Inclusione sociale, appello del Vescovo alla città

19 aprile 2014 | 18:00
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Inclusione sociale, appello del Vescovo alla città

“Aria nuova” nelle comunità di credenti. Un invito che l’Arcivescovo Italo Castellani nella sua omelia per la Santa Pasqua rivolge anche ai parroci: “Aprite le vostre sacrestie”. Ma che è anche una preparazione all’argomento che l’Arcivescovo rivolge all’intera città, comprese le sue istituzioni dove è alto, secondo Monsignor Castellani, il livello di “conflittualità”: il tema è quello dell’inclusione sociale e dell’accoglienza. “La permanente e sterile litigiosità presente nel mondo degli adulti e nelle istituzioni – ammonisce Castellani – finisce per offrire alle giovani generazioni uno scenario comunitario altamente diseducativo, che rischia di disaffezionare le  nuove generazioni da un proprio specifico impegno, nella stessa partecipazione alla vita pubblica e nello stesso volontariato che libera energie nuove, con il rischio di ripiegarsi su se stesse”.

Di seguito riportiamo il testo integrale dell’omelia di Monsignor Castellani.
Chi ci può garantire che “Gesù è risorto”?
Questo interrogativo è legittimo, sia per l’uomo che si sta aprendo a Cristo che per l’uomo credente, mentre la cristianità celebra l’avvenimento su cui si fonda la propria fede: la Risurrezione di Gesù di Nazareth!
Sono i protagonisti storici, cioè coloro che hanno assistito di persona alla morte di Gesù e alla sua Risurrezione, che ci danno garanzia della Sua Risurrezione.
I diretti testimoni degli avvenimenti che circondano la Risurrezione di Gesù di Nazareth –come abbiamo ascoltato dalle Scritture, che di fatto sono il documento autentico della nostra fede–  si chiamano: Maria di Magdala, l’apostolo Pietro e il discepolo amato da Gesù, identificabile nell’Apostolo Giovanni (Gv 20,1-9).
Maria di Magdala rappresenta ogni persona che si fida e ama profondamente Gesù: è la prima a vedere e testimoniare che “la pietra era stata rotolata dal sepolcro” (Mc 16,4)! Giovanni rappresenta ogni persona, soprattutto giovane, che intuisce velocemente la novità dei ‘segni di speranza’ operati dal Risorto e ha fiducia sul futuro di Risurrezione promesso da Gesù: “Uscì insieme a Pietro… ma corse più veloce di Pietro e giunse prima al sepolcro” (Gv 20,4).
Pietro rappresenta la persona che si è fatta un po’ il callo nella vita, anche per le delusioni incontrate, che alla prova dell’evidenza di una tomba vuota, è capace di far memoria  in un istante di quanto Gesù aveva detto: “Il terzo giorno risusciterò” (cf Lc 24,46).
Per “vedere” e “credere” i nostri testimoni della Risurrezione – Maria di Magdala, Pietro e Giovanni– hanno bisogno di affidarsi alla Parola del Signore, già ascoltata direttamente da Lui, e non solo ai loro occhi: “Non avevano ancora compreso la Scrittura, cioè che egli doveva risorgere dai morti” (Gv 20,9).
È il percorso che è chiamato a fare ogni discepolo del Signore – e noi siamo tra questi – chiamati a sperimentare la gioia del ‘credere’, fidandoci solo della Parola del Signore che ci aiuta a ‘vedere’ e ‘riconoscere’ i segni di speranza che il Risorto da sempre opera nella storia dell’uomo e nella nostra vita.
In questa accoglienza nella fede della Risurrezione del Signore, come punto fermo della nostra vita e testimonianza della comunità cristiana, facciamo nostro l’interrogativo che si portavano nel cuore Maria di Magdala e le sue due amiche quando di buon mattino si mossero verso il Sepolcro di Gesù e si dicevano: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?” (Mc 16,3).
La Pasqua scriveva un mio amico Vescovo Tonino Bello, di cui è in corso la causa di beatificazione, è “la Festa dei macigni rotolati” dalla forza della Risurrezione di Gesù.
