I no della Soprintendenza irritano anche enti e fondazioni

Anche gli spalti delle mura fanno parte della città. Di una città che si pensa e che si vive nel futuro e che può sfruttare anche le sue parti più “delicate” per la propria promozione e per l’attrazione turistica. Altrimenti tanto vale interdirne l’utilizzo anche a coloro che li utilizzano per correre, far passeggiare i cani, fare attività fisica o meditazione.
La favola dell’inattaccabilità delle mura urbane, in tutte le sue componenti, rischia di essere, nel 21esimo secolo, obsoleta. Specie laddove ha come unico risultato impedire di utilizzare delle grandissime potenzialità. Il tutto con buona pace della Soprintendenza che ha tutto il diritto di fare il suo compito, ovvero di tutelare i beni culturali del territorio. Ma, troppo spesso, il risultato che si ottiene rischia di sfiorare il ridicolo, se non di essere contraddittorio. Si pensi, ad esempio, alla lunga querelle per allargare di qualche centimetro la carreggiata troppo stretta all’altezza di viale Europa. E allo stesso tempo all’autorizzazione a costruire, proprio sull’angolo del viale che porta al cavalcavia, una struttura per uffici che risponderà certamente a tutte le caratteristiche richieste ma che certo non è il miglior biglietto da visita per una città storica come Lucca.
Si pensi ancora all’autorizzazione a costruire un parcheggio multipiano in acciaio, seppur provvisorio, all’interno della manifattura Tabacchi. Intervento che fu glorificato dal Soprintendente dell’epoca, ma che certamente non rappresenta la migliore soluzione per coniugare un bene tutelato e la sua storicità con le esigenze della città. E gli esempi si sprecano: dal sì al sottopasso pedonale e ciclabile di San Concordio, sicuramente utilissimo, ma che interrompe la direttrice della visuale dalla periferia verso le mura, l’ok ai lavori allo Steccone a due passi dal “chiesone” e l’assenso alla demolizione di un esempio di archeologia industriale, sempre a San Concordio, per la realizzazione dei palazzi Iffi.
E poi tutela dei beni culturali, per una realtà che risponde direttamente al ministero, significa anche loro cura e conservazione se non in maniera attiva, che non è nei suoi compiti, almeno cercando di ridurre al minimo le intenzioni ostative. Un atteggiamento che ha fatto infuriare, raccontano le cronache, anche il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, l’unico ente attualmente in grado di mettere mano alla realtà in degrado del territorio (di ieri l’esempio della Casa del Boia “ritrovata”) per i tanti lacci e lacciuoli che arrivano dalla realtà con sede in piazza della Magione e che, se non determinano un aggravio dei costi degli interventi, sicuramente ne allungano i tempi.
E poi, magari, bisognerebbe evitare due cose. Innanzitutto l’atteggiamento di “due pesi e due misure” per situazioni identiche o quantomeno simili. Il cittadino comune, comunque la pensi, con un po’ di onestà intellettuale non può non notare la contraddizione fra l’occupazione dell’ex campo Balilla per un mese intero per gli stand dei Games (e il maxipalco sulle mura, per fare un altro esempio) e il no a un cartellone pubblicitario (non bellissimo, ma non certo invasivo) o a una manifestazione di Timbersports (i giochi dei taglialegna, che avranno a Lucca l’unica data italiana).
Anche perché, e questo è il secondo effetto da evitare, questo dà luogo e spazio alla strumentalizzazione politica da una parte e alla convinzione da parte di molti, dall’altra, che esista sempre una realtà, che non abbia le necessarie caratteristiche di terzietà e di indipendenza della magistratura (certo, anche su questo ci sarebbe da discutere), come luogo di appello di secondo livello cui appigliare per ottenere il risultato di impedire, bloccare, ritardare, modificare una certa opera, un certo progetto, una certa idea.
Ovviamente lungi da noi proporre l’abolizione delle Sopintendenze (per quello, nel caso, ci pensa il governo attualmente in carica) o una diminuzione di tutele per i beni culturali e ambientali. Però è indubitabile che, pur con la presenza di queste, così come di altri organi di valutazione con poteri forti di intervento, non si sono ugualmente evitati obbrobbri urbanistici, scempi o veri e propri danni al patrimonio monumentale e culturale. La soluzione? Dialogo, equilibrio, buon senso e propensione alla soluzione dei problemi e delle questioni.
In una realtà complessa e in evoluzione, a volte, servirebbe uno sforzo in più rispetto a un semplice no.
Enrico Pace