Alle stampe l’undicesima fatica letteraria dell’ex preside del Vallisneri, Giuseppe Ciri

‘Quell’unica bella occasione e altre storie’ esce per i tipi della Marco Del Bucchia Editore: “Ogni volta dico che è l’ultimo lavoro”
Ci sono passioni che nascono per caso ma poi si interrompono ed altre che se coltivate nel modo giusto possono crescere e durare tutta la vita. Sono passati esattamente 20 anni da quando il professor Giuseppe Ciri ha lasciato il liceo Vallisneri ed il mondo della scuola dove aveva lavorato per più di quattro decenni.
Ricoprendo anche agli inizi il ruolo di docente. Ma per tanti e sicuramente per più generazioni di ex studenti liceali lucchesi è sempre l’indimenticato preside Ciri. Oltre ad aver ricoperto la carica massima dell’istituto di via delle Rose per ben vent’anni, Ciri a Lucca ha svolto anche altri ruoli importanti in diverse associazioni o istituti. Classe 1939 di Seggiano sull’Amiata, da circa un decennio si sta dedicando alla scrittura. Una passione nata negli anni della gioventù, cresciuta durante l’università e mai sopita anche durante i lunghi anni di lavoro scolastico. Ogni anno fra libri di poesie e racconti, sono quasi sempre un paio le pubblicazioni che escono dalla sua instancabile penna creativa.
Ciri per questa primavera presenta alla città l’undicesima fatica letteraria. Il volume che molto probabilmente sarà presentato anche con un evento pubblico a Lucca fra qualche settimana, si intitola Quell’unica bella occasione e altre storie (Marco Del Bucchia editore, collana Vianesca/Narrativa 2025). “Ogni volta negli ultimi anni – rivela Ciri – dico che è l’ultima. Poi invece è ancora forte la voglia di ripartire con una nuova pubblicazione. In versi o in prosa. L’amore per i classici e la loro forza vitale ancora oggi, per la poesia in generale, la mitologia o per la natura riprende corpo sempre forte nella mia mente e poi sulla carta. Ma anche il ricordo della giovinezza con le sue aspettative e le sue dolci passioni riaffiorano con il trascorrere delle stagioni e non sono mai sopiti”.

Il volume è un’opera questa volta di narrativa tutta da scoprire con undici racconti che Giuseppe Ciri ama particolarmente trattare, intervallati da nove intermezzi ed un’appendice finale dove ha scritto un resoconto personale di una reclusione per pandemia.
“Si tratta di una mia nuova fatica letteraria nell’ambito della narrativa – prosegue – Mi diletta molto scrivere. E questo si può anche evincere agli inizi del volume nella citazione della nota frase di Orazio Ubi quid datur oti, in ludo chartis ovvero Se ho un pò di quiete mi diverto a scrivere che ho citato come dedica”.
La presentazione è a cura ancora una volta di Mary Baldaccini, docente durante la parte finale della presidenza Ciri nei suoi anni di liceo scientifico ed ora spesso autrice delle prefazioni dei suoi libri. “La professoressa Baldaccini – rivela Ciri – ci svela anche il significato del titolo dell’opera. Ci sono echi e reminiscenze dantesche della Divina Commedia e in una nuova modalità con le figure di Marco e Leda che richiamano lo stesso amore fra cognati come nel famoso canto di Paolo e Francesca. I due, a differenza dei più noti personaggi danteschi, vivranno pienamente e con grande passione un’unica volta il loro amore. Non ci potrà essere una seconda possibilità ed entrambi rientreranno poi del tutto nei canoni matrimoniali. Ma ci sono anche storie dove si affrontano tematiche come la violenza di genere. E gli intermezzi che ritornano anche in altre storie servono per dare talvolta più leggerezza ai racconti precedentemente scritti”.