Dall’amore alla scrittura, la vita di Maria Scatena diventa un libro

4 dicembre 2019 | 10:28
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Dall’amore alla scrittura, la vita di Maria Scatena diventa un libro

Un’infanzia contadina, la gioventù in manifattura e la guerra, la fame, la paura, l’amore per Vittorio, i figli e quel sogno nel cassetto di fare la giornalista. È una storia di amore e sacrificio, di attesa e dignità, di coraggio e generosità. È la vita di una bimba che amava la scuola: “Mi piaceva l’italiano, le letture, la storia”. Che voleva continuare a studiare “ma purtroppo c’era da andare a lavorare nei campi”.

Quella bambina si chiamava Maria Scatena: contadina, operaia, moglie, madre, nonna ma soprattutto una grande donna, che alla soglia dei novant’anni realizza il sogno di scrivere. Lei che voleva raccontare le storie della gente, quadernetto dopo quadernetto racconta la sua autobiografia: una storia intima e personale ma anche universale, quella del ‘900. Una storia nella storia: I valori della vita.

“Sono nata piccola contadina, in un paesino di campagna, il 24 maggio del 1921 da papà Tommaso e mamma Elide, due grandi genitori – racconta -. Oggi 8 gennaio 2011, ho deciso di parlare della mia vita. Ero tanto felice, ricordi di una bambina. La mia famiglia era grande, eravamo in diciotto fra genitori, nonne, zie e nipoti. Eravamo tanto felici”.

Maria Scatena nasce a Colognora di Compito, frazione di Capannori, il 24 maggio 1921. Si sposa con Vittorio Giovannetti e vive alla pieve fino al 1961, quando al ritorno del marito dal Canada, si trasferisce con tutta la famiglia a Pontetetto dove gestiscono un’attività commerciale. Quasi un secolo di vita, attraversata dalla guerra, dalla lontananza del marito, dal duro lavoro nei campi e nella Manifattura Tabacchi di Lucca, dalle difficoltà quotidiane di crescere tre bambine da sola, con le sue forze: quelle figlie che con il fratello Marco, sabato (30 novembre) al polo culturale Artemisia di Capannori hanno presentato insieme all’assessore Giordano Del Chiaro e alla scrittrice Marisa Cecchetti, il diario della madre: diario di un’esistenza semplice, autentica, solidamente ancorata a valori fondamentali. La testimonianza di una saggezza antica e profonda, che crede nella vita conquistata con pazienza e coraggio, nei legami sinceri e solidi, costruiti nel tempo con rispetto e generosità: quelli su cui Maria ha fondato la famiglia, trasmettendoli a nipoti e pronipoti.

“Siate forti e coraggiosi – diceva loro – pregate mettendo sempre al primo posto la salute. Abbiate pazienza e non vi scoraggiate. Anche ai miei tempi si doveva lottare con la vita. C’era la guerra, la miseria, papà che dovette partire per cercare un lavoro. Ma noi si sperava sempre in un futuro migliore”.

I valori della vita è nato quasi per gioco un giorno dei tanti trascorsi da Maria in casa: Vittorio se n’era andato da poco, sprofondandola nei ricordi di un’intera vita al suo fianco. “Mamma, perché non scrivi questi ricordi?”, le ha detto un giorno la figlia Gabriella, cercando di appigliarsi a quel sogno da ragazzina di fare la giornalista. Si tirò subito indietro: “Non posso farlo! Mi tremano le mani! Mi sarebbe piaciuto eh…”.

Ma dopo un po’, complici dei quadernetti sul comodino, Maria è diventata davvero una giornalista. “Era un giorno – racconta Gabriella – in cui non potevo andare da lei, e la sentii per telefono: ma era tranquilla, aveva l’aria serena. Mi disse ‘Va bene, va bene… non importa che tu venga, ma ce l’hai un po’ di tempo per ascoltarmi?’ Si mise a leggere queste cose e sono crollata… ‘Ma ci sei?’ chiese. Ero dall’altra parte che piangevo”, ricorda Gabriella emozionata.

D’altronde, la storia di Maria è anche quella dei suoi figli Franca, Rosella, Gabriella e Marco, e dei tantissimi nipoti e pronipoti, presenti lo scorso 30 novembre al polo Artemisia con amici e conoscenti. I valori della vita è infatti l’humus di una famiglia e di un paese, Colognora, ma anche una fotografia del ‘900: una vera e propria testimonianza storica della forza delle donne, che da angeli del focolare, con la guerra sono diventate assi portanti della famiglia. “Leggendo – spiega Marisa Cecchetti, curatrice del testo – mi sono accorta che le donne hanno avuto delle forme di eroismo grandiose. Hanno raccolto sacrifici, lavoro, assenze: con una grande dignità e senza lamentarsi mai. Forse ora stiamo un po’ dimenticando questo eroismo privo di vittimismo. Sicuramente dobbiamo imparare ancora molto da Maria Scatena”.

Fotografia del passato, ma anche spunto di riflessione sul presente. Questo libro è infatti un monito a camminare sulle proprie gambe con consapevolezza e responsabilità, proprio come ha fatto l’autrice. “Maria ci ha posto degli interrogativi sulla mancanza di confronto e dialogo – spiega Giordano Del Chiaro, assessore del comune di Capannori -. Ci interroga sul senso di smarrimento, sulla paura di svelarci come siamo, con autenticità e senza conformismo. Sulla frenesia di vivere e la vanità dei nostri obiettivi -spesso superficiali e senza valore-, dimenticandoci invece di quello che conta. Ci ricorda di non dimenticare il secolo passato, perché solo la memoria può salvarci dai suoi errori. Non bisogna scordare chi ha lottato per il nostro presente”.

