Un ricordo di Marzio Tinti a due anni dalla morte

25 febbraio 2020 | 13:28
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Un ricordo di Marzio Tinti a due anni dalla morte

L’artista lucchese era scomparsa il 26 febbraio 2018

A due anni dalla scomparsa, avvenuta il 26 febbraio 2018, un ricordo dell’artista lucchese Marzio Tinti, scultore e pittore le cui opere sono state esposte in molte gallerie italiane ed estere e risultano anche in collezioni private di tutto il mondo.

Marzio Tinti era nato a Lucca nel 1940 ed il suo percorso per arrivare fino alle sue ultime realizzazioni messe in vetrina con la mostra a Bagni di Lucca pochi giorni prima di morire, ebbe inizio ancora prima della sua adolescenza. Consapevole dell’evoluzione storica dell’arte, iniziò dai classici dipingendo e studiando pittura prima insieme al padre e poi disegno in una bottega di restauro a Lucca. Nei suoi lavori sin da subito prese ad esprimere dei contenuti interiori. La sua prima mostra personale la tenne nel 1964 nella galleria d’arte La Lonza Trieste con dei quadri post-cubisti e, l’anno successivo, il primo esordio in terra straniera alla galleria d’arte Sgossen Gamlastan Stoccolma Svezia.

In seguito venne fuori la sua vera natura,il surrealismo, che ebbe origine da uno spazialismo espressionista. Passò per un breve periodo alla pittura astratta tornando al “surrealismo”, questa volta introspettivo, attingendo anche dall’inconscio e da un vissuto evolutivo. Nel 1976 e nel 1979 espose alla gallery Del Naviglio a Milano, presentandosi ad importanti mostre che segnarono il cammino dell’artista soprattutto con una pittura rinnovata. L’esigenza scultorea nacque nel 1974 lavorando ad un bassorilievo. Nella sua carriera artistica ha partecipato a molte mostre tra le quali nelle città di: Grado, Udine, Helsinki, Lucca, Viareggio, Palermo, Napoli, Milano, Como, Siena e dal 2000 in internet permanente, riscuotendo i consensi del pubblico e di una critica severa e competente.

Non credo che l’arte sia morta come dicono certi storici dell’arte – diceva in una sua autopresentazione Marzio Tinti – perché finché l’essere umano avrà dei contenuti interiori da esprimere, l’arte non correrà il rischio di morire. L’artista deve avere risolto il proprio ‘io interiore’ per esprimere il contenuto intimo. Chi risolve l’Io interiore, s’illumina, mentre chi non lo risolve brancola nel buio. I maestri per la mia formazione artistica sono stati i seguenti: i primitivi, Bosch, Brueghel, Leonardo Da Vinci, Cezanne, Picasso, Kandinsky, Klee, Mirò eccetera. Già nel 1974 facevo bassorilievo; evidentemente sentivo l’esigenza scultorea. Il mio desiderio era uscire fuori della tela per invadere l’ambiente circostante ed aggiungere così alla pittura anche la materia che è stata sempre la mia aspirazione. Esistano degli pseudointellettuali che si atteggiano a fare i diversi, i quali dicono di lavorare in équipe come nel campo scientifico per uniformarsi alla collettività ma così facendo l’artista perde la sua individualità creativa e diviene irrimediabilmente parte di un programma collettivistico. Un vero artista non dovrebbe atteggiarsi a fare l’intellettuale con barbe patriarcali o stravaganze esibizionistiche, perché egli è. Voglio sperare di essere riuscito a spiegare il mio modo di rappresentare la mia arte”.