Consulta della cultura, raffica di defezioni. Mazzoni: “Si faccia un nuovo direttivo”

20 luglio 2020 | 09:17
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Consulta della cultura, raffica di defezioni. Mazzoni: “Si faccia un nuovo direttivo”

Il rappresentante di Flam: “Mai più convocata da un anno, ma la responsabilità è di chi attualmente la dirige”

La consulta comunale della cultura, creata per coordinare gli eventi e un percorso verso gli stati generali, langue e non viene più convocata da oltre un anno. È la constatazione che fa uno dei suoi membri, Mauro Mazzoni, legale rappresentante di Flam e membro del direttivo della consulta. Il quale trova qualcosa da ridire anche sull’atteggiamento tenuto da Francesco Petrini dei Custodi della città.

“Sono rimasto abbastanza sorpreso – scrive Mazzoni – nel leggere l’ennesima richiesta di Francesco Petrini relativamente alla realizzazione degli stati generali della cultura. Infatti faccio parte del direttivo della Consulta comunale della Cultura fin dalle sue origini e ho avuto modo di consumare e condividere quell’esperienza che almeno all’inizio vedeva Petrini tra i principali promotori. Il bello (da qui appunto la sorpresa) è che proprio Petrini, che coi custodi della città ha voluto, richiesto e ottenuto la consulta, si è poi tirato indietro per primo non partecipando più alle attività del direttivo e questo già prima dell’evento di gennaio 2019 al quale non ha partecipato senza offrire alcuna spiegazione. Da ricordare che la prima mozione della consulta fu proprio quella di realizzare gli stati generali. Come mai dunque Petrini si è ritirato? C’è stata in seguito anche la defezione (per me poco comprensibile) di altri membri del direttivo ed il presidente attuale della consulta, l’assessore Stefano Ragghianti, dal gennaio 2019 ha comunque ritenuto di non convocare più alcuna assemblea, cosa che personalmente, avevo richiesto invece più volte di fare e in particolare proprio col fine di eleggere un nuovo direttivo (le mie richieste, lo preciso, sono state tutte verbali)”.

“Credo quindi – prosegue – che sia giusto oggi esprimere il mio pensiero perché mi sento coinvolto in quanto accaduto, quantomeno nelle vicende della consulta della cultura e attualmente assai sollecitato dallo stimolante prof. Petrini. Ritenevo e ritengo la consulta, con tutti i suoi limiti (da molti sottolineati) uno strumento comunque importante, positivo, di dialogo tra le associazioni e l’amministrazione del territorio. Ed è stata in effetti anche uno strumento di conoscenza tra molte realtà associative che prima si ignoravano tra loro”.

“Col senno di poi – va avanti – penso anche che la consulta sia partita nel modo più sbagliato: ci siamo riempiti la bocca di paroloni legati agli Stati generali e ad ambiti culturali diversi, seguendo appunto il Petrini, come se dovessimo discutere di chissà quali problemi, mentre poi l’esigenza delle nostre associazioni, molto più terra terra, sarebbe stata quella di instaurare un dialogo, un confronto su tutto ciò che riguarda il nostro presente, tra noi, col Comune e con gli altri enti. Negli ultimi anni, tanto per fare un esempio, il Vivi Luccaè divenuto sempre più importante e tuttavia non c’è mai stato modo di parlarne con l’amministrazione; così come è mancata la discussione sull’esigenza della collaborazione tra associazioni di fronte ai minori mezzi economici, sugli spazi a disposizione nella città (problema annoso), sulle risorse e via dicendo. Se ci pensiamo bene il concetto stesso di consulta (si veda la definizione data nello statuto) implica un ampio confronto tra le varie realtà partecipanti, confronto che alla fine, sul piano delle finalità, ha in pratica gli stessi obiettivi che si volevano perseguire nei cosiddetti stati generali. In pratica abbiamo avuto un approccio estremamente dispersivo e ripetitivo: i veri stati generali per la nostra città erano già rappresentati dalla consulta stessa e all’interno di questa siamo andati a ridiscutere cosa fare, frantumandoci in gruppi di lavoro che non hanno avuto seguito a parte qualche rara eccezione”.

