Assi viari, politica trovi sintesi fra interessi diversi

12 ottobre 2014 | 08:44
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Assi viari, politica trovi sintesi fra interessi diversi

La politica e l’amministrazione sono fatte, a volte, di compromessi. Anzi sono l’elogio del compromesso, ovvero la ricerca di un equilibrio fra interessi confliggenti e ugualmente legittimi. E non sempre occorre interpretare le cose nell’ottica dello scontro muro contro muro. E’ il caso, lampante e recente, della questione del sistema tangenziale di Lucca e del progetto Anas sui cosiddetti assi viari. A confrontarsi ci sono da una parte gli interessi di alcuni enti ed amministrazioni a fluidificare il traffico dell’intera provincia con l’obiettivo primario di accelerare il collegamento con l’autostrada di chi proviene dalla Valle del Serchio (si pensi principalmente a quello pesante delle aziende della zona) ed eliminare i camion dalla circonvallazione di Lucca (un unicum quasi a livello nazionale che i tir passino a 200 metri da un centro storico monumentale). Ovviamente, però, nessuno, soprattutto i residenti della Piana, vogliono che ciò accada a discapito del loro territorio e non tanto per un certo qual conservatorismo cittadino, quanto per evidenti implicazioni di carattere ambientale e di mobilità minore, quella fra i paesi.

In questo bilanciamento fra le legittime competenze si è inserita l’inchiesta pubblica che, con una serie di assemblee sul territorio, ha chiarito quelle che sono le criticità del progetto indicato da Anas. Senza porre veti, visto che si tratta di una relazione compilata da professionisti (fra questi la ex segretaria generale del ministero dell’ambiente sotto il governo Prodi, Maria Rosa Vittadini, il sui approccio è piaciuto molto a tutti i partecipanti), ma considerando cosa va e cosa non va nella struttura proposta degli assi viari. Arrivando a una conclusione, fra le altre, che sembra davvero la più rilevante di tutte. Ovvero che non ci si può limitare a considerare la lingua di strada che collegherebbe la rotonda di via delle Villa con quella di Antraccoli come una realizzazione avulsa da un intero contesto. Urbano e agricolo, industriale e turistico. Che deve interpretare e spiegare come l’intera piana di Lucca, ormai da considerare come un continuum territoriale (e in questo senso vanno i tentativi di dialogo stretto fra Lucca e Capannori ora inficiati dalla posizione diversa proprio sulla grande viabilità), per come considera il suo sviluppo futuro: dove si estenderà l’insediamento territoriale e produttivo, come e quando. Di conseguenza sarà necessario considerare come potrebbero cambiare i flussi di traffico (da diporto e pesante) e quali necessità potrebbero presentarsi in futuro che ancora non ci sono.
In tutto questo non potrà che avere un ruolo importante anche una proiezione del trasporto pubblico locale, del trasporto su gomma e su rotaia, dei tronchetti ferroviari e degli scali merci. Se, come è auspicabile, questa mobilità alternativa entrasse a regime, infatti, potrebbe cambiare sensibilmente l’elenco delle priorità dell’intera mobilità provinciale. Per intendersi: se il collegamento con Firenze dei treni fosse competitivo, per tempi, prezzi e modi, con lo spostamento in auto e così fosse anche per la linea Lucca-Aulla, il tutto in tempo ragionevoli, lo spostamento di mezzi privati potrebbe diminuire, lasciando alla viabilità ordinaria solamente il traffico da e per le aziende delle merci. E un adeguamento della viabilità esistente, magari con qualche intervento di minor cabotaggio, potrebbe bastare. Considerando anche che non è di risparmio di tempo che si parla, visto che i nuovi assi viari potrebbero, sì e no, garantire un “risparmio” di tre-cinque minuti nel collegamento dal Brennero al casello del Frizzone rispetto alla viabilità ordinaria.
Una serie di questioni che, a questo punto e dopo l’inchiesta pubblica, hanno piena dignità di essere considerate e “messe sul tavolo”. Sarebbe, per una volta, il caso non di affrontare l’emergenza e l’urgenza di intercettare gli investimenti pubblici (che potrebbero essere vitali soprattutto per l’indotto verso le aziende del territorio) ma di guardare un po’ più in là.
Quello a cui dovrebbe appunto essere chiamato un ente pubblico quando deve affrontare tematiche che, inevitabilmente, si confrontano con legittimi interessi (e non diritti) confliggenti. Ne va, anche in questo caso, della credibilità e dell’autorevolezza delle amministrazioni, chiamate a far emergere l’interesse comune o, comunque, l’interesse prevalente. Che a volte non è quello di chi ha più mezzi per far sentire la propria voce.

Enrico Pace