“L’isola che non c’è”, le opere di Giuseppe Linardi in mostra a palazzo Guinigi
Sarà inaugurata oggi (22 settembre) e fa parte delle iniziative per il ‘Lucca film festival’
In occasione della prossima edizione di Lucca Film Festival, oggi (22 settembre) a Palazzo Guinigi sarà inaugurata la mostra L’isola che non c’è di Giuseppe Linardi, a cura di Alessandro Romanini e Riccardo Ferrucci.
La manifestazione è uno degli eventi di punta del panorama culturale italiano, realizzato grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, e anche in questa edizione continua la collaborazione storica con Casa d’arte San Lorenzo attraverso una mostra che si inserisce nella ricca proposta degli eventi collaterali.L’isola che non c’è raccoglie l’ultima produzione pittorica di Giuseppe Linardi, un progetto dove l’artista analizza e riflette sull’emergenza ambientale, reinterpretando, attraverso un ciclo di opere di formati diversi, capolavori cinematografici che hanno affrontato questo tema e le questioni ad esso connesse: il cambiamento climatico, la scarsità d’acqua, il rispetto della natura. Lungometraggi e cortometraggi più o meno celebri sono la fonte d’ispirazione dei suoi dipinti, che diventano un punto di fuga verso altre realtà, soggetti capaci di farci interrogare sul nostro presente e immaginare un futuro diverso, per noi e per il nostro pianeta.
Alla presentazione, che si è tenuta nella sala degli specchi di palazzo Orsetti, hanno partecipato: l’assessora alla cultura del Comune di Lucca, Mia Pisano, il direttore di Lucca Film Festival, Nicola Borrelli, i due curatori della mostra, Alessandro Romanini e Riccardo Ferrucci, Andrea Salani di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Roberto Milani della Casa D’Arte San Lorenzo. Non è potuto essere alla presentazione l’artista, Giuseppe Linardi che ha comunque rilasciato alcune dichiarazioni: “La crisi ambientale – afferma l’artista – è diventata talmente incombente e importante che anche il cinema, i grandi attori e registi di fama mondiale, hanno iniziato ad utilizzare le loro pellicole come strumenti di denuncia e di sensibilizzazione. Io ho cominciato a occuparmi dell’argomento circa quindici anni fa, in tempi non sospetti, ma adesso, purtroppo, è così scottante che mi è venuto naturale tornare ad approfondirlo, anche perché ho trovato numerosi punti di contatto tra la mia pittura decodificata e tutta una serie di film sull’argomento”.
“Con questa mostra dedicata alle opere più recenti di Linardi – dichiara l’assessora alla cultura del Comune di Lucca Mia Pisano – Lucca Film Festival dimostra una volta di più il grande spessore di un’offerta culturale che mette al centro la nostra città di temi e produzioni artistiche che rivestono un grande interesse attuale. Qui, in particolare, i visitatori saranno trasportarti in un viaggio pittorico ispirato a grandi classici della cinematografia mondiale, che hanno come fil rouge il tema ambientale, in tutta la sua urgenza. Invito dunque i cittadini, anche i più giovani, a visitare L’isola che non c’è, nella splendida cornice di palazzo Guinigi fino alla metà di ottobre”.
“Porto i saluti del presidente di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Marcello Bertocchini – dice Andrea Salani di Fondazione CrL -, il festival, negli anni è cresciuto come luogo di sperimentazione e momento multidisciplinare, che ha unito varie forme d’arte, che si sono sposate con il cinema. Altra cosa che mi piace sottolineare è la location di questa mostra e la rinascita di palazzo Guinigi dove anche Fondazione ha contribuito per la ristrutturazione”.
I due curatori, Alessandro Romanini e Riccardo Ferrucci, hanno poi speso alcune parole per descrivere la mostra: “Questa mostra è particolare per il tema che affronta, quello dell’ambiente, che oggi è di grande attualità, ma che l’artista ha sviluppato in tanti anni di lavoro – spiegano i curatori -. I complessi processi creativi dell’autore sono stati lunghi e difficoltosi, ma ha raggiunto un risultato di grande bellezza e da cui traspare la voglia di superare le difficoltà. Linardi è un artista toscano di assoluta originalità, vorrei ringraziare Casa D’Arte San Lorenzo, che punta su queste mostre molto significative. Siamo sicuri che rimarrà cuori del pubblico”.
Ad approfondire il percorso artistico della mostra di Linardi, è stato il rappresentante della Casa D’Arte San Lorenzo, Roberto Milani: “Questa esposizione nasce più di un anno fa quando già Giuseppe Linardi aveva iniziato a lavorare su questi temi – precisa -, temi legati al mondo della sensibilità verso il pianeta e da appassionato di cinema qual è, andando a riscoprire tutti i temi affrontati da varie pellicole, cortometraggi, docufilm, fino ad arrivare ai lungometraggi. La mostra è articolata in sezioni, con un importante catalogo, curato da Alessandro Romanini e Riccardo Ferrucci. L’artista lavora con il concetto di deframmentazione dell’immagine, come se l’immagine fosse composta da pixel, anche se poi in realtà non c’è nessun ausilio tecnico digitale, ma è tutto pittura su tela o su tavola. La mostra indaga diversi temi dall’innalzamento delle superfici marine, alla sovrappopolazione, all’allevamento intensivo, al disgelo, fino ad arrivare a quei rimandi secolari che riguardano la pittura antica, che già in tempi non sospetti si occupava dei soliti temi. Un’immagine a 360 gradi di quello che può essere un percorso ideale nel mondo dell’arte e della pittura, fatto con una tecnica assolutamente molto personale”.
