Rossi propone le Asl di area vasta. Ed è già polemica
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Una riorganizzazione delle Asl Toscane in tre aree vaste e il costo delle prestazioni sanitarie calibrato sulle possibilità economiche dei cittadini con la gratuità per le fasce economicamente più deboli e una contribuzione progressiva per i ceti più agiati. E’ la proposta di razionalizzazione delle spese e dei servizi sanitari lanciata dal presidente della regione Enrico Rossi per il futuro. Un’idea che passa per la riorganizzazione in aree vaste delle 16 asl toscane con accorpamento in tre macro aziende sanitarie. Per Lucca significherebbe andare a fare parte di un’azienda sanitaria unica con Livorno, Pisa, Massa Carrara e Viareggio. Nel resto della Toscana le altre due aziende sanitarie di area vasta sarebbero quelle della zona metropolitana fiorentina con Firenze, Prato, Empoli e Pistoia mentre nel sud della regione l’idea di Rossi porterebbe all’accorpamento delle Asl di Siena, Arezzo e Grosseto. Qualche cosa che è più di un’idea e che secondo Rossi è una decisione necessaria a salvare il sistema sanitario toscano dopo le decisioni di Renzi in fatto di sanità, tanto che spiega: “Dopo i tagli decisi dal governo, per salvare la sanità pubblica per tutti, ho proposto una rivoluzione della sanità toscana che prevede di intensificare la lotta agli sprechi, di riorganizzare il servizio in tre aziende sanitarie-ospedaliere-universitarie al posto delle attuali 16, di richiedere un contributo significativo ai ceti medio alti sulle prestazioni sanitarie, di rimettere al centro l’appropriatezza e l’eticità delle cure”. Non solo Rossi continua e dice: “Mi sono ispirato a Berlinguer e al suo intervento del 1981”. In quell’occasione l’allora leader del partito comunista, proprio negli anni in cui stava nascendo la sanità pubblica come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, disse: “Allo stato attuale è insensato che l’assistenza sanitaria sia resa gratuita per tutti gli italiani. Sia resa gratuita e con servizi efficienti per le fasce di reddito inferiori e medio-inferiori. Gli altri contribuiscano in ragione del loro reddito. Ma devono anche essere combattute e liquidate le baronie e le clientele dei ‘pirati della salute’, che portano a sprechi enormi e alimentano insopportabili discriminazioni”.
In realtà la riorganizzazione delle Asl che ha subito scatenato varie reazioni sarebbe qualche cosa in più rispetto a un proposta e i tecnici della regione vi starebbe lavorando già da tempo. Il processo di accorpamento delle Asl prevederebbe tra l’atro la realizzazione di strutture intermedie dal punto vista gestionale e una riorganizzazione degli ospedali, ciascuno per specificità all’intero delle aree vaste. Nell’area vasta della Toscana costiera l’ospedale di Cisanello rimarrebbe come ospedale di terzo livello e inoltre sarebbe prevista anche una convenzione tra la asl e le cliniche di universitarie. Insomma un sistema per eliminare doppioni e sprechi e garantire allo stesso tempo l’assistenza sanitaria e le cure ai cittadini razionalizzando. Un processo che oltre a ottimizzare i servizi punterebbe a una riduzione dei costi in una logica di spending review della sanità regionale che passerà sicuramente attraverso una modifica della legge regionale 40 del 2005, quella che riorganizzò il sistema sanitario.
La dichiarazione di Rossi all’interno dello scenario politico però ha suscitato varie reazioni. Da una parte nel Pd c’è chi l’ha letta come intervento forse più funzionale alle elezioni regionali del prossimo marzo, con un’implicita risposta a Renzi, ma c’è anche chi invece lo ha interpretato come l’ultimo passaggio della riorganizzazione della sanità toscana per aree vaste, che Rossi ha avviato fin da quando era assessore alla sanità durante il mandato Martini.
Di sicuro la proposta del presidente Rossi ha fatto infuriare Forza Italia, tanto che il vicepresidente della commissione sanità della regione, Stefano Mugnai ha subito replicato dicendo: “La nostra proposta sull’accorpamento delle aziende sanitarie giace in commissione sotto forma di mozione dal 9 giugno 2012. Niente di meno. Ha visto la giunta regionale perdere tutta la legislatura a cincischiare su un piano sociosanitario ormai costretto, di bozza in bozza, a rincorrere la realtà anziché orientarla”. Poi Mugnai continua e dice: “Questa è una battaglia storica della prima del Pdl e poi di Forza Italia. In questi quattro anni di legislatura – rivendica Mugnai – mentre noi proponevamo di tagliare gli apparati della sanità a cominciare dalle Asl, la giunta regionale ha perseguito la non-strategia del taglio ai servizi e dell’aumento dei ticket, penalizzando pazienti e operatori e tacciandoci di avanzare proposte strumentali e demagogiche. Oggi si rivela quanto questo atteggiamento fosse colpevole: si poteva sfoltire; si poteva risparmiare; si poteva garantire ai cittadini un miglior servizio di assistenza e cura. Sarà la vigilia della campagna elettorale, ma è interessante registrare come Rossi abbia iniziato a contraddire quanto di più caro avesse dimostrato di avere in tutti questi anni, dall’articolo 18 fino, addirittura, agli apparati sanitari fatti di 18 aziende sanitarie ovvero 12 Asl, 3 Aziende ospedaliere, Meyer, Ispo, Fondazione Monasterio”. Insomma secondo Forza Italia questo significherebbe riscrivere la legge regionale 40 quella della Sanità e riorganizzare l’intera sanità. “Ogni altra ipotesi significherebbe che le dichiarazioni di Rossi sono rese solo per scopi elettorali. Il rammarico è che se lo stesso Rossi avesse avuto il coraggio e la forza di darci ragione anni fa, avremmo avuto tutto il tempo di realizzare una riforma che avrebbe fatto ripartire la sanità toscana evitando le ipotesi scellerate di superticket ospedalieri che si sentono evocare in questi giorni. Adesso, per colpa della miopia politica di Rossi e della sua strenua ed inutile difesa di apparati che a lui rispondono, il tempo stringe. Per essere credibile, il voltafaccia sulla governance della sanità toscana deve realizzarsi concretamente prima delle elezioni. E sì che per comprendere che avevamo ragione non ci voleva un genio – conclude Mugnai – bastava guardare cosa stavano facendo le altre Regioni, che procedevano proprio in questo senso ottenendo risultati confermati al momento in cui il ministero si è trovato a dover indicare la rosa delle cinque Regioni benchmark escludendo la Toscana”.