Attraversò l’oceano a bordo di una barca a vela: la storia di Vincenzo Iacopucci diventa uno spettacolo teatrale

8 maggio 2022 | 19:53
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Attraversò l’oceano a bordo di una barca a vela: la storia di Vincenzo Iacopucci diventa uno spettacolo teatrale
Attraversò l’oceano a bordo di una barca a vela: la storia di Vincenzo Iacopucci diventa uno spettacolo teatrale
Attraversò l’oceano a bordo di una barca a vela: la storia di Vincenzo Iacopucci diventa uno spettacolo teatrale

Di questa impresa si racconta ne “Il sogno costruito” di Rosita Biagini. Protagonisti Mario Cenni e Simona Generali

Fra la gente di mare, si crede che anche le barche possiedano un’anima. Sicuramente ce l’aveva Marta, la piccola stardella di 8 metri per 2 che solcò l’oceano Atlantico nel lontano ’46. A bordo la sfida, l’intraprendenza e il coraggio. La speranza in un futuro migliore o semplicemente diverso di chi, reduce dalla prigionia di un campo di concentramento, all’età di 25 anni vuole mangiarsi la vita. E dimenticare.

Quel ragazzo era Vincenzo Iacopucci, originario di Benabbio, che insieme all’amico Tullio costruì con le sue mani un’impresa dal nome America lunga oltre 10 anni.Di questa impresa si racconta ne Il sogno costruito, un viaggio alla ricerca di sé, delle proprie aspirazioni, e soprattutto del coraggio di realizzarle, interpretato da Mario Cenni e Simona Generali. Uno spettacolo teatrale firmato dalla penna di Rosita Biagini.

“È veramente difficile parlare in poche righe dell’impresa di Vincenzo Iacopucci, come difficile è stato racchiuderla in un spettacolo teatrale di circa un’ora.Il sogno costruito – racconta Rosita Biagini – ha percorso, dalla sua ideazione fino alla conclusione della realizzazione, ben dieci anni. Ma in realtà abbraccia la storia del nostro paese e la vita di un uomo che era appena uscito di un campo di concentramento: la moglie, quando l’abbiamo intervistata per la scrittura della storia, ci ha riferito che Vincenzo gli raccontò poco di quella terribile esperienza, solo che tornò magrissimo e senza denti”.

“Ogni volta che parliamo di questo spettacolo intanto dobbiamo precisare che si tratta di una storia vera: quella di un ragazzo di 25 anni che insieme al suo amico medico, nel 1946 decide di attraversare l’oceano partendo da Viareggio per arrivare nelle Americhe. Dov’è la particolarità? Beh, Vincenzo e Tullio abitavano a Bagni di Lucca o meglio nei piccoli paesi circostanti, in sintesi conoscevano poco, anzi per niente, il mare, e probabilmente avevano più esperienza della montagna, quella di Bagni di Lucca e le Alpi Apuane. Difficile pensare nell’immediato dopo guerra di iniziare un’impresa del genere da completi inesperti, con pochi mezzi economici, e con la strumentazione che riuscirono ad avere già vecchia e usata dalla Lega Navale”.

“Questo particolare di non avere soldi – prosegue Rosita – dopo vari incursioni nei cantieri navali delle darsene viareggine, li spinse a rinunciare all’acquisto di una imbarcazione usata e anche ad un disegno. Dovettero convincere un capo mastro a farli entrare in una piccola imbarcazione di 8 metri a doppia punta per poter copiare sul ricettario di Tullio lo schema della stardella, una barchetta utilizzata dai viareggini per pescare a poche centinaia di metri dalla costa toscana: sicuramente non adatta ad attraversare l’oceano”. 

Costruita a botte di errore durante la notte e i fine settimana, l’imbarcazione destò non poco interesse da parte dei loro compaesani. “Vennero derisi – racconta la scrittrice – e vennero tacciati dai viareggini come pazzi. Alcuni pensavano che dei montanari non potessero compiere un’impresa del genere e che in qualche modo volessero profanare il loro mare. Quando capirono però, grazie all’aiuto della Lega Navale, che i due erano veramente decisi a realizzare quel sogno, furono aiutati dal popolo viareggino: non solo dai maestri d’ascia ma anche da uno dei lupi di mare in pensioni più famosi dell’epoca. Lui inizialmente li assalì, ma nei giorni successivi tornò sul molo, salì su Marta, la barca appena finita ma non completa, trovò tantissimi errori che fece correggere, e poi li accompagnò in Mediterraneo per mesi, nel tempo libero, per trasmettere loro le notizie necessarie per la navigazione”.

“La notizia girò nel nostro paese e un quotidiano nazionale scrisse che due montanari volevano attraversare l’oceano. La lesse un ragazzo romano che aveva un po’ di esperienza di navigazione: contattò Vincenzo e si unì alla brigata. Nel frattempo, Tullio si ammalò e si trovò impossibilitato a partire. Morì poi mentre Vincenzo era in viaggio, come morì poco prima della partenza la madre di Vincenzo, entrambi rappresentavano per Vincenzo due punti di riferimento importanti. Nonostante ciò, quel giorno, il 2 giugno del 1954 salparono da Viareggio, l’incoscienza e la determinazione li aiutò ad arrivare in Brasile, risalirono poi le coste verso nord per arrivare a New York, la loro vera meta. Il rientro fu ancora più difficoltoso, per chi conosce l’Atlantico sa che la traversata a nord è molto più lunga: loro impiegarono 42 giorni di navigazione da New York per attraccare in Portogallo e da lì a Viareggio, attraverso le colonne d’Ercole”.

Il loro viaggio fu acclamato in tutti i paesi che toccarono, dal Brasile agli Stati Uniti. Il figlio di Vincenzo possiede ancora tutti gli articoli di giornali nazionali dei vari paesi che visitarono dove si parlava della loro impresa, oltre a tantissime foto, una in particolare vede i protagonisti di questo sogno realizzato con il sindaco di New York. “Ecco che, anche per noi, è stato difficile capire come mai nel nostro paese, nemmeno a Viareggio e Bagni di Lucca, questa impresa non è stata valorizzata come merita. A distanza di 100 anni dalla nascita di Vincenzo abbiamo pensato di scrivere la sua storia e trasformarla in uno spettacolo teatrale per farla conoscere e pensiamo che oggi, come mai prima, sia veramente importante parlare di cosa sono capaci gli uomini e le donne, con la volontà, il sogno, l’ambizione di cambiare la propria vita, con pochi mezzi e in mezzo a tante difficoltà. Fra le altre cose, i protagonisti di questa storia hanno conseguito un primato: sono i primi italiani ad aver attraversato l’atlantico con una piccola imbarcazione a vela”.

“Le notizie storiche e geografiche di questa storia sono tutte vere – conclude Rosita – e sono state prese dagli articoli di giornale scritti in occasioni della morte di Vincenzo e da uno scritto dello stesso pubblicato su un giornalino locale a Bagni di Lucca. Tutto ciò che invece concerne il mondo interiore, la motivazione del viaggio, le emozioni e l’incontro con la tempesta sono frutto della fantasia dell’autrice, stimolata dai colloqui con persone che hanno conosciuto Vincenzo: un geometra che sognava di studiare filosofia e che conosceva la Divina Commedia a memoria”.