Maria, nuova vita con l’ebraismo: “Ora voglio difendere le minoranze”

27 gennaio 2020 | 13:53
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Maria, nuova vita con l’ebraismo: “Ora voglio difendere le minoranze”

Aspirante avvocato lucchese si converte e diventa attivista Lgbt: “La mia religione? C’è ancora chi ha tanti pregiudizi”

Ebrea, capelli rossi, attivista Lgbt e studiosa dei diritti dei migranti. Nell’antichità sarebbe stata trattata come una strega, negli anni ’40 del Novecento, invece, sarebbe quasi sicuramente stata deportata nei lager. E oggi? A settantacinque anni dalla liberazione dei campi di sterminio nazisti, in un periodo storico in cui si respira ancora razzismo e omofobia, vogliamo raccontarvi la storia di Maria, giovane donna lucchese che, nonostante mille difficoltà, porta avanti con energia e determinazione le sue passioni e la sua coloratissima identità.

Amante dei gatti, della giustizia e con una risata molto contagiosa, Maria – da poco laureata in giurisprudenza – si è convertita alla religione ebraica nel periodo dell’adolescenza, una scelta complessa che le è costata non pochi sacrifici: “Per me è un po’ difficile parlare di questa mia scelta – racconta Maria –. La vita mi ha dato modo di conoscere tante persone e luoghi diversi, facendomi avvicinare alla cultura ebraica. Mi sono resa conto che quello era il mio posto: mi era tutto così familiare, quella cultura, quel credo, persino la loro musica faceva parte di me. Quella ero io. Non è stato affatto semplice: oltre alla burocrazia e allo studio dell’ebraico, ho trovato ostacoli soprattutto nelle persone. Studiare l’ebraico non mi è mai pesato in realtà, mi piaceva, mi appassionava, quindi l’ho fatto sempre volentieri. Ma non nascondo che a volte mi sono buttata un po’ giù. Gli ebrei non spingono mai a farti convertire alla loro religione, non ti verrebbero mai a dire ‘noi siamo migliori degli altri, unisciti a noi’. A loro non importa, ma se gli dici che vuoi far parte del loro ‘mondo’ vogliono che tu ne sia profondamente convinta. Devi essere legittimata, un passo dopo il quale non si può più tornare indietro. E’ stato un percorso molto tortuoso, come ottenere una cittadinanza. Essere ebrei non è solo un credo, una religione, è una vera e propria identità. Se un giorno io o qualsiasi altra persona decidessimo di allontanarci da Dio, di tornare a mangiare il maiale, di scegliere altre strade, resteremmo comunque ebrei. E’ un patto, un’identità che rimane a vita. Irreversibile”.

Un marchio a fuoco sulla pelle arrivato dopo il “battesimo”, che Maria ha deciso di fare a Londra: “Quel giorno è stato quasi comico – racconta – la cerimonia prevede che devi entrare completamente nuda in una vasca piena di acqua naturale, solitamente viene usata quella piovana o quella del mare. Non puoi indossare nemmeno le lenti a contatto, tanto meno gli occhiali, e una volta in vasca devi recitare versetti scritti in ebraico. Io non riuscivo a vedere quasi niente, riuscivo a leggere a stento, è stato buffo: c’era persino chi mi suggeriva”.

Una vita passata sempre in mezzo a due fuochi, quella di Maria: “Quando dico di essere ebrea solitamente la gente reagisce sempre in due modi distinti, è brutto dirlo ma dipende sempre dall’ambiente politico che si frequenta. C’è chi associa sempre e solo la mia religione all’Olocausto, chi invece comincia a parlare dello stato di Israele. Non nascondo che a volte mi sono trovata in situazioni critiche e che avrei tanto voluto andar via, abbandonare certe conversazioni. Anche appartenere alla comunità Lgbt mi ha fatto parecchio soffrire: essere profondamente credente non si concilia affatto con l’altro mio modo di essere. Due parti di me così lontane una dall’altra. Senza dimenticare che anche la comunità Lgbt ha molti pregiudizi su Israele. In questi ultimi anni mi sono dovuta mettere spesso in discussione, mi ha fatta stare molto male ma è stato anche importante per la mia crescita personale. Mi sono molto arricchita, ho dovuto lavorare molto su di me. Mi sono avvicinata all’attivismo Lgbt, in particolare all’associazione LuccAut, quasi per lo stesso motivo per cui sono diventata ebrea: ho sentito che quello era il mio posto, che dovevo battermi, che dovevo impegnarmi e mettermi in gioco. Adesso mi occupo dell’ organizzazione delle iniziative e mi hanno proposto di fare consulenza legale, oltre a quella psicologica. In futuro chissà”.

