Evitare che la paura diventi panico: ecco il vademecum psicologico

11 marzo 2020 | 16:12
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Evitare che la paura diventi panico: ecco il vademecum psicologico

Il consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi ha diffuso un breve vademecum a uso e consumo dei cittadini per orientare al meglio pensieri ed emozioni distorte dalla paura del coronavirus

La paura è naturale risposta a una minaccia. Ma quando, come nel caso di un virus, la minaccia non è visibile né localizzabile né riconoscibile, la paura si trasforma. E diventa angoscia, panico. Diventa “farsi sbranare dalle tigri che non arrivano”, come ha scritto Giovanni Giudici in una bella poesia. In questi giorni non semplici, per molte persone determinati dall’auto isolamento, è stato diffuso dal Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi un breve vademecum per riflettere e orientare al meglio pensieri, emozioni, comportamenti individuali e collettivi di fronte al problema Covid-19. Una sintetica lista di consigli utili che certo non vogliono essere esaustivi né sostituirsi a un aiuto professionale.

“La paura è un’emozione potente e utile. È stata selezionata dall’evoluzione della specie umana per permettere di prevenire i pericoli ed è quindi funzionale a evitarli. Però funziona bene – si legge nell’introduzione dell’opuscolo – se è proporzionata ai pericoli. Così è stato fino a quando gli uomini avevano esperienza diretta dei pericoli e decidevano volontariamente se affrontarli oppure no. Oggi molti pericoli non dipendono dalle nostre esperienze. Ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e sono ingigantiti dai messaggi che circolano sulla rete. Si ha più paura dei fenomeni sconosciuti, rari e nuovi, e la diffusione del nuovo coronavirus ha proprio queste caratteristiche. Ecco alcune indicazioni per evitare che la paura diventi eccessiva rispetto ai rischi oggettivi, finendo per danneggiarci”.

Cinque indicazioni antipanico

Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo. Il coronavirus è un virus contagioso ma come ha sottolineato una fonte Oms, su 100 persone che si ammalano la maggior parte guarisce spontaneamente o ha solo problemi lievi. Le misure collettive eccezionali scaturiscono soprattutto dall’esigenza di arginare l’epidemia.

Non confondere una causa unica con un danno collaterale. Le situazioni più gravi o i decessi sono per lo più dovuti all’azione congiunta di più problemi di salute, non sono causati solo dall’azione del coronavirus, così come successo e succede nelle forme influenzali che registrano decessi ben più numerosi.

Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi. Molti provano ansia e desiderano agire e fare qualcosa pur di farla calare, e questo può generare stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi. Pur di fare qualcosa, spesso si finisce per fare delle cose sbagliate e a ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali ma molto efficaci, come quelle suggerite dalle autorità sanitarie.

Troppe emozioni impediscono il ragionamento corretto e frenano la capacità di vedere le cose in una prospettiva giusta e più ampia, allargando cioè lo spazio-tempo con cui esaminiamo i fenomeni. È difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura il rischio oggettivo.

Siamo preoccupati della vulnerabilità nostra e dei nostri cari e cerchiamo di renderli invulnerabili. Ma la ricerca ossessiva dell’invulnerabilità è controproducente perché ci rende eccessivamente paurosi, incapaci di affrontare il futuro perché troppo rinchiusi in noi stessi.

Tre buone pratiche per affrontare il coronavirus

Evitare la ricerca compulsiva di informazioni, usare diffondere fonti informative affidabili. Si consiglia di ridurre la sovraesposizione alle informazioni dei media e dei social. Una volta acquisite le informazioni di base, è sufficiente verificare gli aggiornamenti sulle fonti affidabili. Si hanno così tutte le informazioni necessarie per proteggersi, senza farsi sommergere da un flusso ininterrotto di allarmi ansiogeni.

Un fenomeno collettivo e non personale. Il coronavirus non è un fenomeno individuale. Ci dobbiamo proteggere come collettività responsabile. L’Istituto superiore di sanità indica semplice azioni di prevenzione individuale. L’uso regolare di queste azioni elementari riduce significativamente i rischi di contagio per sé, chi ci è vicino e la collettività tutta.

Agisci collettivamente per un fenomeno collettivo. Chi si è fatto un’idea corretta del fenomeno è bene che cerchi di aiutare gli altri raccontando in parole semplici le raccomandazioni utili, ragionando con calma e pazienza invece di ignorare o peggio disprezzare chi non sa e si rifiuta di pensare. Agire tutti in modo informato e responsabile e aiutarsi reciprocamente a farlo, aumenta la capacità di protezione della collettività e di ciascuno.

Inoltre, è bene proteggere anche i bambini. Se interrogano gli adulti, è necessario che questi siano sempre disponibili a parlare serenamente di quello che i bambini possono aver sentito e li spaventa, correggendo un quadro statisticamente infondato. È meglio non esporli a informazioni allarmistiche. “Non ti vergognare di chiedere aiuto – si legge ancora nell’opuscolo – e se pensi che la tua paura ed ansia siano eccessive e ti creano disagio, non avere timore di parlarne e di chiedere aiuto a un professionista. Gli psicologi conoscono questi problemi e possono aiutarti in modo competente”.