Precaria “beffata”, odissea per avere una supplenza

Una odissea per ottenere una supplenza in una scuola secondaria di primo grado, che è stata quella di tanti altri precari. E’ quella di una docente lucchese che dopo essere stata convocata per un posto in una scuola media della città, alla fine ha deciso di rinunciare ad uno “spezzone” di una cattedra condiviso con un’altra insegnante residente fuori provincia. La vera speranza era quella di un incarico fino alla fine dell’anno scolastico, ma poi le condizioni sono cambiate nel giro di due giorni. Dopo essersi presentata alle convocazioni per l’assegnazione della supplenza ed essere stata poi contattata per la possibilità che rinunciasse la candidata che le era davanti in graduatoria, Sara Cagnacci ha deciso di rinunciare: alla insegnante è stato confermato che la persona davanti a lei in graduatoria aveva accettato l’incarico soltanto per 9 ore: “Se avessi accettato – racconta -, le altre 9 sarebbero spettate a me. Chiedo di sapere la durata del contratto e mi viene detto che la signora ha inviato la richiesta di astensione facoltativa di maternità fino al 23 dicembre. Alla mia domanda esplicita se il 7 gennaio avesse preso servizio, l’impiegata (della scuola, ndr) risponde che la signora è madre di una figlia piccola ed abita molto lontano, quindi le sarebbe stato impossibile durante tutto l’anno scolastico prendere servizio nella scuola e si sarebbe avvalsa di certificati medici o altri permessi”.
“A quel punto dichiaro la mia indisponibilità a ricevere l’incarico di supplenza per due motivi: perché ho già un contratto che va oltre la data del 23 dicembre, quella della fine ufficiale di astensione facoltativa di maternità dell’insegnante in questione, e perché non voglio essere in qualche modo complice sia di una persona poco seria, che chiede l’inserimento in graduatoria in istituti di una provincia molto lontano dalla sua residenza sapendo poi di non prendere mai servizio in caso di accettazione di incarico, sia di una segreteria che, anziché prendere le distanze da certi comportamenti malsani e dannosi per la scuola e per l’intera società, li giustifica apertamente e platealmente. Personalmente sono rimasta molto disgustata da come è stata condotta l’intera vicenda, avrei desiderato molto e con orgoglio di entrare da insegnante presso quella scuola della quale, come le ho anticipato, conservo un ottimo ricordo da studentessa, ma evidentemente quella scuola non esiste più. Mi auguro che la Dirigente Scolastica possa prendere le misure necessarie per far sì che certi episodi incresciosi non si verifichino più e che altre persone non vengano più prese in giro da convocazioni errate ed imprecise. Spetta ad altri, invece, il compito di modificare una normativa assurda che permette a chiunque di presentare domanda per entrare nelle graduatorie dell’insegnamento in una città così lontana, di accettare poi gli incarichi proposti, e infine di potersi concedere di non prendere mai servizio, ricorrendo ad escamotages, leciti o meno, riscuotendo però lo stipendio a fine mese, garantendosi il versamento dei contributi da parte della scuolaed il punteggio assegnato per il servizio prestato per l’intero anno scolastico”.
Tutto è cominciato il 23 ottobre scorso. “Alle 11,05 – racconta l’insegnante – ho ricevuto un messaggio di posta certificata in cui ero invitata a presentarmi entro le 11,30 di un giorno non meglio precisato alla scuola per accettare un incarico di supplenza nella classe 043 fino a fine anno scolastico, messaggio in cui si indicava che ’una sua mancata presenza sarà interpretata, in base alla normativa vigente, come rinuncia’. Mi metto, quindi, subito in contatto telefonico con la segreteria e mi comunicano che la convocazione è per il giorno 24 ottobre e, alla mia richiesta di considerare positivamente fin da subito la mia disponibilità, mi viene espressa la necessità di presentarmi fisicamente l’indomani per manifestare la mia intenzione di accettare l’eventuale incarico. Poco prima delle 11,30 del giorno venerdì 24 ottobre mi presento alla segreteria, dove l’impiegata si appunta il mio nome, e dopo alcuni minuti sono invitata da una sua collega, in modo alquanto sgarbato, ad attendere in piedi nel corridoio. Dopo alcuni minuti l’addetta apre la porta e le chiedo informazioni riguardo l’assegnazione dell’incarico. Mi comunica che non sono stata l’unica a dare la disponibilità, pur non essendosi presentate fisicamente altre persone, dato che altre avevano inviato delle ’valide’ giustificazioni per non recarsi all’istituto. Le faccio presente che nella convocazione inviata era espressa chiaramente la necessità di essere sul posto entro le 11,30, pena la tacita rinuncia di assegnazione dell’incarico, e questo mi è stato ribadito anche nel breve colloquio telefonico del giorno precedente. Le chiedo pertanto come avrei dovuto comportarmi: se attendere ancora nel corridoio oppure andarmene. Mi risponde di sentirmi libera di lasciare la scuola in quanto, disponendo dei miei contatti, mi avrebbero telefonato entro la fine della mattinata per confermare o meno il conferimento dell’incarico. Ricevo infatti la telefonata dell’impiegata che mi comunica che l’ incarico è stato assegnato ad un’altra persona, con una posizione superiore alla mia in graduatoria, e che questa persona avrebbe dovuto presentarsi entro le 11,30 del giorno ancora successivo, quindi di sabato 25 ottobre, per prendere servizio (contravvenendo ancora una volta a ciò che era stato scritto nella convocazione, dove si comunicava la “presa di servizio il 25 ottobre alle 8 con inizio lezioni alle 8,30”). Se non si fosse presentata, mi avrebbero ricontattato nuovamente in virtù dello scorrimento di graduatoria. Sabato 25 intorno alle 9 ricevo la telefonata dell’addetta di segreteria che mi anticipa alcune novità, in attesa di confermarle a fine mattinata: la persona che ha accettato l’incarico non si sarebbe presentata a scuola, avvalendosi di un indeterminato periodo di astensione facoltativa di maternità. A sostituirla sarebbe stata un’altra insegnante, che però, avendo già accettato in un altro istituto un incarico di cattedra parziale, avrebbe accettato solo la metà delle ore disponibili. Mi rendo disponibile a presentarmi in segreteria durante la mattinata per parlarci e chiarirci di persona ed, eventualmente, valutare l’orario che avrebbe potuto riguardarmi, ma la signora mi ribadisce più volte che mi avrebbe richiamato a fine mattinata, non appena avesse avuto il quadro della situazione completo”. Poi la beffa finale.