Al museo di villa Guinigi si svelano i segreti dell’urna Bernardini

9 giugno 2022 | 12:54
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Al museo di villa Guinigi si svelano i segreti dell’urna Bernardini
Al museo di villa Guinigi si svelano i segreti dell’urna Bernardini
Al museo di villa Guinigi si svelano i segreti dell’urna Bernardini

Si tratta di un manufatto proveniente da una necropoli di Roma

Per le giornate europee dell’archeologia il museo nazionale di Villa Guinigi presenta al pubblico il 16 giugno alle 16 l’Urna Bernardini un reperto archeologico che racconta diverse fasi e molteplici aspetti della storia lucchese e che costituisce un tassello significativo del quadro culturale italiano. Il nuovo allestimento del prezioso reperto evidenzia il suo legame con la storia e la cultura locali e valorizza l’importanza dell’opera in relazione alla città di Lucca e alla storia del collezionismo antiquario.

Interverranno: Stefano Casciu, direttore della direzione regionale musei della Toscana, Angela Acordon, soprintendente, Giulia Coco, curatrice Musei nazionali di Lucca, Neva Chiarenza, funzionaria archeologa della Soprintendenza, Andrea Raggi dell’Università di Pisa e Carlo Slavich, dell’Università di Firenze.

Nel novembre 2021 l’autorità giudiziaria di Venezia ha consegnato alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio di Lucca un’urna marmorea sequestrata tra alcuni beni di provenienza furtiva che è stata poi collocata, in accordo con la Direzione regionale musei della Toscana e per essere esposta in modo permanente al pubblico, al museo nazionale di Villa Guinigi, dove da oggi è parte del percorso di visita nella sezione archeologica.

Per la tipologia e le circostanze del reimpiego, l’urna cineraria, mancante del coperchio, proviene sicuramente da una necropoli di Roma. L’oggetto fu visto dall’epigrafista Ciriaco d’Ancona nell’ottobre del 1442 nella chiesa dei SS. Giovanni e Reparata a Lucca. Nel 1785 è invece attestato nel palazzo della nobile famiglia Bernardini (prospiciente l’attuale piazza omonima). Ancora nel 1836 il Diario sacro delle Chiese di Lucca colloca l’urna nella corte interna di Palazzo Bernardini; agli inizi del Novecento fu venduta sul mercato antiquario.

Il bassorilievo, realizzato per la conservazione delle ceneri di Gaio Villio Invento, è decorato sul fronte principale da una tabella per la dedica, posta al di sopra di una porta a doppio battente con timpano superiore che indica il passaggio all’aldilà. La scena è incorniciata da scudi e ghirlande ed è fiancheggiata da due colonne tortili, mentre le facce laterali recano la rappresentazione dettagliata di un tripode, sovrastato da un volatile e affiancato da un lato da una colonna tortile e dall’altro da uno stipite con foglie.

L’iscrizione, inserita impropriamente nella sezione Luca del Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL XI, 1539), riporta la dedica del figlio, di un liberto e di una liberta (dal cognome grecanico) al “padre e ottimo patrono”. L’abbreviazione D.M. (“agli Dei Mani”) dovrebbe trovarsi all’inizio dell’epitaffio, mentre alla fine era piuttosto usuale scrivere B.M. (“a colui che lo meritò”). Tuttavia, una tabella sulla fronte di un sarcofago strigilato sempre proveniente da Roma, ma oggi conservato a Ventimiglia, presenta le stesse abbreviazioni D.M.D.D. all’ultima linea (CIL VI, 39013; datazione: fine II – inizi III sec. d.C.).

L’urna si inserisce pienamente nel complesso succedersi di mode e avvenimenti lucchesi ed italiani: frutto della cultura romana, ne racconta aspetti sociali e rituali. Sepolto e dimenticato nel Medioevo e post Medioevo, il reperto tornò alla luce per la volontà di prestigio di una nota famiglia lucchese, che lo inserì nella propria collezione di antichità. Perso l’interesse, fu venduto e successivamente utilizzato come vasca o come vaso (si noti il foro su una delle facce).

Oggi si riappropria della sua identità, arricchita ad ogni passaggio, suggellando la collaborazione fra istituzioni.