Da “Strappare lungo i bordi” alla famiglia, i viaggi e Rebibbia: Zerocalcare si confessa ai fan di Lucca Comics

31 ottobre 2022 | 17:46
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Michele Rech: “Il mio materiale è la vita. Ma ognuno ha delle cose da dire, e sono dentro di sé. Bisogna solo trovare il proprio mezzo per esprimerle”

Ironico e divertente, ma allo stesso tempo, capace di toccare temi intimi e profondi. Fra applausi, risate e momenti di commozione, Zerocalcare, nome d’arte del fumettista Michele Rech, rapisce il pubblico di Lucca Comics sul palco dell’auditorium di San Francesco, dove a tu per tu con il suo editore Michele Foschini di Bao Publishing, racconta, calendario alla mano, mese dopo mese, come riesce a mantenere una produttività invidiabile nonostante l’universo intero cospiri per impedirglielo. In un dialogo a tu per tu con il pubblico.

“Il tipografo mi aveva detto che dovevamo consegnare le tavole entro il 30 marzo. E Michele, ‘no: prima del 2 aprile non sono pronte’. Incredibile ma vero, il 2 aprile ha consegnato tutto il materiale” racconta l’editor Michele Foschini. Dalle avventure prettamente editoriali, tuttavia, l’intervista si estende alle curiosità della platea, per raccontare di viaggi e della famiglia. “Tua madre è fiera di te. Tuo padre pensa che qualsiasi altro editore se la cavi meglio di me – incalza l’editore – Ti ricordi di quella vigilia di Natale, a casa di tua madre… perché non racconti di quella grande festa?”.

“Grande festa per tutti ma non per me – scherza – Tutti in queste occasioni si portano i miei libri e io devo fare le dediche mentre loro bevono e mangiano… Sembra di essere a Lucca Comics: mamma non vengo più!”.

E poi l’estate “che Michele è stato a Disneyland – prosegue l’editore – è andato per qualche giorno a giro con questo gadget a forma di zuppiera di acciaio”. ”Sì, ricordo: e io non le mangio neanche le zuppe – scherza il fumettista – Mi sono divertito. Il mio ideale di divertimento? In questa fase della mia vita, vorrei leggere, andare al cinema, vedere serie e andare ai concerti. Vorrei stare bene, certo: non ho paura di stare bene. Il problema è capire cosa mi fa stare bene”.

I suoi lettori, il pubblico, che caloroso applaude e pende dalle sue parole. Anche quando Zerocalcare parla di quella routine “che va avanti da 10 anni. La gente, in ogni città, mi chiede di venire a cena con loro, e mi prende per uno stronzo quando spiego che non posso perché non ho tempo. Crede che vada a mangiare le ostriche, ma la verità è che non ho mai un buco per pranzare e cenare”.

Tutti, poi, lo fermano per strada, per firmare autografi, ore e ore a fare dediche sui libri. E proprio per questo teme gli aeroporti: “C’è un volo in particolare, che da Roma arriva a una città del sud Italia, che temo. Ci sono sempre un sacco di persone che mi aspettano sempre. Non si sa come lo sappiano che sono su quel volo, loro mi aspettano all’uscita del gate”.

“Ma poi ho capito – continua – sono persone che aspettano chiunque con le foto per farsele firmare… Ci sono aeroporti, poi, dove tutti mi conoscono”.

A Rebibbia, invece, Zerocalcare non è una star. “Rebibbia è un posto dove l’unico tratto comune è l’assenza di servizi. Ma il reddito, il lavoro, e tutto il resto, sono elementi così diversi che non si può parlare di questa zona di Roma come un monolite”.

“Se si sono accorti di me? Un ragazzo per strada mi ha detto ‘ho visto un tuo disegno. Oh dai, magari prima o poi sfondi’: era l’anno scorso. Però, Strappare lungo i bordi è la prima cosa che mi ha fatto conoscere e apprezzare anche da quelle parti”.

Da Strappare lungo i bordi alle altre sue opere, Zerocalcare parla anche del suo rapporto con la creatività e con il doppiaggio. “L’unico modo per mantenere il controllo su ciò che faccio, è farlo io il doppiaggio. Quando poi esce una cosa mia, penso sempre che sarà uno sfacelo. Penso che sarà inevitabilmente la rovina della mia carriera”.

“Ma le cose da dire ce le ho dentro di me. Il mio materiale è la vita, a volte mi impegno per fare cose, per fare succedere qualcosa – scherza, rispondendo all’ultima domanda – ma ognuno ha delle cose da dire, e sono dentro di sé. Bisogna solo trovare il proprio mezzo per esprimerle ”.

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