Gallicano, il rione Borgo Antico vince il Palio di San Jacopo






Il paese garfagnino, in festa dopo cinque anni di stop, si colora di rosso
Il rione Borgo Antico vince la 37esima edizione del Palio di San Jacopo di Gallicano. Dopo cinque anni – un lungo stop a causa della pandemia – i gallicanesi hanno riabbracciato la propria festa per eccellenza.
Tre rioni si sono dati battaglia nel segno dello spettacolo. Un evento giunto alla 37esima edizione, quello del palio, che è tornato ad illuminare il paese dopo il lungo stop: l’ultima festa risaliva ormai al lontano 2018. Dalle sartorie, ai carri, fino alle scenografie da lasciar senza fiato: ogni rione ha lavorato faticosamente, un lavoro che comincia mesi e mesi prima dell’evento. Si parte dal progetto e si realizzano costumi, carri, balli nella speranza della vittoria per i propri colori. “Anima il paese, coinvolge bambini, ragazzi, uomini, donne e anziani, il palio è di tutti e tutti lavorano per il palio”.
Alla fine a far festa ieri sera (25 luglio) è stato il rione Borgo Antico, che torna così alla vittoria dopo il 2016. Come ogni palio non sono mancati gli sfottò e i Bufali hanno commentato così con un post su Facebook: “Di pagliacci nel circo ne rimarranno solo due. È stata bello finché è durato… prenderci per il culo. Adesso divertitevi da soli”.
Il tema del rione vincitore – Il Fragore del silenzio
“Ti scrivo da questo luogo angusto e spero ferventemente che ti arrivi il grido sopito della mia anima. Mi dicono che gli sbagli si possono curare, la paura si può annientare, il destino si può cambiare, ma da quando si è chiusa quella porta dietro di me, lo strappo della disperazione continua a lacerare le mie membra ed il mio cuore.
In questo luogo tutti pensano che io sia matta, un mattone fuori posto nell’architettura dell’umanità, il buonismo non permette di eliminarlo, ma bensì di accantonarlo, assieme ad altri, in un cumulo abbandonato dalle cure dell’uomo.
Qui il tempo e lo spazio non si adattano mai alla mia volontà, l’unica cosa terrena sembra essere il costante odore di urina.
Guardo oltre la finestra e mentre il mio sguardo erra nell’infinito, io rimango immobile, non riesco a seguirlo, lo perdo, si perde e non potrà più tornare indietro, non potrà più raccontarmi cosa ha visto.
Il freddo e la paura regnano sovrani, non trovo le risposte e più domando, più il silenzio si fa strada e con esso la pillola della felicità.
Solo l’arrivo del buio riesce a quietarmi e a darmi una bolla dimensionale all’interno di questa macabra realtà, lì nessuno può sentirmi; ascoltando la vita che nel mio grembo prende forma piango e il tonfo sordo di una lacrima buca il pavimento.
Mi sento come una goccia che cade nell’oceano e non appena tocco l’acqua anche io divento oceano e sento espandere i miei orizzonti fin dove occhio umano può vedere e un senso d’infinito mi penetra il cuore.
Erro in queste acque, invisibile e muto ai sensi di questo mondo, solo io, a tratti, posso udire le frequenze della mia anima.
E quando un raggio di sole viene a dar luce ai miei pensieri, due angeli vestiti di nero mi prendono a braccetto e mi trascinano in alto, sempre più in alto e all’improvviso, come uno shock, mi lasciano andare.
La mia bocca mangia il morso, le mie membra si dibattono e cado, violentemente cado, velocemente cado, nuoto nel vuoto, ancora pochi secondi e una massa informe mi sopraffa.
Mi sento come una balena solitaria che canta la sua melodia d’amore nell’oceano dell’esistenza. Le sue onde a 52 hertz si propagano con forza e si disperdono in luoghi di oblio e lei, per non perdersi, continua a cantare.
lo vedo l’inizio laddove loro vedono la fine. lo vedo dei costrutti laddove essi vedono l’errore.
lo vedo le uguaglianze, laddove gli altri vedono le differenze.
lo vedo me in loro, laddove non vedono loro in me.
lo sento il fragore della vita, laddove si ode il suono del silenzio.
Se puoi, salvami, prima che io diventi matta!”.