“Non ho mai avuto particolari problemi con la mia religione, ciò che mi manca a Lucca forse è una comunità più numerosa: devo sempre spostarmi per parlare o condividere il mio credo, anche le feste le passo sempre fuori casa. Ma non mi lamento, mi adatto”.

Laureata in giurisprudenza, Maria, anche se il futuro ha ancora diverse nuvole, sogna di diventare avvocato e di difendere le minoranze, in particolare i migranti: “In questo momento sto facendo il servizio civile in un centro di accoglienza e sto studiando per diventare avvocato, specializzandomi sul diritto in materia di immigrazione – spiega Maria – E’ buffo aver a che fare con gente che litiga con i vicini di casa, col condominio. Le persone ritengono ingiustizie anche le cose più banali, poi ti ritrovi a parlare con un migrante che ha passato mesi in una prigione della Libia…beh, io voglio battermi per quelle, di ingiustizie. Ho bisogno di stimoli più grandi”.

“Il Giorno della memoria? Sicuramente una data importante che serve a non dimenticare ciò che è avvenuto, ma sinceramente ho avuto sempre sentimenti contrastanti in merito a questo tema. Credo che sia una ricorrenza necessaria ma, soprattutto negli ultimi anni, che sia stata sempre un evento molto forzato: far vedere per forza film cruenti ai bambini piccoli, eventi, troppi, di ogni tipo…L’unica iniziativa che apprezzo davvero tanto, al quale partecipo da tempo, è la Run for men: una corsa che attraversa tutti i luoghi ‘della memoria’ di una città, ogni anno ne viene scelta una diversa. Oltre a ripercorrere i luoghi in cui anni fa le persone hanno subito persecuzioni e violenze, luoghi in cui passi ogni giorno e che ti sembrano esattamente come tanti altri, è bella anche la metafora della corsa, che diventa un po’ come la vita, è una sfida con te stessa”.

“Durante il mio percorso universitario ho passato qualche mese in Erasmus in Polonia, paese che amo e che sento molto mio, ma che purtroppo dopo la seconda guerra mondiale ha decisamente preso una brutta piega. Prima dell’Olocausto la Polonia era un paese multietnico, ora che è diventato un paese ‘omogeneo’, se così si può definire, la popolazione a mio parere ha cominciato a vedere il mondo in una chiave decisamente sbagliata. Non scorderò mai quando mi chiesero di parlare della situazione dei migranti qui in Italia, sembra incredibile ma loro hanno una concezione totalmente distorta della realtà: pensano che siamo invasi da gente nera, che in strada ci siano solo e soltanto loro, che i bianchi si vedano appena. Una volta mi chiesero ‘che aspetto hanno? come sono fatti?’ come se si stesse parlando di chissà quale animale mitologico e non di persone. Rimasi scioccata. Negli ultimi giorni sui quotidiani italiani si parla molto anche delle ‘Lgbt free zone’ promosse appunto dallo stato polacco. In realtà questo esiste già da un anno o due. E’ vergognoso”.

E purtroppo, visti i recenti fatti di cronaca, anche Lucca non è esente da fenomeni di omofobia. “Penso – dice Maria – che sia necessaria una legge contro l’omotransfobia per tutelare le vittime di tali aggressioni e prevenire questi episodi che purtroppo non sono infrequenti. Ci sono delle realtà sul territorio legate a rigurgiti neofascisti e che usano metodi squadristi. La solidarietà che è arrivata per questi episodi è stata forte – dice – ma resta necessaria una legge che punisca specificamente il movente omofobico”.

E in questi giorni, intanto, c’è chi ancora disegna svastiche sui citofoni, chi scrive in tedesco “qui vive un ebreo” sulle porte dei figli di ex deportati. Giornata per non dimenticare, questa, ma c’è chi ancora fa paura.

(La foto si riferisce alle celebrazioni per il giorno della memoria a Capannori)