Petrini e Liberti al Pianeta Terra Festival: “Il nostro futuro passa anche dai comportamenti alimentari”

Il decalogo del fondatore di Slow Food: “Stop allo spreco e basta plastica”. Il giornalista contro il proliferare di allevamenti intensivi di animali
Il futuro del pianeta è a rischio anche per i nostri comportamenti alimentari. È uno degli elementi che con maggiore chiarezza è emerso dal panel dal titolo La nostra sovranità alimentare è a rischio: cosa fare? che si è tenuto all’Agorà nell’ambito del Pianeta Terra Festival. A dialogare con la giornalista di RepubblicaLaura Montanari Carlo Petrini, storico fondatore di Slow Food e il giornalista Stefano Liberti.
Un incontro in cui si è parlato di tutto, ma in cui forte è partito l’appello a modificare i comportamenti alimentari a rendere in senso lato politiche le proprie scelte nel segno della sostenibilità.
Si parte dai cinque punti elencati da Petrini per una buona abitudine alimentare: “Occorre mangiare prodotti di stagione – ha detto – locali, magari valorizzando il lavoro dei giovani contadini che tornano alla terra. È necessario ridurre fortemente lo spreco, partendo dai nostri comportamenti: comprare di meno e utilizzare tutto, un po’ come facevano i nostri nonni. Quello che ora si chiama economia circolare era l’abitudine di un tempo a non buttare via nulla. Necessario, poi, ridurre le proteine animali e aumentare quelle vegetali. Mangiamo troppa carne: si è passati dai 40 chili l’anno dei miei tempi ai 95 chili l’anno attuali di consumo. Infine dobbiamo rifiutare l’uso della plastica monouso nell’alimentazione”.
Da Liberti arriva una forte critica all’allevamento intensivo degli animali: “Un grande dato di sovrappopolazione – dice – oltre che quello umano è quello degli animali di allevamento: per dar loro da mangiare, infatti, viene usato un terzo delle terre arabili. Si impone, quindi, un ripensamento dl modello e del sistema nel suo complesso. Anche la pandemia, che avrebbe dovuto servire da campanello d’allarme per attuare diversi comportamenti, non è servito a farlo”.
Una chiosa da Petrini arriva sul termine sostenibilità: “Non deriva – spiega – da ‘sostenere’ ma dall’inglese ‘sustain’ che è il pedale che nel piano serve ad allungare la durata di una nota. I francesi, infatti, lo traducono con durable, che è più corretto. Una logica, quella della sostenibilità, ovvero dell’allungamento della durata della vita dei prodotti, che è tutto il contrario rispetto ai miei tempi, quando la logica era quella del consumo in grado di aiutare la produzione e quindi di aumentare il Pil”.
Fra gli eventi del giorno anche quello dedicato alla moda dal titolo Chi, dove e come: manifesto per una moda rigenerativa. Protagonista Brunello Cucinelli, presidente esecutivo e direttore creativo della omonima spa.
È stata l’occasione di parlare di lavoro e artigianato. “Ad alcuni lavori abbiamo tolto dignità, prima morale e poi economica. Invece dobbiamo ad esempio riportare all’artigianato la nobiltà del lavoro. Ricordiamoci che siamo i pià grandi manifatturieri al mondo. I padri hanno trasmesso ai figli l’obbligo di aver paura, abbiamo tolto la speranza – ha aggiunto – Se invece togli la paura e metti la speranza il mondo è diverso”. Sul rapporto tra studio e lavoro, “il 60 per cento degli esseri umani che hanno avuto successo non hanno studiato quasi niente: io non dico di fare così, ma c’è una intelligenza di anima e una di studio. Si deve miscelare”.
Per Cucinelli è importante anche la qualità del lavoro: “Se lavoriamo 12-13 ore, secondo me per il 30 per cento di questo tempo non combiniamo niente. Invece, dobbiamo lavorare massimo 7 ore, mentre l’altro tempo lo dedichiamo a noi stessi e alla nostra anima. Dobbiamo miscelare il lavoro allo spirito, la tecnologia all’umanesimo. Non possiamo far lavorare le persone davanti a un muro perché se guardano fuori producono meno”.
“Abbiamo vissuto un trentennio di tecnologia, abbiamo provato a governare l’essere umano solo con la scienza – conclude – E non è possibile, ci vogliono scienza e anima. E questo non vale solo per le imprese, ma per tutti noi”.