Lucca, Pistoia e Prato: a battesimo unione degli industriali






Nasce un nuovo soggetto imprenditoriale: le associazioni degli industriali di Lucca, Pistoia e Prato insieme per crescere. A Montecatini Terme si è tenuta questa mattina (8 luglio) la prima assemblea pubblica del neonato organismo. L’assemblea è stata aperta dai saluti del sindaco Giuseppe Bellandi ed ha visto la partecipazione di Innocenzo Cipolletta, presidene dell’Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital, e di Pier Francesco Saviotti, amministratore delegato del Banco Popolare. Assente per motivi di forza maggiore il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, a rappresentare la confederazione è stato Vincenzo Boccia, nella sua veste di presidente del comitato tecnico credito e finanza.
I presidenti di Lucca (Cristina Galeotti), Pistoia (Federica Landucci) e Prato (Andrea Cavicchi) hanno impostato la prima assemblea unitaria sulla necessità dell’aggregazione in linea con la politica di razionalizzazione, contenuta nella riforma Pesenti, che impone una drastica riduzione del numero di territoriali del sistema confindustriale. La risposta di Lucca, Pistoia e Prato va nel senso di costituire un’unica associazione nella Toscana del nord, per continuare a offrire migliori servizi e una più autorevole rappresentanza ai soci. Nella conferenza stampa seguita all’assemblea, i presidenti hanno richiamato i motivi alla base di questa scelta “dettata – ha detto per Pistoia Federica Landucci – dalla vocazione produttiva sostanzialmente omogenea di questa area, dalla tipologia spesso analoga delle imprese associate, dalle simili caratteristiche dei suoi territori”. Che non si nasconde l’augurio che questa operazione, che chiama evoluzione associativa, possa generare anche occasioni di business, affermando che se è vero che i mercati si creano, da sempre, quando domanda ed offerta si incrociano, è altrettanto certo che essi si consolidano se si fondano sulla reciproca stima. “Ecco, noi crediamo che l’operazione di fusione possa dare una spinta alla possibilità di scambi di lavoro, fra imprese di questa grande area, mettendo in rete nuovi partner commerciali e qualificati fornitori”.
“Naturalmente il percorso che ci apprestiamo ad iniziare – ha affermato Cristina Galeotti, presidente di Assindustria Lucca – è difficile e complesso, ma quello che dovremo tenere sempre presente è che questo processo non ha alternative. Non possiamo rimanere soli: unicamente con la riduzione e l’accorpamento delle numerose strutture associative esistenti nel sistema confederale sarà possibile realizzare l’ottimizzazione dei costi, l’ammodernamento delle nostre strutture, avere associazioni più efficienti nei servizi, con un maggior peso nel sistema di Confindustria ed in grado di rispondere meglio alle esigenze delle imprese, obbligate ad operare in un contesto profondamente cambiato. Fondamentale, a mio avviso, sarà la conoscenza delle basi associative; perché un’associazione è forte tanto più la propria base associativa è consistente, solida e partecipativa”. La Galeotti lancia anche un messaggio alla politica: “In un momento in cui stanno cambiando gli interlocutori anche politici – dice – spero in futuro di parlare con pochissimi Comuni, visto che scompaiono le Province, poco con lae Regioni e molto con il governo e con l’Europa. Serve, a questo punto, anche una semplificazione degli interlocutori”
Il presidente dell’Unione Industriale Pratese-Confindustria Prato, Andrea Cavicchi, ha incentrato il suo intervento sulle infrastrutture dell’area finalizzate alla mobilità di persone e merci, evidenziandone le necessità di potenziamento e di recupero di efficienza; in particolare si è soffermato su ferrovie, autostrade ed aeroporti, con riferimenti anche all’interporto della Toscana centrale ed alle infrastrutture portuali. Anche da parte sua vi è stata un’evidenziazione forte dei tratti comuni alle tre associazioni e al senso profondo dell’operazione di integrazione che si è avviata con oggi.