“Per rispondere dunque alla domanda di cui sopra – prosegue -, il Petrini secondo me sì è tirato indietro quando ha visto che rimaneva poco spazio per determinate situazioni sue personali (dal pubblico condotto ad altre che implicavano lunghi tempi di presentazione col solito power point che fungeva da corazzata Kotiomkin per chi lo ascoltava). Eppure chi ha partecipato alle prime assemblee sa benissimo quanto spazio sia stato dato alle sue richieste e come anche il direttivo le abbia sempre considerate e riportate fedelmente. C’era un lavoro di preparazione alle assemblee, al quale ho partecipato anch’io, ma sono bastati due incontri in assemblea per capire che così la discussione era fortemente condizionata e limitata da queste presentazioni eccessive. Un ordine del giorno ci voleva, ma spesso è stato proprio quello che alla fine ha impedito di affrontare altri argomenti, altri problemi e questo aspetto è stato fortemente condizionante fin dall’inizio”.

“Al di là dell’erudizione e delle conoscenze specifiche di certi personaggi, che colgono ogni minima occasione per la sfilata in passerella, quello che manca – sostiene Mazzoni – nel contesto di ciò che chiamiamo cultura è proprio il senso della condivisione, dell’azione comune, del progettare assieme, del rispetto profondo che poi tutto questo comporta come diretta conseguenza, al di là delle differenze di pensiero. Petrini voleva e suppongo che voglia ancora degli Stati Generali simili più ad un convegno di studi, invitando qualche nome illustre o come li chiama lui degli esperti; qualcun altro come me, voleva invece un confronto reale tra noi tutti, in particolare tra le associazioni di questa città che si erano iscritte e alla luce delle loro specifiche esperienze. Da lì vedere poi in che direzione muoversi e senza escludere niente, nemmeno l’idea stessa del convegno se necessario. In breve: abbiamo davvero bisogno che venga da fuori il famoso professor Pinco Pallino a dirci cosa fare in futuro, o invece dovremmo capire prima di tutto tra noi di cosa abbiamo effettivamente bisogno, nel presente, a fronte di certe situazioni della nostra città? Per Petrini non si poneva nemmeno il problema; lui aveva già la soluzione per tutto. Non conosceva però la situazione reale del mondo associativo lucchese e alla fine non ha nemmeno partecipato a quella giornata che, a fronte di mille difficoltà, idealmente aveva preso il posto degli stati generali (l’evento di gennaio 2019). Anche la realtà dei custodi della città (ricorderete: dapprima custodi della città per la consulta della cultura; successivamente: custodi della città per gli stati generali della cultura), con mia sorpresa contava pochi iscritti attivi (ben altra cosa il gruppo Facebook, ma il virtuale non è reale) e all’assemblea a cui partecipai, invitato da Petrini stesso, trovai delle gravi divisioni interne e la lamentela forte di una gestione autoritaria da parte dello stesso Petrini”.

“Nel caso della musica ad esempio abbiamo avuto poi uno scontro personale – confessa Mazzoni -. Petrini voleva affidare la conduzione degli stati generali nel settore della musica al professor Renzo Cresti. Ora, io conoscevo e conosco di fama questo studioso, storico e musicista e sinceramente non ho, né potevo avere riserve nei suoi confronti. Ma non condividevo una tale scelta: a che serviva allora che le nostre associazioni musicali si dovessero riunire, si confrontassero, buttassero giù idee, osservazioni ecc. se poi nei cosiddetti stati generali, non avessero avuto uno spazio per esporle e discuterle? A questa domanda che ho ripetuto almeno in tre occasioni, Petrini non ha dato risposta, segno che a lui non interessavano veramente gli stati generali, nel senso di un autentico confronto delle realtà del territorio, ma qualcos’altro, dove aveva priorità la partecipazione di questo o quell’altro illustre personaggio, una vetrina illustre insomma e non una discussione reale dei veri problemi della città e delle associazioni. In realtà poi cosa intendesse Petrini per stati generali io non l’ho ancora capito; senz’altro qualcosa di profondamente diverso da quello che intendo io auspicando un’azione corale; lui mira probabilmente ad un’azione dall’alto, con la vetrina che però comprenda ovviamente la sua persona ed il suo personale intervento. A cosa mira? Cosa vuole? Non sta a me rispondere”.