Quali sono i macigni, a livello ecclesiale e sociale, che il Risorto vuole rotolare via con noi, con la nostra personale collaborazione, in questa Pasqua 2014?
A livello ecclesiale invito le nostre comunità cristiane a far entrare al proprio interno aria nuova –lo Spirito del “lievito nuovo” della Risurrezione– e a uscire con decisione dal chiuso delle nostre ‘sacrestie’: per condividere sempre più con grande umiltà e illimitato spirito di accoglienza, i bisogni spirituali e materiali della gente che vive sul nostro territorio.
In particolare chiedo a me e a tutti noi di “rotolare via” preconcetti e pregiudizi che creano distinzione tra i cosiddetti ‘lontani’, che rischiano di essere considerati così da noi che ci sentiamo e riconosciamo come gli unici, veri e autentici ‘buoni’ parrocchiani.
Quante persone nelle nostre comunità si sentono dimenticati, marginali forse per causa nostra –giovani che vivono l’una o l’altra trasgressione, uomini e donne che vivono nella solitudine perché considerati ‘diversi’, fratelli e sorelle immigrati, coppie di separati e conviventi…– esclusi non solo dai sacramenti, ma soprattutto dalla vita comunitaria?
È giunto il momento di ‘rotolare via’ sospetti duri a morire e, a partire da questa Pasqua che      irrora ‘vita nuova’ –lo Spirito del Risorto– sulle vene della cristianità, chiederci seriamente: noi credenti e praticanti che ci sentiamo ‘sicuri’, ‘forti’ nella fede, non siamo forse deboli nella carità e nella misericordia?
A livello sociale, come cittadini e Istituzioni che viviamo su questo meraviglioso fazzoletto di terra della Lucchesia, ritengo che siamo chiamati a passare dalle parole ai fatti a riguardo di quanto Papa Francesco chiama “l’inclusione sociale” dei poveri e l’impegno per il “dialogo sociale”.
Riguardo al “dialogo sociale” – fatto salva la naturale dialettica e confronto tra le diverse posizioni e competenze– mi sembra che il nostro territorio stia oggi registrando un alto tasso di conflittualità spesso, oltre che tra persone, anche all’interno delle stesse istituzioni: conflittualità fine a se stessa che rischia di logorare e demotivare le persone, togliendo e disperdendo ossigeno vitale per un servizio al bene comune, che sempre più richiede unità di intenti e serene collaborazioni, sviluppo di risorse e valorizzazione di potenzialità presenti tra noi.
Senza dimenticare che la permanente e sterile litigiosità presente nel mondo degli adulti e nelle Istituzioni finisce per offrire alle giovani generazioni uno scenario comunitario altamente diseducativo, che rischia di disaffezionare le  nuove generazioni da un proprio specifico impegno, nella stessa partecipazione alla vita pubblica e nello stesso volontariato che libera energie nuove, con il rischio di ripiegarsi su se stesse. Non possiamo accettare che i giovani –questo mi sta particolarmente a cuore, insieme a quanti hanno a cuore il futuro– si sentano dei “superflui”, se non degli “scarti” in una società che sembra non avr bisogno di loro!
Riguardo all’inclusione sociale – mentre la nostra attenzione in questi giorni va in particolare all’accoglienza dei “profughi” scappati da paesi dilaniati da guerre senza fine, ma anche pensando a tutti coloro che tra noi per la crisi economica e mancanza di lavoro vivono di fatto una vera e propria esclusione sociale– Papa Francesco ci incoraggia ad una costante attenzione a tutti coloro che sono “senza terra, senza tetto, senza pane, senza salute… non solo per assicurare a tutti il cibo, un decoroso sostentamento, ma perché possano avere prosperità nei suoi molteplici aspetti” (EG 192).
Questa Pasqua 2014 sia per tutti come una chiamata interiore, personale e collettiva, a rotolare il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della dispersione, della discriminazione, in breve del peccato e seguire la primavera di rapporti nuovi di cui tutti sentiamo un estremo bisogno.
Buona Pasqua.