
Domani, 5 maggio. Per i più colti la data della morte di Napoleone in esilio a Sant’Elena e di una delle poesia più famose di Alessandro Manzoni. Per chi invece parla e pensa solo al pallone una data infausta per l’Inter che perse lo scudetto in una fatale trasferta all’Olimpico contro la Lazio.
Più modestamente domani, 5 maggio, inizia (quasi a due anni esatti dall’elezioni avvenuta il 6 maggio del 2012) l’era del Tambellini-ter. Dall’entusiasmo delle elezioni e della vittoria netta al ballottaggio, al rimpasto dell’agosto 2013 con le dimissioni dell’assessore allo sport e al turismo Massimo Tuccori si apre una nuova fase dell’esperienza amministrativa di Alessandro Tambellini alla guida di Palazzo Orsetti. E le sfide non mancano anche se questa è forse davvero l’ultima occasione per dimostrare alla città che questa squadra e questa maggioranza sono in grandi di portare quell’aria nuova promessa in campagna elettorale
Nel tempo, infatti, sono caduti tutti i possibili alibi per l’inazione o la difficoltà a operare della giunta Tambellini: dall’inesperienza dei rappresentanti della prima giunta, all’eredità della precedente amministrazione, ai difficili rapporti con i dirigenti della macchina comunale.
Rimane, ha detto il sindaco, la criticità della riduzione dei trasferimenti dei fondi dal governo centrale, con taglio che per il 2014 sfiorano il milione di euro. Ed è per questo che, nel confronto politico che si terrà da domani oltre che di composizione della giunta bisognerà parlare di priorità. Mettendo insieme tutte le componenti della maggioranza (correnti comprese) per cercare di indicare quali saranno i punti fondamentali da sviluppare da qui alla fine della consiliatura. Turismo, cultura, ambiente, urbanistica che sia rispetto al programma elettorale originario e viste le risorse scarse si dovrà privilegiare qualche obiettivo e metterne da parte altri, costruendo in questo senso una squadra che sia in grado di “portare a casa il risultato” per usare una metafora calcistica.
Non ne va, come è ovvio, soltanto del bene della città. Ne va anche del futuro del centrosinistra in città, tema che dovrebbe interessare tutti coloro che hanno scelto di appoggiare il sindaco Alessandro Tambellini alle elezioni di due anni fa. Ed è per questo che tutti. anche valutando l’ipotesi di rafforzare la maggioranza guardando al centro dello schieramento consiliare valutando anche le mutate condizioni della politica nazionale, sono chiamati ad interrogarsi su una sorta di patto di legislatura.
Renzi, in questi mesi, d’altronde ha insegnato anche questo: dare dei temi, degli obiettivi e dei tempi in cui arrivare all’approvazione di provvedimenti importanti. Questo la maggioranza dovrebbe fare, e poi cercare di rispettarli. Gli annunci, i tanti annunci, dal piano strutturale, alla riqualificazione di piazzale Verdi, alla nuova politica museal-culturale della città; i tanti masterplan, progetti, idee passati nelle commissioni competenti hanno creato fino aspettative soltanto disattese. E poi si è lavorato praticamente solo per le emergenze. Ogni volta una nuova, ogni volta con grande fatica per uscirne. E non sempre senza “vittime”, vedasi maxirimpasto, dimissioni del consulente Arrighini per le proiezioni natalizie e, per ultimi, le dimissioni di Tuccori.
E’ forse questa, al di là di questo o quel nome da inserire in maggioranza per garantire equilibri, la vera sfida del Tambellini-ter. L’ultima concessa, forse, a questa compagine che governa la città. Se fallisse anche questa chance avrebbero infatti campo libero le opposizioni, che avrebbero tutto il tempo di riorganizzarsi per vincere la prossima tornata di amministrative ed anche il dissenso interno al Partito Democratico. Che, a questo punto, qualunque nome o istanza porti, andrebbe ascoltato non per accondiscendere ma per ritornare a discutere e ad accogliere critiche qualora fossero costruttive per il lavoro e gli obiettivi dell’intera giunta.
Il Tambellini-ter, insomma, dovrebbe cercare di uscire, se ne ha la forza e il coraggio politico, da quella turris eburnea in cui il sindaco e i suoi più stretti collaboratori hanno finito per rinchiudersi per rispondere agli attacchi esterni ed interni. Rischiando così un’autoreferenzialità accondiscendente inutile e, per certi versi, dannosa alla maggioranza e alla città.
Il 5 maggio (o il 6 o il 7, poco importa), dunque, può rappresentare uno spartiacque nell’analisi complessiva del lavoro della giunta. Tre anni, se si vuole cambiare aria, sono abbastanza. Ma bisognerebbe iniziare ad aprire le finestre.
Enrico Pace