Salvò dallo sterminio oltre 800 ebrei: a Palazzo Ducale lo spettacolo dedicato a Giorgio Nissim

Si terrà domani (25 gennaio) in sala delle armi alle 16
Uno spettacolo dedicato all’opera di Giorgio Nissim, l’antifascista insignito con la medaglia d’oro al valore civile grazie a cui oltre 800 ebrei furono salvati dallo sterminio nazifascista.
Si terrà domani (25 gennaio) a Palazzo Ducale in sala delle armi alle 16, a cura del figlio Piero Nissim, musicista e burattinaio con la sua compagnia, una delle più conosciute in Italia e all’estero nel campo del teatro di animazione.
Giorgio Nissim nacque a Pisa il 23 marzo 1908, morì il l’1 aprile 1976. Antifascista, è stato tra il 1943 e il 1944 il principale animatore della rete clandestina Delasem (Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei) in Toscana.
Il suo impegno pubblico iniziò nel 1939 come delegato della Delasem, associazione ebraica con sede centrale a Genova nata in quell’anno per l’assistenza dei molti ebrei stranieri profughi o internati in Italia. In questa funzione Nissim si distinse soprattutto per la sua azione a favore dell’infanzia, redasse un archivio con i dati dei bambini (fino a 18 anni) e delle bambine (fino a 21 anni) internati a Pisa. I piccoli furono quindi suddivisi in gruppi di circa 10 ed affidati ai comitati femminili della Delasem delle varie città italiane al fine di trovare per ciascuno un protettore/protettrice che s’impegnavano ad aiutarli materialmente ed anche moralmente. In quest’attività di adozione a distanza dei piccoli profughi, Giorgio Nissim fu coadiuvato anche dalla giovane moglie, la dottoressa Myriam Plotkin, ebrea lituana, studentessa dell’ateneo pisano, che aveva sposato nel maggio del 1942.
Con l’8 settembre 1943, l’occupazione tedesca e la nascita della Repubblica sociale cominciò il periodo più buio delle persecuzioni anti ebraiche. La Delasem passò alla clandestinità. Raffaele Cantoni che ne era il responsabile per la Toscana, coinvolse Giorgio Nissim nelle attività del nucleo fiorentino coordinato dal giovane rabbino fiorentino Nathan Cassuto e dal sacerdote don Leto Casini per fornire carte d’identità false e sostenere le spese di sostentamento dei rifugiati. Dopo l’arresto di Cantoni e del gruppo fiorentino nel novembre 1943 (al quale egli stesso scampò miracolosamente, essendo arrivato in ritardo all’appuntamento), Giorgio Nissim, messo al riparo la famiglia in un convento, pur essendo rimasto in pratica senza guida continuò da solo l’attività. Sotto falso nome cercò nuovi punti di appoggio in provincia di Lucca: all’Abbazia di Farneta e in particolare con i sacerdoti Oblati di Lucca, tra i quali don Arturo Paoli divenne il punto di riferimento principale con don Guido Staderini, don Sirio Niccolai (entrato nel gruppo nel novembre 43) e don Renzo Tambellini (l’ultimo a far parte del gruppo).
Nissim faceva convergere in Lucca gli ebrei italiani e stranieri, spesso andando a raccoglierli lui stesso in località dell’Italia centro settentrionale. Il primo soccorso ai perseguitati era offerto in città con la collaborazione degli Oblati. Venivano ricoverati nei conventi cittadini e, nei momenti di maggiore affluenza, anche presso famiglie che si erano rese disponibili; coloro che avevano bisogno di cure erano indirizzate alle suore Barbantini. Nel giro di poco tempo (per non mettere a repentaglio la vita dei rifugiati e quella dei soccorritori) gli Oblati cercavano, tramite le loro conoscenze tra i parroci della Lucchesia e della Garfagnana (a quel tempo diocesi di Massa) una sistemazione più sicura.
Giorgio Nissim si preoccupava anche di fornire nuova identità ai rifugiati. Per la falsificazione e distribuzione di documenti falsi, carte annonarie e di identità – resi disponibili non solo agli ebrei ma anche ad altri italiani, non ebrei, ricercati perché partigiani o collaboratori della Resistenza – Nissim poté contare su una fitta rete di amicizie e disinteressate collaborazioni, come quella di Ferdinando Martini, padre di Maria Eletta Martini e del ciclista Gino Bartolo che nascondeva nella canna della bicicletta i fogli che poi recapitava in giro per le campagne toscane, riuscendo a eludere i controlli con la scusa degli allenamenti.
Per tutta la durata dell’occupazione tedesca, Nissim, correndo enormi rischi, riuscì ad assicurare una continuità di risorse ai propri assistiti, attraverso visite periodiche a Genova da don Francesco Repetto. Queste attività di resistenza civile furono condotte fino alla liberazione di Lucca, il 5 settembre 1944. Per la sua attività oltre 800 ebrei furono salvati.
Di carattere schivo, Nissim riprese la sua normale attività lavorativa di ragioniere e rifiutò sempre ogni riconoscimento. I primi particolari della sua importante azione emersero solo nel 2003, quando la Regione Toscana lo onorò con il Gonfalone d’argento alla memoria, ma piena luce venne solo quando nel 2005 la famiglia autorizzò la pubblicazione del diario che, a memoria degli eventi di cui era stato protagonista, Nissim aveva scritto nel 1961, all’epoca cioè del processo contro il criminale nazista Adolf Haikmann. Il diario di Giorgio Nissim (Memorie di un ebreo toscano, 1938-48, a cura di Liliana Picciotto Fargion, Carocci, Roma 2005) ha permesso di chiarire meglio il quadro delle attività della Delasem in Toscana, la cui estensione, per motivi di sicurezza, non era del tutto conosciuta all’epoca neppure ai diretti protagonisti, diversi dei quali, come don Arturo Paoli e don Leto Casini, sono riconosciuti a Yad Vashem tra i giusti tra le nazioni per la loro opera a sostegno degli ebrei perseguitati.
Il seguito alle nuove rivelazioni, il 25 aprile 2006 il presidente della Repubblica italiana Carlo Azelio Ciampi conferisce a Giorgio Nissim la Medaglia d’oro alla memoria al valor civile.