“Il percorso di fusione non contraddice lo spirito con cui oltre un secolo fa fu fondata l’Unione Industriale Pratese, anzi lo conferma e lo ribadisce. Le nostre associazioni esistono per dare voce, rappresentare, affiancare e servire le imprese: un obiettivo incompatibile con particolarismi e spirito di campanile. Arrivare ad un’unica associazione – ha aggiunto Cavicchi – ci garantirà una identità solida, una capacità di rappresentanza efficace e la possibilità di fornire all’industria del nostro territorio servizi efficienti. Il percorso di fusione che abbiamo davanti nasce da scelte consapevoli e mature che coinvolgono profondamente la base associativa”. “E comunque – ha spiegato – quella della fusione è una scelta fortemente condivisa e sposata in pieno dalla base, che ci chiama a una grande sfida che siamo disposti ad accettare. Confindustria, insomma, fa da esempio alla politica, con un percorso virtuoso e di razionalizzazione. E con effetti importanti, specie dal punto di vista dell’internazionalizzazione”.
Un’ultima annotazione su un possibile futuro di allargamento dell’area vasta, magari a Massa Carrara, “patria” del lapideo: “Non è facile – dice Cristina Galeotti – A ognuno piace avere presidente e direttivo propri, ma questo non esclude che anche se non ci sarà fusione ci possa essere una forte collaborazione, così come potrebbe avvenire con Pisa e Livorno. Di certo noi rappresentiamo un’area omogenea che può avere, anche dal punto di vista organizzativo, grande efficacia”. Un cenno anche alla questione del Pit regionale e del futuro delle cave di marmo: “Qualcosa è stato fatto – dice – nella modifica portata avanti dalla Regione. Un regolamento sul paesaggio che, comunque, ha una portata forte per l’area apuo-versiliese e che può mettere a rischio le imprese. Intervenire ancora, insomma, è necessario”.
I dati del comparto nelle tre province
L’assemblea ha offerto ai presidenti delle tre associazioni degli industriali l’occasione di evidenziare dati numerici e percentuali della struttura industriale rappresentata nelle tre province, sia in valore assoluto che rispetto al totale della Regione, almeno per gli aspetti di maggior rilevanza. La consistenza associativa delle tre Confindustrie provinciali che oggi si sono presentate alla prima assemblea unitaria come un nuovo soggetto, che rappresenta 1.473 aziende iscritte che assorbono
37.687 assunti, mostra un profilo sostanzialmente uniforme nei tre territori. Le tre province di Lucca, Pistoia e Prato rappresentano il 21,6% dell’export totale della Toscana in valori per un totale di 6,753 miliardi di euro nel 2013, e il 24,5% del valore aggiunto regionale (28,8% nel caso del valore aggiunto manifatturiero, dati Istat 2011 edizione novembre 2013).
Se il settore manifatturiero prevalente a Prato è il tessile (incluso il comparto moda ed accessori), a Lucca a primeggiare sono il metalmeccanico e la carta; mentre a Pistoia il settore tessile-moda è il più importante a livello provinciale, il secondo è rappresentato dalla metalmeccanica, il terzo dal cartario.
Nel complesso, il comparto della meccanica di Lucca, Pistoia e Prato rappresenta, insieme, il 33,3% (per numero di imprese) di quello regionale, ed il 20,7% degli addetti totali; il tessile-moda il 68% del numero di imprese per un 64% di addetti; il cartario, oltre il 90% per entrambi i parametri. Si tratta di dati di assoluto rilievo, che spiegano la vocazione unitaria di questa area della Toscana nord occidentale. Significative nelle tre associazioni sono anche le attività che operano al servizio delle imprese (servizi innovativi e tecnologici).
Esistono ovviamente delle particolarità, legate a ragioni territoriali e/o funzionali alle attività principali: per questo motivo Pistoia esprime una significativa rappresentanza nel turismo (trascinata dal polo termale di Montecatini e Monsummano, ma anche dal comprensorio montano di Abetone ed Appenino Pistoiese), a Lucca, per contiguità con il settore estrattivo, hanno una posizione di riguardo le imprese che producono materiali da costruzione. Prato esprime invece numeri interessanti nella gomma e plastica, e nella chimica.Il comparto dell’edilizia, presente nelle tre province, è ben posizionato rispetto al totale degli iscritti; pur ridimensionato per effetto della grave crisi di settore.
