Folla al Giglio per Roberto Saviano: “I fumetti? Hanno il potere di farci sentire liberi”
Ai Comics il lancio di “Le storie della paranza”, tratto dal libro dello scrittore: “Se si racconta, le cose poi si trasformano. Se illumini l’ombra, poi arriva davvero il sole”
A pochi giorni dall’udienza che lo vedrà impegnato in tribunale con i legali del presidente Giorgia Meloni, questa mattina (1 novembre) – in occasione dell’ultima giornata del Lucca Comics and Games – Roberto Saviano ha presentato l’anteprima del quarto volume de Le storie della paranza, la serie a fumetti (edita da Feltrinelli) che riprende le storie ed i personaggi del celebre libro, poi diventato anche film, La paranza dei bambini.
Insieme a lui – sul palco del Teatro del Giglio – anche la giornalista e direttrice de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, Agnese Pini, lo sceneggiatore delle opere, Tito Faraci e il noto Michelangelo del fumetto, Tanino Liberatore.
L’opera La memoria delle ossa, come detto, è l’ultimo dei quattro volumi con storie inedite e originali disegnate da Liberatore: a Lucca Comics 2022 sarà disponibile in edizione limitata e saranno vendute solo 500 copie numerate. In libreria, invece, sarà disponibile dal 22 novembre.
Ma torniamo “sul palco”. Il tema che ha rotto il ghiaccio alla presentazione è stato quello della libertà: niente infatti, come l’arte, ha davvero a che vedere con questo concetto. Eppure anche in questo mondo ci sono tante limitazioni: “Io personalmente non ho mai avuto grandi problemi con la censura, ma ci sono – ha raccontato Liberatore –. Credo che alla fine si è liberi solo nel pensiero. La vera libertà è riuscire ad essere fedeli a noi stessi”.
“Nei fumetti tutto è rappresentabile – ha aggiunto Tito Faraci – ma spesso è difficile farci comprendere. Il male e la violenza, ad esempio, creano sempre incomprensioni. Le persone spesso non capiscono che tra la violenza e rappresentazione di essa c’è in mezzo un oceano. A volte ci additano come violenti quando magari volevamo solo esprimere un concetto, raccontare una storia. Forse essere liberi, nel nostro mestieri, è quello: poter rappresentare il male senza essere giudicati”.
“Una persona è libera quando può dire ciò che vuole – ha commentato Saviano – sulla pagina, almeno all’apparenza, non si hanno limiti, si può scrivere ciò che si vuole e quanto si vuole. E’ un po’ questo il potere della letteratura, ma anche dei fumetti. Non serve nemmeno un budget così alto, a differenza dei film o anche delle inchieste giornalistiche. Sei libero di scrivere ciò che vuoi, è vero, ma poi magari ti fanno causa, ti denunciano. La verità è che la libertà non è mai reale. Dicendo ciò che volevo, mi hanno accusato più volte di far propaganda al male. A Scampia però, dopo le mie parole, hanno finalmente aperto un polo universitario. Se si racconta, le cose poi si trasformano. Se illumini l’ombra, poi arriva davvero il sole. Se si è una persona famosa si è molto limitati a dire ciò che si vuole. Se bestemmi sotto un post di qualche politico, se non sei nessuno ti ignorano. Se sei un personaggio noto, invece, basta poco per pagarne le conseguenze”.
Secondo la giornalista Pini, è anche l’ossessione del “politicamente corretto” ad uccidere la libertà: “Ristabilire un equilibro nel linguaggio e nelle parole è sicuramente una cosa bellissima e giusta – ha detto Saviano – il problema è lo stigma: se fai un errore, anche in buona fede, ecco che arrivano tutti lì a puntarti il dito addosso. Basta un semplice errore per uscire da quello che è definito ‘il mondo dei giusti’. Da cosa buona, diventa moralismo, uno strumento di manipolazione. Essere ‘politicamente corretti’, spesso, ci porta ad essere anche inquisitori. Nella ‘storia della paranza’ invece non esistono moralismi, quella raccontata è la storia di tanti, forse di tutti”.
Una storia fatta di tanti personaggi che, spesso, non sono stati semplici da creare: “Ho dato spesso ‘la voce’ a personaggi non creati da me che poi però ho fatto miei e mi ci sono affezionato. Un po’ come fare un furto ma senza scasso – ha detto Faraci – Con i personaggi di Roberto, però, ho sempre sentito una sorta di dannazione. D’altronde non si può scappare dal nostro passato, si può sfuggire da tutto tranne da quello. Soffrivo mentre scrivevo i testi”.
