Bob Dylan, una performance irripetibile sul palco del Lucca Summer Festival

6 luglio 2023 | 23:00
Share0
Bob Dylan, una performance irripetibile sul palco del Lucca Summer Festival

Niente cellulari e video per un concerto profondamente contemporaneo sia per le sonorità sia per i testi

The times they are a-changin’? Sicuramente, ma per Bob Dylan, 82 anni compiuti a maggio e in carniere un premio Nobel della letteratura poco o nulla è cambiato.

E non è un caso, allora, che il concerto che celebra i 25 anni del Lucca Summer Festival, di cui è stato il primo ospite in assoluto, diventi inevitabilmente una performance irripetibile di un artista rimasto unico nel suo genere.

Niente cellulari, niente video, niente maxischermo c’è solo il concerto in piazza Napoleone con tutta l’attenzione da rivolgere a lui e al suo pianoforte, al centro della scena e nemmeno particolarmente illuminato. E non aspettatevi l’esibizione di un attempato signore che snocciola i suoi vecchi classici per strappare l’applauso del pubblico.

Bob Dylan è a Lucca, così come è stato a Milano e sarà a Roma e Perugia, principalmente per presentare il suo ultimo lavoro, Rough and Rowdy Ways, uscito nel 2020 in piena pandemia. Nessuna scenografia particolare, solo un drappo di velluto rosso che fa da sfondo e una band composta da Tony Garnier (basso e contrabbassso), Jerry Pentecoste (batteria), Bob Britt (chitarra), Donnie Herron (steel guitar e violino) e una scaletta che non lascia indifferenti.

Alle canzoni nuove, infatti, unisce un ritorno alle sonorità degli anni Sessanta con Most likely you go your way and I’ll go mine (dall’album Blonde on blonde) o When i paint my masterpiece del 1971. E ancora Gotta Serve Somebody e la cover di Not fade away di Buddy Holly, resa famosa dai Grateful Dead.

Una performance, come detto, irripetibile, come un giro di tarocchi, quella del ‘freewheeling’ Bob che chiude con Every grain of sand da Shot of love e nessun bis, dopo un rapido saluto, in piedi, al pubblico presente, a cui, nell’arco dell’esibizione, rivolge al massimo cinque o sei parole. Bob Dylan lascia a tutti la sensazione di aver assistito ad un grande evento. Un’esibizione che fa capire a tutti il perché del ‘disagio’ di un cellulare sigillato in una busta per due ore. Un sacrificio che vale la pena, se tale va considerato, affrontare.

Con Bob, con il premio Nobel, non esiste smartphone, non esiste spazio virtuale in cui condividere la stessa situazione centinaia di volte anche fuori dal mondo reale e anche a chi non è presente. C’è il qui e ora, che è un qui e ora, nonostante tutto, del ventunesimo secolo. Sia per le sonorità sia per i testi, quelli che gli hanno fatto vincere il prestigioso riconoscimento svedese. Non un tuffo nella nostalgia dei ritmi folk e blues, ma qualcosa di profondamente coinvolgente e attuale. E ben distante da quella frase che apre il concerto What’s te matter with me, I don’t have much to say.