Un presente di cui Maria spesso si dispiaceva. “Le stagioni – scrive – una volta erano diverse. Quando arrivava la primavera vedevi l’erba nei campi che cominciava a verdeggiare, si sentivano gli uccellini cinguettare. Il grano lo vedevi crescere sotto gli occhi. Gesù ci aveva donato quattro stagioni ma ora non ci sono più. Ricordo quei giorni caldi d’estate quando i contadini dormivano sotto le piante per riposarsi. Si sentiva nell’aria il profumo di tutte le cose buone della campagna. Oggi il progresso ha rovinato tutto”.

Quel progresso per cui nel ’70 si è lottato tanto, conquistando diritti che oggi diamo per scontati, come lo studio. I coniugi Giovannetti su questo avevano le idee chiare: i loro figli dovevano studiare, consapevoli che solo la formazione poteva dare una possibilità ai contadini. “Per papà lo studio è sempre stato importante -ricorda Gabriella-. In Canada ha vissuto una vita avanti di decenni: case con tutti i confort, i ragazzi studiavano, c’era il progresso. Lui dovette sforzarsi per imparare l’inglese, e anche per superare quel senso di inferiorità culturale che sicuramente deve aver provato. Come tutti i nostri migranti, ora. Nelle lettere diceva a mamma che dovevamo studiare, perché con lo studio possiamo fare delle scelte, rapportarci agli altri, progredire” spiega.

Ma i tempi sono un po’ cambiati, e Maria se n’era accorta. Diplomi, lauree e altri titoli accademici: i ragazzi di oggi ne collezionano molteplici, rincorrendo sogni sempre più distanti, sviliti da una società che non valorizza le loro competenze. “Ciò che è servito alla mia generazione per crescere, adesso sembra insufficiente -osserva la scrittrice Marisa Cecchetti-. Abbiamo creduto nel benessere, invece la storia ci ha riportati indietro e i giovani sono in difficoltà. Bisogna però ricordare l’importanza della cultura -aggiunge con fermezza-: se crolla il valore dei titoli, quello della conoscenza non crollerà mai e Maria Scatena lo sapeva molto bene. Sapeva che se manca lo studio, la preparazione, la capacità critica di capire, non siamo che strumenti della volontà altrui: diventiamo un gregge da guidare ovunque. Chi non sa non si ribella, aderisce semplicemente alle idee del primo che capita, ma i nostri giovani preparati possono contrastare l’imbarbarimento culturale, la violenza e l’aggressività, che troppo spesso ci fa dimenticare il tempo in cui i migranti eravamo noi…”.

I valori della vita, edito dalla casa Giovane Holden (Viareggio), non è solo un libro, ma un prezioso scrigno di ricordi e testimonianze. È il racconto dell’amore per le cose semplici: le lucciole nei campi, il pianto delle pecorelle, la natura rigogliosa, i profumi delle stagioni. È la storia della tenacia e la determinazione di una madre, e di una grande, numerosa e unita famiglia. È l’affresco di un passato complesso e di un presente contraddittorio, ma infine e soprattutto, l’autoritratto di una ragazza innamorata della vita e di Vittorio, il suo unico, grande amore.

Accadde una sera d’estate, era domenica: c’era una festa in paese, si ballava e cantava al suono della fisarmonica. “Una mia amica mi disse: ‘Maria, guarda quel ragazzo lì che occhi che ha’. Io mi girai, lo guardai, era bello. Non avevo mai visto un uomo così. Mi chiese di ballare, come potevo dirgli di no, capite? Non capivo più niente, non facevo altro che guardare i suoi occhi che brillavano. Ci si intese subito e fu il grande amore. Un giorno – continua l’autrice – ricordo che mi arrivò una lettera dove Vittorio si dichiarava. Non posso più dimenticarla: ‘Stamani dal mio piccolo lettuccio vedevo sorgere i primi raggi di sole che sorridevano verso di me e io sorridevo verso di lei. Con la presente dichiarazione per raccogliere il primo effetto d’amore. Ah, signorina Maria, se lei fosse il mio primo amore vorrei augurarle rose e viole. Arrivederci tesoro aspetto sua risposta. Suo Vittorio”.

Se leggerete l’autobiografia di Maria, ne conoscerete i valori. Credeva nell’onestà, nella fermezza, nella determinazione verso i propri obiettivi. Nella voglia di lavorare ma anche nella gioia di vivere; nell’amore per la famiglia, nella fedeltà, nella fede.

“Ringrazio con affetto Marisa Cecchetti, che ha capito il valore di questo testo, e Miranda Biondi e Marco Palagi, della Giovane Holden: persone speciali, che mi hanno accompagnato in questo bellissimo progetto. Ringrazio infine tutte le persone che hanno sostenuto me, le mie sorelle Franca e Rosella e mio fratello Marco. Un caloroso abbraccio infine ai nostri familiari e a tutti coloro che conoscevano Maria per essere qui, oggi, dove solo qualche anno fa sedeva anche nostra mamma. Vi ringraziamo di cuore per la vostra presenza e l’affetto dimostratoci”, concludono i fratelli Giovannetti fra gli applausi di un pubblico commosso, seguiti dalla chitarra di Antonio.

Foto di Pierangelo Pietrini