Lucca Comics, Saviano fa il pieno al Teatro del Giglio: “Tutta la mia paura in un fumetto”

30 ottobre 2021 | 15:29
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Lo scrittore racconta la sua vita illustrata nella graphic novel “Sono ancora vivo”

Fa strano parlare di libertà quando hai di fronte Roberto Saviano. Fa ancora più strano farlo in un teatro del Giglio nuovo pieno, gli uni accanto agli altri, con quel senso di costrizione nello spazio di una poltroncina, che affiora solo ora, dopo due anni di pandemia.

Un Saviano ‘messo a nudo’ quello che questa mattina (30 ottobre) ha raccontato al pubblico dei Comics la sua storia, illustrata da Asaf Hanuka nella graphic novel Sono ancora vivo. A Lucca per presentare l’inedita autobiografia a fumetti, lo scrittore intervistato dalla direttrice della Nazione Agnese Pini, ha parlato di paura e morte, di libertà e ambizione. Un viaggio nelle emozioni più profonde, segnate da quindici anni di vita sotto scorta, che lo hanno portato a prediligere, per una volta, le immagini alle parole.

“Ripercorrere, raccontare e di conseguenza organizzare la propria storia è come mettersi a nudo, un gesto semplice e naturale ma allo stesso tempo difficile e profondo – racconta Saviano -. Come si trasmette il senso di colpa per essere vivo? Solo il disegno può aiutare a universalizzare il dolore. Il fumetto ti presta un immaginario, e non solo un innesco come la parola. Altrimenti è difficile spiegare, a chi ti vede su un palco o in televisione, che questi sono solo momenti di sospensione. La vita, la routine quotidiana, per me è costrizione, come un gorilla in una gabbia”.

Una metafora, tra le tante, che la matita di Hanuka fissa sulle pagine della graphic novel. Qui Saviano associa a ogni componente della famiglia un oggetto: il subbuteo al fratello, il diamante alla madre, la bici al padre. Immagini dal significato profondo che aiutano lo scrittore a universalizzare i rapporti umani, a fornire al lettore una mappa dei sentimenti da consultare nei momenti di smarrimento. Smarrimento che dopo anni vissuto sotto scorta Saviano ha provato a New York, di fronte all’innocenza di una bambina e una palla.

“Era la prima volta dopo tanto tempo che uscivo di casa – ricorda Saviano -. Quando passi tanto tempo dentro quattro mura anche i suoni e i gesti più innocenti fanno paura: il rumore assordante dell’arrivo della metropolitana, una bambina che per gioco ti lancia una palla. Nessuno, da anni, poteva più lanciarmi niente”.

Così lo scrittore è tornato “a riveder le stelle”, a trovare una giustificazione a quell’ambizione infernale che lo ha spinto ad andare avanti fino in fondo, a scegliere di restare e non andarsene altrove per ricominciare un’altra vita. Una vita segnata a partire dall’adolescenza, quando per la prima volta Saviano si trova di fronte a un uomo morto.

“Quando intravidi la scena ero con mio padre. Era domenica e stavamo giocando una schedina in un bar quando a un certo punto vidi un uomo morto, ammazzato sotto una macchina. Dalla paura si era fatto la pipì addosso, la gente intorno commentava sarcastica o se ne andava – ricorda Saviano -. In quel momento ho scoperto la paura. Paura che rivivo ogni giorno negli insulti di colleghi e politici, che combatto con la conoscenza. Questa graphic novel è il mio tentativo di trasmettere la mia paura non di morire, ma di vivere così. È la mia risposta amicale al nemico: mostrare tutta la mia debolezza per non avere più in cambio una risposta di forza”.

Non sono mancati nel corso della mattinata anche gli attacchi alla politica, a chi negli anni ha utilizzato il corpo dello scrittore come un mezzo per la propria campagna elettorale. Corpo che nella graphic novel viene costretto in una bara. “La scorta non è un merito – chiosa Saviano -. In una vita così l’idea di eliminarsi è un pensiero costante, così come il senso di colpa per essere ancora vivo. La morte, di fatto, certifica la tua ragione e il solo pensiero ti conforta. La non morte ti rende un impostore. Ma ci sono anche cose, piccole cose, per le quali vale la pena vivere. Ed è proprio il dolore a renderle universali”.

Così lo scrittore ha salutato la platea con un appello, ripreso dai versi di una poetessa bulgara: “Siate come fili d’erba, non abbiate paura di essere calpestati. Calpestata l’erba diventa sentiero”.