Dalla mobilità alla cultura: Lucca si sforzi a essere smart

30 marzo 2014 | 07:32
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Dalla mobilità alla cultura: Lucca si sforzi a essere smart

Smart city o città intelligenti, come si preferisce. Una definizione ormai abusata e di cui tutti vorrebbero fregiarsi del titolo. Anche Lucca, a dispetto del suo essere sempre uguale a sè stessa e quasi immune alle innovazioni. Lo fa, organizzando anche eventi in tal senso, grazie al sistema di smistamento merci con veicoli elettrici Lucca Port. E lo fa anche per la presenza in città, nel polo tecnologico, di una eccellenza delle nuove tecnologie applicate alle imprese come Lucense, tanto all’avanguardia quanto poco conosciuta e considerata dalla città.

Ma è sotto gli occhi di tutti che sono più le cose che mancano rispetto a quello che ci sono perché Lucca possa definirsi una smart city, nel senso comunemente usato. Per “colpe” ataviche e contingenti. Ma fatto sta che difficilmente può essere considerata smart una città dove l’intera mobilità, al di là dell’attesa degli assi viari, è carente. Lo è quella pedonale, per l’assenza di marciapiedi che abbiamo la dignità di esser chiamati tali. Lo è quella ciclabile, nonostante lo sforzo (e i fondi regionali) per aumentarne i chilometri. Per non parlare del trasporto pubblico, poco sfruttato dai cittadini perché spesso cervellotico e poco funzionale: senza una circolare che fermi almeno a tutte le porte della città per evitare il traffico di attraversamento anche delle navette e dove, spesso, per arrivare in centro storico dalla prima periferia serve addirittura fare un cambio di mezzo. Per finire poi al traffico e alla sosta: strade a doppio senso dove a malapena ci passano una macchina e un motorino e condizionate anche dalla sosta selvaggia, segnaletiche provvisorie quando non proprio sbagliate e una città tagliata in due dalla ferrovia (o dal fiume, vedansi le criticità a Monte San Quirico). E ancora parcheggi dove, salvo le eccezioni per cui è stata inserita la possibilità di pagare con carta di credito o l’esperimento dell’Europark, bisogna frugarsi a caccia di monetine con il timore di non averne mai abbastanza per il periodo necessario.
E ancora, il sistema museale e culturale, l’accoglienza turistica, l’informazione al cittadino, la burocrazia degli uffici, la pubblicizzazione degli eventi. Tutte questioni affrontate in “old style”, con cartellonistica, volantini e vele. Laddove ormai si fa tutto con il tablet o con lo smartphone, dall’acquisto dei biglietti alle certificazioni. Laddove ormai in qualunque centro commerciale la fototessera viene digitalizzata automaticamente dal gestore, ci si affida ancora alle macchinette per le fototessere. Laddove la posta elettronica certificata fa fede come una raccomandata va ancora recapitato il materiale cartaceo con le fotocopie dei documenti di identità agli uffici. E per fare un biglietto di un museo e di un teatro bisogna sempre fare la fila (se c’è) negli orari di apertura, mentre basterebbe un clic o una semplice procedura on line.
Si può discutere che la tecnologia sia per molti ma non per tutti. Ma quei molti ne gioverebbero a costo (quasi) zero o comunque con il supporto magari di qualche fondazione bancaria, se mai si decidesse di dedicare una apposita sezione dei bandi ai progetti destinati allo sviluppo tecnologico. E la sola possibilità magari invoglierebbe qualcuno ad uscire dal proprio analfabetismo digitale, visto che ormai l’orientamento, con un occhio ai nativi digitali, va in questo senso.
E per finire un occhio alla pubblicità degli atti del Comune. E’ vero che sul sito internet delle amministrazioni, come previsto dalla legge, sono pubblicate delibere e determine degli enti. Atti che però, visti i tanti richiami legislativi o ad atti precedenti, risultano illeggibili ai più. Quando basterebbe, ma questo è un tema da aprire a livello nazionale, che ogni testo sia linkato in ipertesto a tutti i riferimenti che vengono fatti. Un esempio: si è detto che il nuovo regolamento sulla somministrazione di alimenti e bevande è stato “asciugato” per il richiamo alle norme di legge nazionale e regionale, per eliminare citazioni doppie. Siamo certi che questo, invece che una facilitazione, non rappresenti un aggravio per chi deve leggerli e applicarli? Per interpretarlo, infatti, servono altri testi o un codice civile, probabilmente. Quando anche qui la “salvezza”, almeno per il testo digitale, potrebbe essere un clic.
E allora per tutto questo e per mettere le basi per una città veramente smart e al passo con i tempi, efficace e trasparente, forse non sarebbe male che la delega all’innovazione tecnologica, in capo all’assessore Giovanni Lemucchi, non fosse residuale rispetto a quelle “pesanti” relative a sviluppo economico, attività produttive e società partecipate. Per un’adeguata formazione del personale del Comune e uno sguardo a un futuro che arriverà molto prima di quanto non ci se ne possa accorgere.
Un treno a cui, ancora una volta, Lucca potrebbe non rimanere agganciata. Con tutte le conseguenze del caso.

Enrico Pace