Niente lavori Piuss a piazzale Verdi, ecco perché

24 luglio 2014 | 13:53
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Niente lavori Piuss a piazzale Verdi, ecco perché

Un progetto esecutivo difforme dal progetto definitivo ammesso ai finanziamenti Piuss. Questa, in soldoni, la motivazione per cui la giunta di Lucca ha revocato l’aggiudicazione dell’appalto per piazzale Verdi alla cooperativa bolognese CCC. E’ quanto specifica il Comune di Lucca in una lunga e dettagliata delibera, un testo soppesato anche nelle virgole per evitare il ricorso oneroso da parte dell’azienda a cui sono stati ritirati i lavori. Da una parte il Comune ricorda come nel maggio del 2013 aveva specificato che il progetto esecutivo doveva essere conforme al progetto definitivo come modificato dalla giunta e autorizzato dalla Soprintendenza e come, dice sempre l’amministrazione, da copia consegnata su supporto informatico all’appaltatore.

“In data 23 dicembre 2013 – ricorda la delibera – veniva sottoscritto fra il Comune di Lucca e Consorzio Cooperative Costruzioni il contratto di appalto integrato relativo ai lavori di restauro di Piazzale Verdi in relazione all’operazione del progetto Piuss. Tale contratto, in particolare, disponeva che “in conformità a quanto dichiarato dall’appaltatore in sede di offerta resta contrattualmente stabilito che (…) l’Appaltatore ha perfetta e particolareggiata conoscenza del progetto definitivo posto a base di gara; ritiene che gli elaborati sono tutti pienamente conformi ai contenuti e alle caratteristiche stabilite per tale livello di progettazione negli e che pertanto il progetto definitivo posto a base di gara è perfettamente sviluppabile in un progetto esecutivo. L’Appaltatore assume di conseguenza la piena e completa responsabilità in ordine alla esaustività e completezza degli studi, sondaggi ed indagini svolti in sede di progettazione definitiva, nonché in ordine alla correttezza e veridicità delle relative risultanze”. Si arriva così alla realizzazione del progetto esecutivo che, però, nella seduta del 5 maggio la giunta rigetta, ritenendo presenti anche la presenza di motivi per il recesso dal contratto d’appalto. “Dopo le motivazioni presentate dal Rup (Antonella Giannini, ndr) l’impresa ha trasmesso le proprie controdeduzioni rilevando che la giunta comunale avrebbe omesso di valutare quanto precisato nel verbale della Commissione di Validazione; erroneamente asserito che il progetto esecutivo presentato dall’impresa è difforme dal progetto definitivo posto a base di gara; erroneamente dato rilievo all’avvenuto disconoscimento del progetto esecutivo da parte dell’architetto Kollhoff, disconoscimento che secondo l’impresa è incomprensibile; erroneamente qualificato come sostanziali” le modifiche apportate dal progetto esecutivo al progetto definitivo posto a base di gara; erroneamente asserito che il progetto esecutivo non risponde agli obiettivi che erano propri del progetto definitivo posto a base di gara; illogicamente dato atto della mancata approvazione della “nuova soluzione progettuale” da parte dell’amministrazione comunale;  erroneamente asserito che nella specie non sussistono i presupposti per l’approvazione del progetto esecutivo; erroneamente sostenuto che le modifiche apportate dal progetto esecutivo al progetto definitivo posto a base di gara comportano una alterazione della par condicio fra i partecipanti alla gara medesima per l’aggiudicazione dell’appalto integrato. Per tutte le ragioni sopra esposte l’impresa, con le proprie controdeduzioni e con la memoria redatta per conto dei progettisti ha sostenuto che il progetto esecutivo presentato sarebbe validabile e che non sussisterebbero motivi ostativi alla sua approvazione”. Non solo, aggiunge l’azienda, nel caso in cui il Tar accogliesse il ricorso del Comune contro la Soprintendenze “il contratto – scrive il Ccc – potrebbe comunque essere eseguito sulla base del progetto definitivo posto a base di gara senza prescrizioni” e per questo “non vi sono motivi per recedere dal contratto fino alla decisione del ricorso”
Per il Comune invece “il progetto esecutivo presentato dall’impresa  è invece profondamente e sostanzialmente difforme dal progetto definitivo posto a base di gara e ne ha stravolto l’impostazione e le categorie dei lavori e prevede l’introduzione unilaterale di numerosi nuovi prezzi movimentati per 157 volte, per complessivi euro 1.922.279,46; le sostanziali difformità fra progetto esecutivo e progetto definitivo non possono trovare una legittimazione nella necessità di adeguare detto progetto definitivo alla nuova soluzione progettuale” considerando anche il fatto che “il contenuto della nuova soluzione progettuale era ben noto all’impresa” fin dal giugno 2013.
Il progetto definitivo cui si riferisce il Comune, però, è quello dell’anfiteatro a Piazzale Verdi. “In definitiva – spiega infatti il Comune – il progetto esecutivo presentato dall’impresa non prevede la realizzazione di un ampio spazio ellittico – completamente libero – idoneo allo svolgimento di concerti o grandi manifestazioni, con una capienza superiore rispetto alle attuali sistemazioni logistiche presenti all’interno delle Mura Urbane e non risponde quindi agli obiettivi che erano propri del progetto definitivo approvato dall’amministrazione nel 2010 e posto a base di gara, in quanto in esso viene meno la realizzazione del previsto spazio libero da alberature ed idoneo allo svolgimento di concerti o manifestazioni di vario tipo e viene meno lo spostamento del parco della Rimembranza sul baluardo di San Donato, concepite originariamente ed originalmente dall’architetto Kollhoff”. Infatti, recita ancora la delibera “la nuova soluzione progettuale oggetto di autorizzazione da parte della Soprintendenza e della Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Toscana, non è stata approvata dall’amministrazione comunale”. Per questo “l’approvazione del progetto esecutivo presentato dall’impresa comporterebbe la realizzazione di un’opera profondamente difforme, da un punto di vista sostanziale e funzionale, da quella posta a base di gara, con potenziale pregiudizio dei terzi eventualmente interessati alla realizzazione della medesima e violazione del principio di par condicio perché le modifiche al progetto posto a base di gara sono da ritenersi sostanziali laddove, “se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi o avrebbero consentito di accettare un’offerta diversa rispetto a quella originariamente ammessa come dice la Corte di Giustizia nella sentenza 91 del 13 aprile 2010”. “In ogni caso – conclude il Comune –  allo stato, non vi sono i presupposti per poter predisporre un progetto esecutivo conforme al progetto definitivo posto a base di gara, trattandosi di progetto definitivo privo delle necessarie autorizzazioni della Soprintendenza”. Di qui il recesso da parte del Comune per il venir meno delle condizioni minime per l’approvazione del progetto esecutivo e la sua validazione. Una decisione, questa, che come è facile intuire non mancherà di sollevare polemiche sia dalla ditta appaltatrice sia per gli altri progetti inseriti nel Piuss, qualora si dovessero presentare le stesse condizioni.