L’intervento integrale della presidente di Assindustria Lucca, Cristina Galeotti
Di seguito il testo integrale dell’intervento in assemblea della presidente lucchese, Cristina Galeotti
Autorità, gentili ospiti, cari colleghi,
vi porgo un cordiale saluto anche da parte mia e un sentito ringraziamento per la vostra presenza a questa nostra assemblea. Un’assemblea convocata per la prima volta unitariamente dalle tre associazioni di Lucca, Pistoia e Prato allo scopo di rendere pubblico e, al tempo stesso, solennizzare l’inizio di un comune percorso aggregativo. Per quanto ci riguarda, la nostra associazione ha già deliberato all’unanimità, con l’assemblea svoltasi il 13 giugno scorso, il protocollo di aggregazione al quale è stato precedentemente fatto riferimento. Negli organi associativi, già da tempo si rifletteva sul tema dell’aggregazione e sull’opportunità di integrarsi con altre territoriali vicine.
In questa direzione avevamo, già nel 2012, avviato con l’Associazione di Massa Carrara, dei contatti che poi non hanno avuto più seguito. Successivamente, si è aperta la possibilità di aggregarsi alle Associazioni Industriali di Prato e Pistoia, territoriali che per struttura, per prestazioni erogate e per tipologia di imprese associate, presentano con la nostra marcate affinità. Abbiamo rapidamente deciso per questo tipo di processo aggregativo, che, come già sottolineato dai miei colleghi, porterà, entro la fine del 2016, alla creazione di un unico soggetto di rappresentanza, articolato su tre presidii territoriali.
Naturalmente il percorso che ci apprestiamo ad iniziare è difficile e complesso, ma quello che dovremo tenere sempre presente è che questo processo non ha alternative. Non possiamo rimanere soli: unicamente con la riduzione e l’accorpamento delle numerose strutture associative esistenti nel sistema confederale sarà possibile realizzare l’ottimizzazione dei costi, l’ammodernamento delle nostre strutture, avere Associazioni più efficienti nei servizi, con un maggior peso nel sistema di Confindustria, ed in grado di rispondere meglio alle esigenze delle imprese, obbligate ad operare in un contesto profondamente cambiato.
Fondamentale, a mio avviso, sarà la conoscenza delle basi associative; perché un’Associazione è forte tanto più la propria base associativa è consistente, solida e partecipativa.
A questo riguardo ritengo necessario che, a partire già dai prossimi mesi, si debbano intensificare, da parte delle sezioni merceologiche, riunioni ed iniziative comuni, allo scopo di dare alle Aziende associate maggiori occasioni per frequentarsi e per conoscersi meglio, nella prospettiva di un’unificazione delle sezioni stesse. A mio avviso, di integrazione vera e propria si potrà parlare solo il giorno in cui arriveremo a individuare un’Azienda non in relazione al territorio di appartenenza (Azienda di Lucca o di Pistoia o di Prato), ma più semplicemente per il settore in cui la stessa opera (Azienda metalmeccanica o cartaria o tessile, ecc.).
Tornando all’Assemblea odierna, voglio sottolineare il particolare significato e interesse che avranno i nostri lavori per le autorevoli e illustri presenze di prestigio: il Dr. Pier Francesco Saviotti, Amministratore Delegato del Banco Popolare; il Prof. Innocenzo Cipolletta, Presidente AIFI – Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital; e il Presidente del Comitato tecnico Credito e Finanza di Confindustria Vincenzo Boccia.
Li ringrazio di cuore per la loro presenza alla nostra Assemblea e per i loro interventi, particolarmente attesi, sul credito e sul mercato dei capitali.
Sul credito e sulla finanza, Confindustria ha da poco definito un’agenda contenente proposte per il prossimo triennio con l’obiettivo di ridare ossigeno e mezzi alle imprese per entrare in un nuovo ciclo espansivo.
