S.Luca, tempi più lunghi per i familiari in rianimazione

La terapia intensiva e sub-intensiva del nuovo ospedale di Lucca aprono le porte ai familiari dei pazienti, che già a partire da questo mese di giugno – ad appena due settimane dal trasferimento al San Luca dei degenti – possono stare vicini ai loro congiunti dalle 12 alle 14 e dalle 15 alle 22 (una persona per paziente anche con eventuali cambi).
Quindi un orario molto più ampio di quello del Campo di Marte, salvo situazioni di emergenza-urgenza o particolari, per le quali ovviamente si chiederà la collaborazione e la comprensione dei visitatori. “Insieme ai colleghi Francesco Bovenzi (direttore Cardiologia), Monica Mazzoni (Neurologia e Dipartimento Medico) e Barbara Canari Venturi (Pneumologia) – evidenzia il direttore del dipartimento di emergenza urgenza e della terapia intensiva Ferdinando Cellai – abbiamo colto l’occasione del trasferimento nella nuova struttura, bella e funzionale, per mettere in pratica un progetto che da tempo avevamo in mente ma che nella vecchia struttura sarebbe stato difficile da realizzare. In Italia, infatti, le aree critiche hanno tradizionalmente una struttura chiusa: presentano generalmente regole d’accesso molto restrittive e pertanto l’ingresso e la presenza dei familiari sono limitati. Al San Luca abbiamo impostato un modello diverso e abbiamo lavorato per aprire le porte alla presenza dei parenti, che vengono così coinvolti pienamente nel percorso clinico di pazienti complessi come quelli della Rianimazione o dell’Utic e che, nell’ampio orario stabilito, possono accedere alla terapia intensiva e sub-intensiva e fermarsi tutto il tempo che desiderano fino all’orario di chiusura delle visite. La presenza dei familiari non deve essere considerata un privilegio, ma piuttosto una componente necessaria per il benessere sia del paziente che della famiglia. Inoltre il lavoro svolto in rianimazione sotto gli occhi di parenti e amici contribuisce anche a dare loro rassicurazione, rafforzando la convinzione che il proprio congiunto è seguito con impegno e in modo continuativo. Infine, l’accesso aperto favorisce una comunicazione più adeguata con i sanitari e accresce la fiducia e l’apprezzamento per l’équipe medico-infermieristica”.
“Garantire una sempre maggiore umanizzazione dell’ambiente ospedaliero – prosegue Cellai – è un’esigenza imprescindibile nella nostra organizzazione sanitaria. Il paziente prima che un ricoverato è una persona con il suo passato, il suo presente e il suo futuro: gli dobbiamo assicurare la giusta cura ma anche il diritto al suo contesto relazionale e la creazione di un clima familiare e quindi più umano. Il nuovo modello organizzativo ha infatti come obiettivo il miglioramento della qualità delle cure offerte al paziente critico, considerato nella sua integrità psico-fisica, fatta di bisogni biologici, psicologici e relazionali. La nuova rianimazione aperta è quindi centrata, oltre che sulla cura medica, anche sull’umanizzazione e sulla presa in carico del paziente, con evidenti ricadute positive sul suo decorso ospedaliero ma anche sull’esperienza vissuta dai familiari e sulla soddisfazione nel lavoro degli operatori sanitari. Dalla famiglia l’allontanamento forzato del proprio caro, ricoverato in terapia intensiva o sub-intensiva, è vissuto come una specie di esproprio del proprio congiunto e determina ansia e frustrazione; nel paziente produce invece solitudine, paura e senso di isolamento. La rianimazione aperta permette di colmare questi momenti di vissuto drammatico, di percezione negativa di un evento che comunque verrà ricordato sia dal paziente che dalla famiglia per tutta la vita”.
“Aprire l’area critica – conclude Cellai – significa anche rimettere in gioco ritmi e regole, che appartengono a una radicata tradizione. E’ quindi necessario un cambiamento culturale e una seria riflessione sul senso e la qualità dei rapporti con il paziente e la sua famiglia. E’ inoltre indispensabile fissare regole ben precise (igieniche, di sicurezza, gestionali). La rianimazione aperta non porta alcun danno al paziente e la presenza di parenti e familiari non provoca incrementi delle infezioni ospedaliere. Le regole basilari devono però essere rispettate. In particolare per quanto riguarda l’aspetto igienico una misura indispensabile è quella del lavaggio delle mani, che rappresentano il principale veicolo di propagazione dei germi. Perciò, prima e dopo aver avvicinato il paziente, occorre attenersi ad una rigida igiene delle mani”.
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