Vent’anni fa moriva Luciano Della Mea: il ricordo di Luciano Luciani

19 marzo 2023 | 10:55
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Vent’anni fa moriva Luciano Della Mea: il ricordo di Luciano Luciani

Il professore: “Ci mancano oggi il suo sguardo lucido e disincantato, l’originalissimo mix di realismo e utopia che hanno sempre sostanziato la sua lezione intellettuale e umana”

Nei primissimi giorni della primavera di vent’anni fa veniva a mancare Luciano Della Mea (Torre Alta, Lucca 1924 – Firenze, 2003), carismatica figura di giornalista, scrittore, intellettuale testardamente dalla parte degli ultimi. Se ne andava con lui un pezzo di storia dell’Italia migliore: quella della Resistenza, delle grandi lotte democratiche e sindacali, di un socialismo “senza se e senza ma”, antiautoritario, libertario, dal volto umano, anzi umanissimo, nutrito di democrazia dal basso e di fortissime tensioni ideali e morali.

Una posizione politico-culturale, quella di Luciano Della Mea, spesso, anzi quasi sempre, minoritaria, ma che lo ha portato naturalmente non solo a incontrare e a essere compagno di strada di tutti o quasi gli eretici della sinistra italiana, da Franco Fortini a Lelio Basso, da Umberto Terracini a Gianni Bosio, ma a partecipare alle lotte di una classe operaia che negli anni Sessanta rialzava finalmente la testa, senza dimenticare gli oppressi di tante vecchie e nuove povertà che hanno sfregiato mezzo secolo di vita del nostro paese: i matti, i tossicodipendenti, gli emarginati, i “senzastoria” che hanno costituito da sempre l’oggetto della ricerca, della passione intellettuale, della simpatia piena d’amore di Luciano.

Giornalista militante lucido ed efficace, scrittore dalla prosa incisiva e nutrita di fatti, intellettuale curioso di tutti gli aspetti della vita degli uomini, sempre straordinario organizzatore di cultura a Milano, in Toscana, in Sicilia, Luciano è stato un protagonista anomalo nel contesto della politica e della cultura della seconda metà del secolo scorso: generoso sino al sacrificio, non si è mai risparmiato, praticando e vivendo sulla propria pelle una filosofia di vita fondata sul noi e non sull’io, sull’essere e non sull’avere e, pur vivendo in mezzo e insieme a tante sofferenze personali e collettive, sul principio del piacere e non del dolore.

Toscano di profonde radici lucchesi dalla sua ospitale casa di Torre, Della Mea ha saputo guardare ben al di là dei confini locali o nazionali: per istinto e per cultura, assai prima che si parlasse della globalizzazione e dei suoi disastri, conosceva bene i guasti indotti dall’”azienda mondo” capitalista ed era ben cosciente di come l’attuale sviluppo planetario si fondi su un sistema coatto e di dipendenza obbligata. Ci mancano oggi il suo sguardo lucido e disincantato, l’originalissimo mix di realismo e utopia che hanno sempre sostanziato la sua lezione intellettuale e umana, i suoi inflessibili no a ogni piccola o grande ingiustizia. Ho nostalgia dei suoi affettuosi e severi consigli di scrittura e della sua straordinaria disponibilità umana, impegnativa in quanto vera, perché te ne offriva e te ne chiedeva altrettanta. E poi come dimenticare le parole sempre nuove che sapeva trovare di fronte alle pene della storia e ai tuoi crucci personali? Come smemorare quel suo essere, alla maniera di Guevara, tenero e duro insieme, delicato e resistente come gli olivi di Torre dove ora riposa?

In questi giorni di guerra alle porte d’Europa, di prepotenza premiata, di arroganza imperiale riconosciuta e accettata, in alto come in basso, non sarà male riflettere su alcune parole di Luciano, quelle che compaiono in appendice a Una vita schedata, il suo ultimo lavoro, un bilancio di un’intera densa, complicata, bella esistenza: “… il rispetto, la tolleranza, la gentilezza, la critica dialettica dentro la consapevolezza delle contraddizioni sono gli antidoti alla violenza: che è insita nella gelosia e nell’invidia, nella competitività, nel fanatismo, nell’odio o nella negazione del diverso quale che sia l’essenza o il carattere della diversità.”