Gli investimenti e lo sviluppo delle imprese sono frenati dalla carenza di credito (1), dalle scarse possibilità di ricorso a canali finanziari alternativi a quello bancario (2) e dalle forti tensioni di liquidità generate dai ritardi di pagamento delle PA (3). Consentitemi di soffermarmi su ciascuno di questi tre aspetti.
Il primo è rivitalizzare il mercato creditizio, che resta centrale per le imprese soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni. Questo tema sicuramente sarà oggetto dell’intervento di Pier Francesco Saviotti, A.D. del Gruppo Banco Popolare, banca che ha una presenza storica e capillare in questo territorio, al quale è stata sempre vicina e che il Dott. Saviotti, del resto, conosce molto bene.
La ristrettezza del credito resta ancora un nodo irrisolto. Le banche hanno superato l’emergenza, hanno liquidità, vogliono fare credito soprattutto verso il manifatturiero, come la stessa Banca d’Italia le esorta a fare, ma la liquidità che affluisce alle nostre aziende spesso non è sufficiente a finanziare capitale circolante e investimenti.
Come mai? Dove è finito il mercato? Ci possiamo aspettare qualcosa di meglio? Sono ansiosa di conoscere le risposte che il Dr. Saviotti potrà darci su questo nodo che considero cruciale, di portare, cioè, la liquidità che esiste, dentro l’economia reale.
Inoltre, si parla della necessità di un nuovo modello di relazione banca-impresa, alla cui costruzione si dovrà concorrere da entrambe le parti. Le imprese devono accrescere il grado di trasparenza e rafforzare la propria struttura finanziaria mediante una maggiore patrimonializzazione (che sicuramente la crisi ha aiutato “deleverage”) ed un più ampio ricorso a fonti di finanziamento alternative al canale bancario. Le banche, a loro volta, devono conoscere di più le aziende tenendo conto delle loro reali prospettive di sviluppo. Devono essere capaci di valutarne gli aspetti qualitativi, andando a visitare le fabbriche e i loro reparti, a conoscere i prodotti e i mercati. In altre parole, devono essere “banchieri” che tornano a svolgere la loro missione: assicurare credito all’economia, come si faceva una volta. Ma ciò oggi è ancora possibile? Me lo domando soprattutto in relazione sia ai modelli bancari organizzativi di gruppo (che allontanano i centri decisionali), sia alla normativa sempre più stringente a cui le banche devono sottostare.
Il secondo punto riguarda le fonti alternative al credito bancario. Serve sicuramente nuova finanza per le imprese. Ciò è essenziale oggi che il ricorso al credito è difficile, ma sarà cruciale anche dopo l’uscita dalla crisi, quando il credito bancario avrà strutturalmente un ruolo minore nel finanziamento dell’economia e le imprese dovranno reperire le risorse necessarie per il loro sviluppo attraverso canali di finanziamento alternativi a quello bancario (bond, mini-bond, private equity).
Su questo aspetto ci farà piacere ascoltare dal Prof. Innocenzo Cipolletta, dal suo osservatorio privilegiato di Presidente Aifi, quali reali possibilità hanno le nostre aziende per sostenere con questi strumenti i propri percorsi di crescita.
Il terzo punto, che chiedo cortesemente al Presidente Boccia di voler approfondire nel suo intervento, riguarda la necessità di riformare i rapporti tra imprese fornitrici e la Pubblica Amministrazione, che dovranno essere improntati a trasparenza e correttezza. Il processo di smaltimento dei debiti scaduti è iniziato, ma poi si è bruscamente interrotto alla fine del 2012. Rimane, inoltre, il problema della riforma del patto di stabilità, perché senza la rimozione dei suoi vincoli ogni misura straordinaria per saldare i debiti scaduti avrà sempre caratteristiche emergenziali. E’ veramente assurdo che per mantenere fittiziamente in equilibrio i conti della finanza pubblica si penalizzino le legittime aspettative delle imprese creditrici e, al tempo stesso, si impedisca al Paese la definizione di politiche di investimento in opere pubbliche e in infrastrutture, indispensabili per lo sviluppo e la crescita.
