Cultura, da superare sistema finanziamenti a pioggia

18 maggio 2014 | 11:29
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Cultura, da superare sistema finanziamenti a pioggia

Una città strana, la nostra. Apparentemente sonnolenta, assopita, abitudinaria e conservatrice. Ma capace di infiammarsi e di scaldarsi al primo accenno della primavera incipiente. Peccato che i temi e gli argomenti ritornino sempre uguali da decenni a questa parte. E non ci sono soluzioni che tengano per risolvere questioni che sembrano prive di una via d’uscita. Una di queste è quella della vitalità della città e della organizzazione degli eventi. Per mesi, dopo i Comics e fino alla fine di aprile, si stenta a trovare un motivo valido di attrazione, che sia serale o del fine settimana. Poi, come d’incanto, le iniziative si moltiplicano e si sovrappongono. Inizia puntuale come un orologio svizzero la polemica sul Summer Festival, sull’opportunità di occupare la principale piazza cittadina per un mese e più, fra la soddisfazione dei commercianti e le lamentele di (qualche) residente e quella di sovvenzionare con soldi pubblici un evento privato.

E qui sta la questione. Che riguarda l’organizzazione degli eventi culturali in genere. Perché se non è vero che con la cultura non si mangia, allo stesso tempo è di tutta evidenza che la cultura abbia bisogno del sostegno delle istituzioni. E delle fondazioni bancarie. E sono decine, basta guardare le convocazioni e i comunicati stampa relativi, gli inviti e i manifesti, i convegni, gli eventi, le mostre, gli appuntamenti, che recano impresso il simbolo di questa o quella fondazione bancaria, di questo o quell’ente. Tutti (anzi moltissimi per non far torto a quei pochi che vanno avanti da soli e si accontentano degli spiccioli) riescono a organizzare serate soltanto dopo aver partecipato a un bando o ad aver richiesto un contributo. E a quel punto poco importa, al di là di quello che viene comunicato (che è sempre un grande successo, manco a dirlo), il risultato della manifestazione o dell’evento. Se ai convegni sono più le sedie vuote di quelle occupate, se i concerti (di musica classica per lo più) sono frequentati, ed organizzati, dai soliti noti. Se alle spalle di tutto questo non esiste, troppo spesso, un progetto duraturo o in grado di lasciare qualcosa alla città. Il tutto, poi, spesso vanificato dal fatto che, siccome tutti vogliono occupare gli spazi del weekend, sono più di uno gli eventi, magari finanziati dalle stesse realtà, che si svolgono in contemporanea e che quindi impongono una scelta.
Che fare allora, anche nell’interesse degli stessi “finanziatori”, che non possono accontentarsi delle brevi righe di ringraziamento fatte diffondere dalle testate giornalistiche? Probabilmente selezionare, valutare, scremare e indirizzare. Chi allarga i cordoni della borsa, insomma, dovrebbe anche garantirsi l’efficacia dell’evento realizzato o da realizzare. Magari affidandosi a delle figure, indipendenti dall’ente, che siano in grado di valutare a priori il valore culturale ed artistico dell’evento che si intende proporre al finanziamento (oppure, in caso contrario o controverso, che possa richiedere di aumentare la quota di cofinanziamento richiesto all’associazione o al promotore) e che verifichino a posteriori che tutto quanto realizzato non solo corrisponda nei costi a quanto proposto ma anche negli intendimenti più ampiamente culturali. Privilegiando quelle iniziative che abbiano respiro pluriennale, di formazione e che coinvolgano il pubblico più giovane. Anche a costo di scontentare qualcuno, che ritiene come un atto dovuto quello di vedere il proprio progetto finanziato, patrocinato, sostenuto.
Ed anche il calendario, a quel punto, dovrebbe essere sotto il controllo prioritario di chi dà i finanziamenti. Costringendo, in qualche modo, al coinvolgimento di realtà periferiche del territorio e non solo de centro, che in primavera-estate esercita comunque una capacità attrattiva di per sé.
E se, a causa di un “giro di vite” come questo, enti e fondazioni dovessero risparmiare dei fondi questi, comunque, potrebbero essere destinati a iniziative proprie e per il bene della comunità, senza dover passare dal meccanismo dei bandi. Per buona pace degli “esclusi”. E, per la città, non sarebbe sicuramente un dramma.

Enrico Pace