“Se dunque la consulta della cultura di fatto è venuta a mancare – aggiunge – non possiamo però fare a meno di dire che questo è a causa di chi l’ha abbandonata come anche di chi oggi la dirige. Una delle conseguenze pratiche è che in questo momento il dialogo tra ente Comune e associazioni non c’è, né può esserci se non a livello di singole realtà in una diaspora che svilisce tutti quanti. La richiesta attuale di Petrini se dunque mira ad un confronto ritenuto necessario è più che giustificata, ma la risposta non sta in qualcosa di non ben definito chiamato Stati generali, la risposta è in quella stessa Consulta che era stata istituita dal consiglio comunale e che in un modo o nell’altro è stata affossata. Figlia di Petrini è stata disconosciuta per così dire dal suo stesso padre. Detto questo, adesso vorrei rivolgermi anch’io al sindaco e a questa giunta che governa la città: la consulta della cultura da voi istituita (è una consulta comunale) ha bisogno di riunirsi in assemblea e di avere un nuovo direttivo, per una ripartenza vera, per un confronto vero con questa amministrazione, ma anche con quelle che verranno in seguito”.

“C’è paura di convocare un’assemblea? Questo lo chiedo all’assessore Ragghianti e al dirigente Marchi – sottolinea Mazzoni – che hanno un ruolo dominante nel direttivo ancora in essere: si vogliono ascoltare davvero le associazioni? Oppure si vuol solo far sembrare che ci sia questo dialogo quando nella realtà non c’è? Perché non si convoca più un’assemblea da oltre un anno (a Gennaio 2019 non si trattava nemmeno di un’assemblea). E dire che la consulta in fondo è solo “consultiva” cioè non conta nulla; dunque che cosa si teme? Che possa però contare qualcosa nell’opinione di alcuni? È questo il problema? Quanto alle nostre associazioni: avevamo uno strumento importante ed è stato svilito, annichilito, alcune nemmeno si sono iscritte disconoscendolo già in partenza. Perché?”.

“Una sera, ad un assemblea intervenne, sebbene non ne avesse titolo in quanto non iscritto, un signore che disse senza mezzi termini che riteneva la consulta una buffonata, perché il presidente era il sindaco – aggiunge – Questo signore, ovviamente tra le righe, dava in pratica dell’imbecille a tutti i presenti che alla consulta si erano iscritti e a chi ci aveva creduto, così come ai componenti stessi del consiglio comunale che l’avevano costituita, noi del direttivo ecc.. Ovviamente questo signore con la sua associazione è però tra i primi a riscuotere contributi del Comune. Più recentemente qualcuno di punto in bianco ha aperto una polemica sui giornali ottenendo di fatto, almeno sulla stampa, delle risposte da parte dell’ente. Ecco, son solo due esempi, ma è di questi e di altri personaggi così, più imprenditori per se stessi, che non rappresentanti di associazioni senza fini di lucro, che la consulta della cultura avrebbe dovuto parlare e discutere con l’amministrazione. Caro amico sindaco, cari signori della giunta, caro assessore alla cultura, riportate in vita la consulta della cultura, fate in modo che venga convocata un’assemblea tra tutti gli iscritti. Una partenza sbagliata non vuol dire che oggi la si debba lasciar morire, sostenendo che ha fallito. A chi ha avuto la pazienza di leggere fino a qui formulo un ringraziamento personale e preciso che da tempo avrei voluto anch’io dimettermi dall’incarico nel direttivo, ma ritenevo doveroso farlo in assemblea, davanti a tutti, e formulando la richiesta di andare a eleggere un nuovo direttivo. Finora non è stato possibile. Molte associazioni che fanno capo ad amici che conosco, attendevano un’assemblea e mi dispiace che le mie richieste non abbiano avuto seguito. Non posso quindi accettare di sentir dire da chi non la convoca mai o da chi non si è mai iscritto che la consulta è morta. Occorre ripartire e guardarsi bene da chi voleva questa realtà per fini personali”.