Appunti dal mare, alla tenuta dello Scompiglio la mostra di Anna Raimondo

Le opere dedicate al Mediterraneo sono anche una denuncia poetica
L’associazione culturale Dello Scompiglio, all’interno della programmazione del 2024 incentrata sulla voce nelle varie accezioni e significati del termine, presenta la mostra Appunti dal mare di Anna Raimondo (Caserta, 1981. Vive e lavora a Bruxelles).
La ricerca dell’artista campana esplora l’ascolto come esperienza politica ed estetica, utilizzando il suono come dispositivo per costruire ambienti relazionali in un’ottica transfemminista, suscettibile di aprire nuovi campi di indagine in cui possano convivere transdisciplinarietà e transmedialità. Attraverso la voce, il linguaggio e la deambulazione sonora, tra performance e sound art, il suo lavoro propone una negoziazione tra la comunicazione verbale e non verbale, attivando e incentivando la partecipazione del pubblico. In questo senso, soffermandosi sull’area di confine dell’intimità e dell’intimidazione del suono, la presenza dell’alterità diventa cruciale nel mettere in discussione la nozione di identità, mentre l’ascolto diventa il catalizzatore della relazione e dello scambio.
La mostra vede la confluenza di due lavori in cui la voce diventa cassa di risonanza della problematica migratoria che attanaglia l’attuale configurazione sociopolitica intorno al Mediterraneo. Una situazione in cui le nazioni interessate credono di poter risolvere il problema costruendo limiti invalicabili, frontiere in cui i diritti umani cessano di esistere o vengono direttamente annullati o limbi in cui i migranti rimangono intrappolati, senza avere il diritto di andare avanti o la possibilità di tornare indietro. Nel video “Mediterraneo”, un bicchiere vuoto posto al centro della cornice viene riempito lentamente da una successione ininterrotta di gocce d’acqua tinte di blu, mentre la voce in off dell’artista ripete incessantemente la parola “Mediterraneo”. L’immagine ipnotica del livello dell’acqua che si alza lentamente contrasta con una voce nitida che, dopo pochi minuti, inizia a stancarsi gradualmente per poi rompersi, soffocare e infine annegare. Un ritmo vocale ossessivo che diventa un lamento vibrante e che viene inghiottito dalla stessa acqua che finisce per fare traboccare i limiti del contenitore e l’orizzonte della visione. Nell’installazione sonora Derrière la mer, invece, uno spazio completamente dipinto di blu contiene una selezione di memorie e interpretazioni del mare, da parte di una serie di persone provenienti da contesti culturali e geografici diversi, che vengono messi in dialogo con passaggi coranici e biblici che trattano della stessa presenza del mare. Il risultato è una composizione sonora basata su una partitura grafica in cui convergono i registri del mondo parlato e quello dell’opera. La partitura, eseguita da Edyta Jerzeb e Jérôme Porsperger, è concepita in tre parti che affrontano altrettante sfaccettature del mare: il primo movimento Toward the sea (Verso il mare) richiama percezioni e relazioni sensuali, il secondo “Crossing the sea” (Attraversando il mare) evoca i pericoli che può rappresentare, mentre il terzo e ultimo Beyond the sea (Oltre il mare), propone visioni e riflessioni sulla fine simbolica del mare stesso. Un viaggio vocale tra culture, lingue e molteplici visioni del mare in cui questo emerge come elemento impossibile da sgretolare e non destinato a dividere.
La mostra diventa così una denuncia poetica, focalizzata sul ruolo simbolico ed esperienziale del mare nell’immaginario collettivo, che si configura come appunti sulla necessità di prendere misure di fronte all’evidente fallimento delle narrazioni costruite fino ad ora. Un tentativo di gettare le basi di un nuovo paradigma in cui possano essere accolte anche le voci che finora sono state silenziate, sommerse, inghiottite o ignorate.