ed essere se stessi. Le immagini scattate dai ragazzi, sono un modo per mostrare una prospettiva sulla loro ricerca di identità e i luoghi in cui hanno saputo definirsi, in cui si sentono rappresentati. Attraverso il loro punto di vista, ci permettono di entrare nell’intimità della loro storia, in quello che per loro è rifugio”. “Ci mostrano i loro affetti e ciò che amano fare più di ogni altra cosa – concludono – ci trasportano a passeggio nella loro strada preferita, o ci trasmettono la sensazione di riposare all’ombra di un albero durante una giornata di sole. È nei loro sorrisi che noi ci sentiamo a casa”.
L’evento è a ingresso gratuito.