Vi è, inoltre, un problema di competitività delle nostre imprese, che va oltre quello del credito, problema che Vincenzo Boccia, essendo stato Presidente Nazionale della Piccola Industria, ha ben presente e che sono sicura non trascurerà di evidenziare nella sua relazione.
La crisi ha dimostrato che l’industria è l’unica scommessa certa per il nostro futuro e sicuramente oggi si sono comprese l’importanza e la centralità del manifatturiero, dal quale dipende la crescita economica del nostro Paese. Questo grazie anche al Presidente di Confindustria Squinzi, che in modo insistente ha parlato di economia reale, di manifattura come motore del nostro sistema, della necessità di tornare a produrre più benessere, facendo leva sull’industria in tutte le sue declinazioni.
Purtroppo, la centralità dell’impresa manifatturiera è tornata ad essere compresa dopo che l’incidenza del manifatturiero sul Pil è scesa dal 25% al 15%. Ma si può proprio dire che vi sia questa consapevolezza? Dico ciò perché è ancora difficile comprendere cosa si stia realmente facendo per aiutare la competitività delle nostre imprese manifatturiere.
In questo territorio abbiamo alcuni distretti storici, vere e proprie filiere produttive (carta, nautico, marmo, tessile), che possono essere considerati non un insieme di aziende decotte, ma un sistema di imprese di successo, che hanno saputo riposizionarsi sui mercati attraverso un processo di “ristrutturazione silenziosa”, portato avanti a dispetto dell’ambiente ostile e della latitanza delle politiche pubbliche e che rappresenta oggi un punto di riferimento organizzativo e produttivo imprescindibile del nostro sistema manifatturiero e della sua presenza all’estero.
Sono imprese innovative, internazionalizzate, tecnologiche e con approcci di sostenibilità di crescita di lungo periodo. Quindi, imprese che possono aiutare lo sviluppo di un territorio, di un Paese. Imprese su cui il nostro Paese può scommettere in modo sicuro per il proprio futuro.
Ma queste imprese, invece di essere sostenute nella loro dura battaglia della globalizzazione, si trovano a dover contrastare provvedimenti che ne riducono la competitività, come sta avvenendo proprio in questi giorni, per il settore della carta, sotto il profilo dell’energia e per il settore del marmo, alle prese con un nuovo piano paesaggistico regionale.
Parto dall’energia. E’ sicuramente importante abbassare il costo della bolletta energetica per dare un po’ a tutte le imprese manifatturiere, come sostiene il Ministro Guidi, ma non pensiamo che questo debba avvenire incrementando il costo a carico delle imprese energivore, intervenendo sui fattori sui quali si basa la loro competitività, con misure che risultino penalizzanti o addirittura discriminatorie per un settore importante per il Paese, e, in particolare, per il nostro territorio, come il cartario. Possiamo, invece, intervenire, come ha sottolineato Confindustria, sui costi di trasporto e di distribuzione.
Il marmo, in sede di approvazione del piano paesaggistico regionale, ha visto accolte solo in parte alcune delle richieste avanzate dal settore e sostenute con la decisione, che non ha precedenti, di sospensione dell’attività produttiva per due giornate. Restano ancora aperte questioni di fondo e nodi da sciogliere per considerare superate le preoccupazioni originate da una normativa paesaggistica di difficile comprensione, in un’ottica di sviluppo e crescita qualitativa dell’intera filiera lapidea.
Per non parlare del settore navale: dalla nostra costa escono le barche più belle del mondo. C’è stato, è vero, un ridimensionamento di questo settore, inevitabile per la crisi, ma voglio ricordare anche che sono stati gli sciagurati provvedimenti fiscali adottati dal Governo Monti a penalizzare fortemente questo settore e tutto ciò che gravita intorno al mondo della nautica, inclusi le fiere e i porti.
E’ possibile aspettarci qualcosa di meglio? Un barlume di politica industriale, capace di aiutare le imprese a cambiare, innovare, crescere e allargare il proprio mercato? Tanto più oggi che è appena iniziato il semestre a guida italiana dell’Unione Europea.
FOTO – L’assemblea delle Confindustrie
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