Applausi e commozione al Giglio per Silvio Orlando con “La vita davanti a sé”

Si è conclusa con successo ieri (domenica 5 marzo) la tappa lucchese dell’attore napoletano
Si è conclusa con un fragoroso applauso a scena aperta ieri (domenica 5 marzo) al Teatro del Giglio la tappa lucchese dello spettacolo La vita davanti a sé, toccante monologo che ha visto protagonista un magistrale Silvio Orlando perfettamente calato nei panni di Momò, bambino arabo cresciuto nel quartiere multietnico del Belville ed allevato da Madame Rosa, un’ex prostituta.
Il testo teatrale è l’adattamento dell’omonimo romanzo scritto da Romain Gary nel 1975 poi adattato per il cinema nel 1977. L’ottima riuscita di questa pièce va attribuita non solo al talento dell’attore, ma anche alla presenza con lui sul palco dell’ensemble dell’Orchestra Terra Madre composto da Simone Campa (chitarra battente e percussioni) Daniele Mutino (fisarmonica) Diego Mascherpa (clarinetto e sax) e Kaw Sissoko (kora e djembe) ai quali a conclusione della recita di ieri (domenica 5 marzo) si è unito lo stesso Orlando, svelando un certo talento come musicista.
Le scene sono di Roberto Crea, il disegno luci di Valerio Peroni, i costumi di Piera Mura. Una storia di abbandono agrodolce e commovente, che grazie alla ben nota maestria attoriale di Orlando, ha accompagnato lo spettatore dentro l’esistenza sgangherata del protagonista dall’anima involontariamente cosmopolita, in cui ne coabitano altre ugualmente disgraziate.
“Un autentico capolavoro per tutti – come lo ha definito Silvio Orlando che ne firma la regia nonché la riduzione del testo – dove la commozione e il divertimento si inseguono senza respiro. Inutile dire – prosegue l’attore napoletano – che il genio di Gary ha anticipato senza facili ideologie e sbrigative soluzioni il tema tema temi contemporaneo: la convivenza tra culture religioni e stili di vita diversi”.
“Il mondo ci appare improvvisamente piccolo, claustrofobico, in deficit di ossigeno. I flussi migratori si innestano in una crisi economica che – sottolinea Orlando – soprattutto in Europa , sembra diventata strutturale, creando nuove e antiche paure soprattutto nei ceti popolari, i meno garantiti. Se questo è il quadro, quale funzione può e deve avere il teatro? Non certo indicare vie e soluzioni che ad oggi nessuno è in grado di fornire ma una volta di più raccontare storie, emozionanti, commoventi, divertenti, chiamare per nome individui che ci appaiono massa indistinta ed angosciante”.
“Raccontare la storia di Momò e Madame Rosa nel loro disperato abbraccio contro tutto e tutti è necessario e utile. Le ultime parole del romanzo di Gary – conclude l’attore – dovrebbero essere uno slogan e una bussola in questi anni dove la compassione rischia di diventare un lusso per pochi: bisogna voler bene”.