Dai disegni esce la personalità di ogni protagonista che, grazie al talento di Liberatore, si conserva anche quando i personaggi crescono e si evolvono, purtroppo sempre nella stessa direzione: “Sono ragazzini spietati che non hanno nessuna intenzione di cambiare – ha detto Liberatore – Sono politicamente incorretti e gli sta bene esserlo. Io disegno sempre di pancia e per mio piacere personale, quindi – dopo aver letto le storie di Roberto – ho seguito solo il mio istinto. Spero che la personalità di ognuno di loro, attraverso la mia matita, si capisca davvero”.
“Sono senza dubbio soddisfatto del lavoro che ha fatto Tanino – ha detto Saviano – i ‘paranzini’ hanno il viso dolce, ma perché lo sono. Non sono personaggi che incutono timore come Scarface, e mettere paura non è il loro obiettivo: sono ragazzini dei nostri tempi, ossessionati dal barbiere e dall’apparire fighi. Sono duri, sì, ma quando serve. Proprio per questo questa è la storia di tutti, è qui la denuncia: queste storie ci dicono ‘guarda questo mondo che credi lontano, ma in realtà è anche il tuo’. E’ la storia di ognuno di noi, noi che viviamo in un mondo fatto di ingiustizie, dove vince sempre il peggiore. E questo i paranzini già lo sanno. Io li ho raccontati in 100 pagine, il disegno ti fa capire come sono in un attimo”.
Ragazzini, come dicevamo, che non hanno voglia di cambiare: avrebbero tante alternative per svoltare la loro vita, ma non vogliono, forse non se ne rendono nemmeno conto. Hanno paura della loro paura.
“Bisogna capire che questi ragazzini, queste persone, sono marchiate dalla società – ha commentato Saviano – Sono ciò che hanno fatto, per loro è difficile essere altro. C’è poi anche il problema della disparità economica: se spacci non guadagni quanto un operaio. Con 5mila euro di cocaina, se entri nel giro giusto e riesci a piazzarla, puoi fare anche un milione in una sola sera. I ragazzini sono cresciuti con questo obiettivo, e difficilmente glielo levi dalla testa. Loro ambiscono a quello. L’età media con la quale si muore è aumentata in tutto il mondo, sì, ma le statistiche non ci dicono che in alcune parti del mondo e del sud Italia, morire ammazzati a vent’anni è la prassi. Ci sono zone del mondo in cui ragazzi 18enni sono capi di Cartello e a 19 li trovano morti. Loro sanno di dover morire giovani, anzi: se muori a vent’anni sei anche leggenda. Sei un giusto, sei uno che nella vita ha fatto strada”.
“Il reddito di cittadinanza ha allontanato molto la popolazione dal crimine – ha raccontato Saviano – se rubi un motorino lo rivendi a niente, e c’è anche il rischio di essere beccati. Con il reddito di cittadinanza rubare non conviene più. C’è stato sicuramente un intorpidimento del mercato del lavoro e senza dubbio andava e va ancora gestito meglio, ma i reati sono notevolmente diminuiti. Tanti criticano quando sentono che sono stati spesi soldi per rendere più dignitose le carceri, sbagliano: più il carcere è duro, più si ha bisogno di ‘protettori’. E i protettori alimentano solo la criminalità organizzata”.
Un anno fa, sempre al Lucca Comics, Saviano aveva presentato il grapich novel ‘Sono ancora vivo’ dove aveva raccontato tante sue fragilità. “Un anno dopo va sempre peggio – ha detto – Ti abitui a tutto, a tutte le cazzate che girano sul tuo conto, alle bufale, alle offese, ormai non ti sorprende più niente, ma fa male. C’è chi mi dice ‘ma se una cosa non è vera smentiscila, sui social hai milioni di followers’. Ma non lo faccio mai, lascio correre. Aspettano proprio che io smentisca, che dia del bugiardo a qualcuno, così partono le querele e do visibilità. Lasciando sempre perdere, però, arrivi a non avere più pelle, e le palle piene. La cosa che mi fa più male è quando persone a me care, persone a me vicine, leggendo qualche cavolata vengono a chiedermi ‘Ma è davvero così? È vero che hai l’attico a New York?’. Anche le persone che conosco da una vita credono alle bufale. E allora penso ‘sì, hanno davvero vinto loro’”.