Il futuro di borghi e centri storici nel post Covid al centro di un convegno a Lucca



Al Lubec la consapevolezza dell’opportunità dei neoluoghi
A Lucca opportunità inedite per borghi e centri storici. Se ne è parlato in un convegno a Lubec l’8 e il 9 ottobre scorsi. Vita, lavoro, cultura e turismo post-Covid: è iniziata l’era dei “neoluoghi”, questo il fulcro degli interventi.
La pandemia ha indotto un’accelerazione di un processo già in atto, quello dell’attenzione ai borghi storici, di cui è piena l’italia, che sono apparsi sotto un’altra luce, come posti dove è possibile lavorare con lo smart working, dove è possibile andare in vacanza o vivere stabilmente in contesti che spesso si caratterizzano per il loro importante patrimonio culturale oltre che naturale. Questa nuova consapevolezza li fa rinascere come neoluoghi, perché visti sotto una nuova ottica come capaci di offrire opportunità per migliorare la qualità della vita e che per queste loro caratteristiche possono contare su nuove residenzialità e presenze, per fermare processi di degrado e di abbandono, che in alcuni casi sembravano irreversibili.
Si aprono anche nuove occasioni di attrazione per il turismo in uno scenario che la pandemia ha capovolto, se è vero che Roma, Venezia, Firenze, Torino e Milano perderanno nel 2020 quasi 34 milioni di presenze dall’estero, con stanze occupate d’estate solo per il 51% nelle maggiori mete culturali. Intanto, se gli italiani prediligono località marine o montane a corto raggio, due su tre sfuggono al sovraffollamento visitando proprio i borghi, alla scoperta di prodotti e tradizioni meno conosciute.
“La valorizzazione dei ‘neolouoghi’ – dice – Gaetano Scognamiglio, presidente di Promo Pa, la Fondazione che ha organizzato l’8 e il 9 ottobre Lubec – potrà anche contribuire a quella delocalizzazione dei flussi turistici sempre auspicata ma mai realizzata”.
Il tema è stato affrontato nel corso del convegno in un focus dedicato per capire il livello di attenzione verso questo fenomeno. In Italia il 72% dei comuni conta meno di 5mila abitanti e 2381 sono in avanzato stato di abbandono. La valorizzazione dell’Italia delle diversità può invece rallentare lo snaturamento del substrato sociale dei centri storici, fatto di tradizioni popolari, enogastronomia e eventi, quel Dna-asset del nostro paese, che fece affermare a Lord Byron che “in Italia tutte le città sono capitali”. Si tratta di capire quale futuro possa ipotizzarsi per i neoluoghi, se inseriti in un modello di sviluppo nuovo e diverso da quello basato sull’assioma della crescita metropolitana illimitata, sconfessato dalla crisi pandemica. Un’idea di valorizzazione potrebbe essere quella di distretti di borghi minori, connessi da infrastrutture digitali e di mobilità alle cosiddette “città di servizi” di medie dimensioni, in un’ottica di sostenibilità sociale, ambientale e appunto culturale. Una nuova residenzialità cercata e resa possibile anche dalle nuove forme di lavoro agile , che potrebbero drenare lo spopolamento dei piccoli comuni. È il caso dello smartworking ad Albaredo per San Marco (Sondrio), del progetto “case a 1 euro” di Vergemoli o del coworking a Petralia Sottana (Palermo), che oppongono esempi di resilienza al fenomeno dei “borghi fantasma”.
L’occasione del convegno di Lucca è stata utile per verificare anche la possibilità di incrociare e utilizzare in progetti di sviluppo e recupero, volti a consolidare lo status dei neoluoghi, misure già attive come quella delle cooperative di comunità attivata dalla Regione Toscana, partner stabile dell’evento, quelle per la rigenerazione urbana, nonché la possibilità di sostenere iniziative imprenditoriali come quelle per realizzare gli alberghi diffusi.
In questa prospettiva sarà infine approfondita la possibilità di intercettare quei finanziamenti del Next Generation Eu, che saranno rivolti in particolare a potenziare le infrastrutture digitali, essenziali per acquisire e consolidare il nuovo status da parte dei borghi.