Giochi e inclusività, la sociolinguista Gheno: “Più opportunità non significa manomettere il sistema”

1 novembre 2022 | 17:54
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Giochi e inclusività, la sociolinguista Gheno: “Più opportunità non significa manomettere il sistema”

La traduttrice e paladina della schwa in dialogo con gli editors Francesca Gherardi, Lorenzo Fanelli e Sara Gianotto

La questioni di lingua si riflettono anche nel gioco, e quindi a che punto siamo con inclusività e accessibilità? Ne hanno parlato questo pomeriggio (1 novembre) Francesca Gherardi, Lorenzo Fanelli e Sara Gianotto, editor rispettivamente di GateOnGames, Asmodee Italia e Need Games, insieme alla sociolinguista, traduttrice (e anche gamer) Vera Gheno, tra le più note sostenitrici della schwa come forma neutra adatta a sostituire il maschile sovraesteso nella lingua italiana, per rendere il linguaggio più inclusivo e non binario.

vera gheno lucca comics 2022

Questioni queste, che si iniziano a porre anche gli editors, e che si sommano alle diverse complessità che già devono affrontare nella localizzazione dei giochi da tavolo, dei videogiochi e dei giochi di ruolo. Quali sono, ad esempio, le accortezze da prestare nell’adattamento di un prodotto ludico basato su una licenza come Star Wars, Il Signore degli Anelli o Dungeons & Dragons? Come far combaciare, nella ‘traduzione’ dall’inglese all’italiano di un gioco, la volontà esperienziale dell’autore con le diversità culturali (oltreché linguistiche) dei giocatori? Come tutte le questioni complesse, non c’è mai un’unica risposta a queste domande.

Il compito dell’editor è infatti quello di mettere in dubbio qualsiasi cosa sia scritto senza, spesso, aver un canale diretto con l’autore del gioco, per rendere un prodotto il migliore possibile. Per farlo, occorre che i ‘revisori’ abbiano diverse accortezze, dal mantenimento della stessa nomenclatura nei glossari, all’adattamento culturale di citazioni e modi di dire, che in lingua diversa, non sortirebbero lo stesso effetto. In sostanza, come ricordato da Lorenzo Fanelli, “non puoi limitarti a tradurre”. Da qui si apre poi anche la questione del mantenimento in lingua o meno dei nomi propri, e di un’eventuale traduzione che molto spesso si interfaccia, per i giochi da tavolo, con il mondo anglofono.

“Gli italiani hanno un rapporto strano con le altre lingue – interviene Vera Gheno -: siamo sostanzialmente delle ‘pippe’ con l’inglese e quindi da una parte c’è chi sostiene che l’inglese uccida l’italiano, ma d’altro canto spesso si usa perché usarlo ‘fa più figo’. Anche nei giochi da tavolo, ad esempio, si tende a usare termini inglesi perché arrivano di più”.

“Come giocatori ci affezioniamo sempre alle versioni che già conosciamo – aggiunge Sara Gianotto – ma come editor dobbiamo porci sempre una domanda: è preferibile scegliere di fare ciò che più piace a noi affezionati o dobbiamo comunque coinvolgere e avvicinare chi magari vuole approcciarsi al gioco per la prima volta? Non è semplice né banale coniugare queste diverse esigenze”.

Come sottolineato da Vera Gheno, infatti, ogni comunità vive di una propria linguistica, e così accade anche per il gaming.

“Negli anni ’90, quando provai ad avvicinarmi per la prima volta ai giochi di ruolo, anche in quanto donna, ebbi subito l’impressione di una community chiusa ed esclusiva, che tendeva a mantenere la sacralità del circolo chiuso. Ecco questo gatekeeping si ritrova oggi in tutti i settori e ambienti”.

Infine il tema del maschile sovraesteso, che nella stragrande maggioranza dei manuali di gioco rimane un punto fermo (vedi ad esempio :”Il giocatore che effettua l’ultima azione”, e così via) sia nel passaggio dal neutro inglese alla grammatica italiana, sia nei giochi che  comunque nascono in lingua, anche se qui, come ricordato dagli editor, il margine di azione in quanto a creatività consente di sperimentare forme nuove, soprattutto nei giochi di ruolo dove già esistono le prime possibilità di scegliere almeno personaggi pre-generati non binari.

“Aggiungere opzioni per chi vuole seguirle – conclude Vera Gheno – non significa manomettere il sistema ma renderlo più accessibile e inclusivo”.