Rapa Nui e Siccità sono opere in cui, proprio come avviene negli omonimi film da cui traggono ispirazione, firmati rispettivamente da Kevin Reynolds e Paolo Virzì, la bellezza del paesaggio si accompagna ad una struggente poesia sulla dissoluzione della natura, su un mondo che precipita nel disordine, rovinato dall’uomo e dalla civiltà. Il documentario Chasing ice di Jeff Orlowski (2012) – sulla storia del fotografo James Balog, che documentò con i suoi scatti gli effetti del cambiamento climatico – dà vita ad un ciclo di dipinti emozionali dedicati al paesaggio, alle montagne e ai ghiacciai, con l’obiettivo di lanciare un grido d’allarme ed educare il grande pubblico alla necessità di salvaguardare le risorse naturali. I meravigliosi video di James Balog comprimono anni in secondi e catturano antiche montagne di ghiaccio in movimento, mentre scompaiono ad un ritmo impressionante: Giuseppe Linardi, grazie ai colori e alle forme, riesce a trasferire sulla tela identiche vibrazioni.
Realizzate con una peculiare tecnica, la pittura decodificata, dove le immagini sono dissezionate, scomposte, dilaniate in migliaia di colpi di pennello – chiamati “codici” dall’artista stesso – quelle di Linardi sono tele di notevole fascino, che sicuramente non lasciano lo spettatore indifferente, anzi lo invitano a soffermarsi con lo sguardo, a perdersi nei particolari e a riflettere. Il titolo L’isola che non c’è, che dà il nome all’esposizione, è un chiaro riferimento ad un ideale di terra, non contaminato e florido, ma l’artista in questo caso vuole porre l’accento anche sul problema dell’innalzamento degli oceani, fenomeno che porterà alla sparizione di intere isole e intere nazioni, che saranno sommerse dall’acqua. Questa purtroppo è una visione di paura che si apre sul nostro futuro. La mostra evidenzia e illustra la grande arte di Giuseppe Linardi e testimonia la sua capacità di suggestionare lo spettatore; ogni quadro diventa un importante spunto di riflessione.
L’Isola che non c’è è accompagnata da una prestigiosa iniziativa editoriale. È realizzata in collaborazione con Casa d’Arte San Lorenzo, promotori dell’evento e con il Centro raccolta arte di San Miniato, con il supporto di Fuori Luogo.
L’artista
Nato a Buenos Aires 1971, giovanissimo si è trasferito a Follonica dove vive e lavora. Si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Il suo percorso artistico è incentrato su due diversi periodi, la prima fase seguita da una pittura iperrealista che, pur mantenendo la pittura al centro delle sue ricerche, sviluppa altri mezzi: la scultura e l’installazione. Negli ultimi anni, l’artista, nella piena convinzione che ogni idea debba essere sviluppata attraverso mezzi appropriati, realizza vari progetti, essendo volutamente al confine tra astrazione e figurazione.
Oggi “decodifica” è la parola chiave del lavoro pittorico dell’artista. Le immagini che dipingeva in passato, cercando di renderle il più possibile reali, quasi palpabili, vengono ora sezionate, smembrate e ridotte al limite della figurazione. Quella pittura così perfetta, realizzata in modo quasi maniacale, ora esplode e si frantuma in pennellate. Questi segni di frammentati, chiamati “codici” dall’artista stesso (da cui il nome “decodifica” dato alla sua tecnica), sono gli elementi costitutivi della sua nuova ricerca artistica. Si tratta di una tecnica pittorica che gli permette di dipingere più liberamente rispetto al passato, quando si atteneva alle regole della pittura accademica. La sua tecnica attuale è il risultato di una lunga ricerca, di una sperimentazione sui soggetti, di una decostruzione e ricostruzione delle immagini.
Tutte le immagini che dipinge con questa tecnica richiedono una profonda capacità di lettura, uno sforzo visivo che viene ripagato dalla scoperta del soggetto, che si svela lentamente e si arricchisce continuamente di nuovi dettagli. Le opere di Giuseppe Linardi sono un’esperienza ottica unica. Le sue tele luminose sono fonti di sensazioni ottiche sconcertanti come immagini di occhi magici o schermi interattivi.
Davanti ai suoi dipinti gli spettatori rimangono ipnotizzati dalla “decodifica” dei segni che li riporta al caos di alcuni aspetti della vita quotidiana. L’abile manipolazione dei pigmenti dell’artista trasforma le immagini statiche in vibranti animazioni che diventano metafore dell’intricato disegno dell’universo.